IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

venerdì 25 novembre 2011

La casa in cui La Russa non abita ci costa più di 3000 euro al mese

Ogni mese il Ministero spende almeno 3mila euro per il riscaldamento, la pulizia e il personale dell'alloggio concesso all'ex Ministro della Difesa. Ma il buon Ignazio lì non si vede quasi mai.


La casa in cui La Russa non abita ci costa più di 3000 euro al mese.

Duecento metri quadrati su due livelli, cinque camere in tutto, cucina e servizi. E ovviamente un salone per le serate di gala. E la zona? Piazza San Clemente a Roma, ai piedi del Celio, a pochi passi dal Parco di Colle Oppio e a qualche centinaio di metri dal Colosseo. E’ questo l’identikit della casa che era stata assegnata all’ormai ex Ministro della difesa Ignazio La Russa, ovviamente a un canone irrisorio di 171 euro mensili. Tutto in regola, per carità. Quell’alloggio, in quanto titolare del dicastero, gli spettava di diritto.

Quello che però lascia un po’ perplessi, come sottolinea l’Espresso, è che La Russa in quella casa non c’è quasi mai stato, anche perché preferisce il quartiere Prati. La sua scorta in Piazza San Clemente s’è vista davvero pochissime volte. Chi in quell’appartamento ci ha trascorso qualche notte è invece suo figlio Geronimo, 31enne già membro del Consiglio d’amministrazione del Gruppo Ligresti e dell’Automobile club di Milano.

Insomma in quella casa inquilini se ne vedono molto di rado. Non ci sarebbe nessun problema se solo il Ministero non spendesse vagonate di quattrini per la pulizia, il riscaldamento e il personale adibito all’alloggio. In soldoni stiamo parlando di cifre che ogni mese sfondano il tetto dei 3mila euro. A giugno 2010 il Ministero ha sborsato 4.156 euro, a luglio 3.806, ad agosto 3.412, a novembre dello stesso anno addirittura 5.687 euro. Soldi pubblici che vengono spesi per curare nei minimi dettagli un alloggio nel quale, di fatto, non abita nessuno. Ovviamente la “manutenzione” della casa è affidata a ditte private che si fanno pagare e come, troppo rispetto al tempo in cui erano i soldati di leva a sbrigare quelle faccende e a prendersi cura del Ministro di turno. E a pagare, come al solito, è sempre il povero contribuente.

Fonte: http://www.fanpage.it



domenica 20 novembre 2011

Baby pensioni e super-mantenuti: anche la moglie di Tremonti e di Bossi? Antonio di Pietro a 45 anni con 2mila euro? Altri politici e vip?

Mi hanno girato un articolo di Libero.news.it intitolato:
"Signore Tremonti e Bossi nel club dei baby pensionati
Riforma previdenziale tabù causa conflitti d'interessi. Quanti esempi in casa dei due ministri. E pure Celentano e De Benedetti..."
<>

Ecco la signora Tremonti. Per chi non ha voglia di leggere tutto l'articolo, anche la sorella Angiola Tremonti è nel club dei baby pensionati. Certo 13 anni fa percepivano circa 1000 euro, ma l'importo sarà stato rivalutato.

Baby pensioni e super-mantenuti: anche la moglie di Tremonti e di Bossi? Antonio di Pietro a 45 anni con 2mila euro? Altri politici e vip?

Qui i coniugi Bossi, Umberto Bossi e Manuela Marrone

Baby pensioni e super-mantenuti: anche la moglie di Tremonti e di Bossi? Antonio di Pietro a 45 anni con 2mila euro? Altri politici e vip?

Antonio Di Pietro è andato in pensione a 45 anni con circa 2mila euro di importo

Baby pensioni e super-mantenuti: anche la moglie di Tremonti e di Bossi? Antonio di Pietro a 45 anni con 2mila euro? Altri politici e vip?

Adriano Celentano a 50 anni appena compiuti con un millino di euro

Baby pensioni e super-mantenuti: anche la moglie di Tremonti e di Bossi? Antonio di Pietro a 45 anni con 2mila euro? Altri politici e vip?

Quanti vip, politici e appartenenti a classi agiate sono dentro le baby pansioni? Avete altri nomi?

Fonte: http://genio.virgilio.it

lunedì 7 novembre 2011

Ricevo e pubblico

scandaloso... diffondilo!


....e i politici dovrebbero solo vergognarsi !!!!!

Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti
l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per
cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui
prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza
privata finanziata da Montecitorio. A rendere pubblici questi dati sono
stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza
denominata Parlamento WikiLeaks.
Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non
solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per
volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i
conviventi more uxorio.
Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10
milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese
odontoiatriche.
Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in
ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche
private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per
fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila
euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai
problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e
138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche
fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno
chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila
euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati,
tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini -
quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune
prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio
balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura
(ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per
chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li
hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non
accessibili?
Cosa c'è da nascondere?
Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il
sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla
Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto
del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda
non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da
parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire
le informazioni secondo le modalità richieste".
Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo -
spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare
una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela
per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini
italiani.
Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un
privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di
25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce
perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola
gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe
semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività
dieci milioni di euro all'anno".Mentre a noi tagliano sull'assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private - è il commento del presidente dell'ADICO, Carlo Garofolini - e sempre nel massimo silenzio di tutti.



...E NON FINISCE QUI...
Sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese. Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.

STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE

STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese


INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
TUTTI ESENTASSE
+

TELEFONO CELLULARE gratis

TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis

FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis

CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00).
Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubbico impiego)
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)


La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.

La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!

Far circolare.

Si sta promuovendo un referendum per l' abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari............ queste informazioni possono essere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i massmedia rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani...

domenica 6 novembre 2011

UN PAESE SENZA TERRA SOTTO I PIEDI

Italia DI EDUARDO ZARELLI
ilribelle.com

Una esondazione di cemento. La cementificazione selvaggia ha colpito duramente il paesaggio, riducendolo ad un disordinato affastellarsi di capannoni industriali dismessi e ad un triste sequenza di nuovi ipermercati che stanno sradicando ogni idea di urbanità. È la fotografia scattata dal rapporto “Ecosistema rischio 2010”, realizzato da Legambiente e dal dipartimento della Protezione civile, che è stato recentemente diffuso: «l’Italia si scopre sempre più fragile», spiega il dossier, soprattutto a causa del «troppo cemento lungo i corsi d’acqua così come a ridosso di versanti franosi». Tanto che nell’82 per cento dei Comuni ci sono abitazioni costruite in aree a rischio frane o alluvioni, nel 54 per cento fabbricati industriali e nel 19 per cento strutture pubbliche sensibili come scuole e ospedali. Numeri che portano a ritenere che in Italia oltre 3 milioni e 500mila persone siano quotidianamente esposte al pericolo di frane o alluvioni, esondazioni, frane.

Dal Veneto alla Calabria, bastano semplici temporali a provocare non solo allagamenti ma vere e proprie calamità, che mettono sotto assedio le città, piccoli comuni, servizi e attività primari. In attesa delle prossime intemperie l'Italia è completamente impreparata ad affrontare il maltempo stagionale, così come quello indotto dalla tropicalizzazione del Mediterraneo. Interi territori in stato di calamità, interi comuni distrutti.

Soltanto in Calabria, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e dell’Unione Province Italiane, sono esposte a rischio frana e alluvione almeno 185 mila persone. In Calabria il 100% dei comuni è a rischio frane e alluvioni. L’83% dei comuni ha abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e in aree a rischio frana, il 42% delle amministrazioni presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 55% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali, mettendo a rischio l’incolumità delle persone anche per gli eventuali sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Inoltre, nel 26% dei casi, le strutture sensibili come scuole e ospedali sono presenti in zone a rischio. Ci spostiamo in Veneto e la situazione non cambia. Qui ci sono 161 i comuni con aree a rischio idrogeologico, pari al 28% del totale regionale, di cui 41 a rischio frana, 108 a rischio alluvione e 12 a rischio sia di frane che di alluvioni. Il primato negativo del rischio idrogeologico in questo territorio va alla provincia di Venezia che ha il 50% dei comuni ad elevato rischio. Anche quattro dei sette capoluoghi di provincia veneti sono considerati a rischio idrogeologico, restano fuori solo Venezia, Rovigo e Treviso.

Anno dopo anno le aree diventano sempre più fragili a causa degli effetti dei mutamenti climatici, con precipitazioni sempre più intense e concentrate in brevi periodi, ma soprattutto per una gestione dissennata del territorio. Il concetto stesso di "calamità naturali" in tal senso è fuorviante: la natura non è né buona né cattiva, fa il suo mestiere che è quello di far circolare aria e acqua sugli oceani e sui continenti, così come il "mestiere" dell'acqua piovana consiste nello scendere dalle montagne e dalle colline al mare lungo le strade di minore resistenza, i torrenti, i fiumi i fossi, con maggiore o minore velocità a seconda di quello che incontra sul terreno, cose ben note e prevedibili. I guasti vengono dal fatto che la civilizzazione urbanizza il territorio come se queste leggi non esistessero, costruendo strade e case, ponti e fabbriche dove torna utile, secondo piani che dovrebbero essere "regolatori", cioè adatti a regolare le scelte sulla base delle leggi della natura, ma che invece non tengono conto di tali leggi, anzi generalmente operano contro di loro. L'unico sistema per evitare allagamenti e frane consiste nel predisporre sistemi per rallentare il moto delle acque con la vegetazione e i boschi e nel lasciare libero lo spazio di scorrimento delle acque nel loro cammino verso il mare. Purtroppo le valli sono spesso le zone più desiderabili per le costruzioni: i fondovalle sono stati occupati da strade e città a spese della vegetazione; sono state interrotte le strade naturali predisposte dalle acque per la loro discesa.

L'economista Giovanna Ricoveri, nel suo recente libro I beni comuni (Jacabook, 2010) ricostruisce il processo con cui si è formata la proprietà del suolo; in tempi medievali la terra era "del principe", cioè della sovranità politica, che stabiliva dove dovevano o non dovevano essere costruite le città e i villaggi, come dovevano essere protetti o rinnovati i boschi, con leggi che sono arrivate spesso integre fino allo stato unitario, addirittura fino alla metà del Novecento. Queste leggi stabilivano che non si doveva costruire sulle rive dei fiumi e dei laghi perché si doveva lasciare spazio alle acque di muoversi nei periodi di piena che si manifestano in maniera abbastanza regolare e prevedibile. Rive, boschi, fiumi possono essere usati come beni comuni dal "popolo" ma sotto il controllo dello Stato che ne è l'unico padrone nel nome del popolo stesso.

Le opere di salvaguardia del territorio, di pulizia e controllo dei fiumi, sono venute meno; sono le stesse amministrazioni pubbliche che mettono all'incanto i beni collettivi cioè la base per la salvaguardia degli abitanti da alluvioni e frane, rilasciando senza ritegno concessioni edilizie secondo gli interessi dei proprietari privati dei suoli.

Il "riassetto del territorio", in controtendenza, significherebbe in primo luogo, difesa del suolo contro l'erosione, almeno dove è ancora possibile farlo, regolazione e sistemazione e pulizia dei corsi di acqua, dai torrenti di montagna ai fianchi delle colline, ai grandi e piccoli fiumi, ai fossi di pianura, con l'unico imperativo di assicurare che l'acqua scorra senza violenza e senza ostacoli verso il mare, suo unico destino finale. Una politica del territorio e di "prevenzione civile", che si ponga la questione delle cause e non insegua interessatamente gli "effetti", all'opposto quindi di quella "distruzione creativa" che appalta opere per riparare guasti già avvenuti, ma che si sarebbero potuti prevenire, creando posti di lavoro secondo una progettualità "ecologica" e sostenibile. Soprattutto stimolerebbe comportamenti virtuosi perché la moralità verso la natura è premessa per l'etica privata e pubblica. L'opposizione è quella fra la logica riduzionistica del contrattualismo tra proprietà privata e Stato e quella fenomenologica, relazionale, partecipativa propria del comunitario. Soltanto quest'ultima supera il dualismo soggetto-oggetto e la conseguente alienazione dell'umano (soggetto astratto) al di fuori della natura. Il bene comune è una relazione qualitativa, noi non "abbiamo" un bene comune ma in gran misura "siamo" il bene comune, abitiamo un territorio di cui esprimiamo la sua identità essendone responsabili in termini di consapevolezza sociale (cultura, memoria, sapere, estetica). Il comunitario non è solo un oggetto (un corso d'acqua, una foresta, un ghiacciaio) ma è una categoria dell'essere. Espressione ecologico-qualitativa e non economico-quantitativa, per questo non è riducibile a un diritto (categoria dell'avere) ma è ad un tempo esperienza di soddisfazione soggettiva (libertà) e di partecipazione oggettiva (consapevolezza) all'essere. Senza tornare ad essere abitanti della Terra non daremo soluzioni alle contraddizioni dello stare in questo Mondo.

Eduardo Zarelli
www.ilribelle.com/
13.10.2011