IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

domenica 30 settembre 2012

SQUINZI, TROPPE TASSE PER LE IMPRESE SERVE UN GOVERNO DI POLITICI, NO SQUINZI, SERVE UNA CLASSE POLITICA ONESTA!



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L'intervista/Squinzi: «Stiamo morendo
di tasse, serve un governo politico»

Il presidente di Confindustria: «Pronti a rinunciare agli incentivi se cala l’Irap»

di Alessandro Barano
ROMA - Di incentivi si può vivacchiare ma di tasse si muore. L’impresa italiana fa volentieri a meno dei primi pur di vedere tagliate le seconde. Il federalismo va riscritto per restituire responsabilità a chi governa. L’esecutivo dei tecnici va archiviato e sostituito da una maggioranza politica e da un premier che sia passato per la prova della candidatura personale. Le riforme vanno accelerate, poiché il tempo stringe, ma gli aiuti dell’Europa per ora non servono. La legge Fornero sul lavoro è stata un’occasione persa, ora si deve produrre di più e gli imprenditori sono pronti a un accordo con il sindacato. Alla Fiat bisogna ricordare che non esiste un grande Paese senza un’impresa automobilistica nazionale. Quanto all’Ilva, va difesa senza remore da una politica industriale autorevole. Lo Squinzi pensiero si scrive in queste coordinate. Il presidente di Confindustria le riassume mentre raggiunge gli stati generali della Lega al Lingotto di Torino.

Ma il suo primo pensiero è per gli scandali che dal Piemonte al Lazio, dall’Emilia alla Liguria occupano le pagine dei giornali. «Questi fatti - dice - dimostrano che è generalizzato un sistema che usa il denaro pubblico senza ritegno. Purtroppo, la tensione morale che dovrebbe governare la politica è del tutto assente a livello locale».

L’impianto del federalismo va ripensato?
«Un’autonomia che rasenta l’anarchia ci porta fuori controllo e ci espone a questi eccessi. Il federalismo presuppone la responsabilità di chi governa nei confronti degli elettori, se esso si fonda sulla distribuzione a pioggia di contributi statali spalmati sulle Regioni lo spreco è quasi automatico».

A prescindere dalla liceità?
«Certo. Mi è capitato di andare alle più importanti fiere internazionali di settore e trovare gli stand di Province e piccoli Comuni italiani che promuovono i loro prodotti. È ridicolo. Uno spreco di denaro che fa raccapriccio. Soprattutto se si pensa che la promozione del sistema Paese è affidata a un istituto per il commercio estero prima sciolto, poi ricostituito e non ancora operativo. Cosicché da due anni manchiamo completamente sulla scena internazionale e ci surroga il Comune di Vattelapesca».

Riforma del titolo V della Costituzione da cambiare?
«Subito».

Il ministro Passera propone di commissariare gli enti non virtuosi. Qualcuno, oltre confine, commissarierebbe volentieri l’intera politica italiana.
«Non ci siamo espressi al meglio negli ultimi tempi, ma siamo un Paese abbastanza avanzato da permetterci una politica vera e nostra, senza bisogno di commissari esterni. Nel mondo degli affari c’è molto rispetto per le imprese italiane. Perché siamo competitivi, anche di recente stiamo acquisendo sul mercato globale nuove quote di mercato. C’è uno iato tra la narrazione del Paese e la percezione della sua economia reale all’estero».

Imprenditori tutti buoni e bravi e politici tutti scadenti: non è un’equazione troppo manichea?
«Lo è, ma la fa lei, non io. Ci sono diversi tipi di imprenditori. Quelli che si battono tutti i giorni sui mercati mondiali, nonostante le diseconomie e le palle al piede del sistema Paese. E quelli abituati a vivere sui sussidi, i quali devono rendersi conto che il vento è cambiato. Secondo il rapporto Giavazzi, su trenta miliardi di incentivi ne arrivano solo tre alle imprese private. E intanto stiamo morendo di tasse. L’incidenza della pressione fiscale sulle imprese è del 57% se si sottrae il Pil sommerso. Il cuneo fiscale tra salario netto e lordo è al 47,6%, dieci punti in più della media Ocse. Di fronte a queste cifre monstre, io dico: toglieteci qualunque incentivo ma tagliate anche le tasse e fateci competere come sappiamo sul mercato globale. Siamo un Paese che sacrifica la ricerca sull’altare dell’Irap, è un controsenso».

L’immagine della classe dirigente all’estero è ancora quella che Luigi Zingales nel suo ultimo libro “Manifesto capitalista” chiama peggiocrazia?
«Dobbiamo ricostruire una classe politica adeguata e una classe dirigente che le faccia da supporto. Ma non siamo nel mirino come Paese più di quanto lo sia l’Europa intera. Sono reduce dall’assemblea della chimica europea, dove ho colto altrettanta preoccupazione nei confronti della Francia, un Paese che rischia il declino almeno quanto noi. Certo, non mancano altrove leadership con le gambe d’argilla. Se penso ai 17 trilioni di dollari di debito pubblico degli Usa e al deficit commerciale di 600/700 miliardi all’anno, non capisco come possano conservare la tripla A».

Ma di fronte al pressing internazionale perché Monti resti al suo posto, l’Italia deve archiviare la politica, convincere Monti a entrarci o fare a meno di lui?
«Al di là dei nomi, e il suo è un nome spendibile, io faccio un altro ragionamento. Noi abbiamo bisogno di avere una guida politica sicura, che conquisti la maggioranza dei voti e che abbia una stabilità interna, un programma e una capacità di operare nella prossima legislatura».

Esclude che un premier non candidato possa trovare dopo le elezioni il consenso di una maggioranza più ampia di quella che l’equilibrio bipolare della Seconda Repubblica ha garantito?
«Non credo che un presidente non candidato possa gestire la prossima legislatura, perché quella che abbiamo visto in questi mesi è un’esperienza di governo che onestamente ha palesato molte difficoltà».

Ma salverebbe lo spirito dell’esecutivo Monti? Magari da tradurre in un memorandum che impegni i partiti firmatari sulla strada di Europa, rigore e riforme già intraprese?
«Quello che serve è un programma serio, in cui non si facciano promesse mirabolanti a un elettorato che non merita bugie. Mi accontenterei che si dicesse la verità e che su questa si fondassero obiettivi e si mobilitasse una classe dirigente credibile».

Ma con l’attuale legge elettorale può uscire una maggioranza di questo tipo?
«La legge elettorale deve cambiare. E garantire partecipazione, corretta selezione della classe dirigente e governabilità. Gli appelli del presidente della Repubblica sono stati chiari. È auspicabile che siano accolti».

Lei è ottimista?
«Sì, perché vedo crescere la consapevolezza che non ci si può più perdere in giochetti».

Ma l’Italia dovrebbe-potrebbe chiedere aiuto all’Europa?
«Se lo facesse non sarebbe un dramma. Ma per ora non ne ha bisogno e mi auguro che così sia anche nel medio termine, perché vorrebbe dire che l’economia migliora».

Nonostante il Pil negativo di mezzo punto stimato nel 2013 da Confindustria, il calo dei consumi e le compravendite di case che crollano?
«Anche se il dato del 2013 sarà negativo, sono convinto che nella seconda parte dell’anno inizierà la ripresa».

Ma intanto la fase due del governo a che punto è?
«Questo governo ha ancora un paio di mesi di operatività, perché da metà dicembre inizierà la campagna elettorale. Bisogna fare subito quel poco che si può».

Che cosa in cima?
«Mi accontenterei delle norme sulla semplificazione burocratica, di qualche investimento per far ripartire le infrastrutture, dei pagamenti della pubblica amministrazione e di un segnale su innovazione e ricerca, le due cenerentole italiane. I soldi scarseggiano, ma si può pensare a forme di finanziamento alternative come project financing e qualche partnership pubblico-privata. Sarebbe un modo per far ripartire l’occupazione».

Non basterà la riforma del lavoro?
«La riforma del lavoro è un’occasione persa».

L’aveva già detto, no?
«E non fui creduto. Ma sono abituato a essere bersagliato per poi avere il riconoscimento generale che ciò che dicevo non era così sbagliato. Il ministro Fornero ha promesso in Confindustria che ci sarà il monitoraggio sugli effetti delle nuove norme. Chiedo sia rapidissimo, al massimo due mesi e non i sei ipotizzati. Altrimenti la legislatura cessa e il governo rischia di lasciare una legge da correggere senza che ci sia la certezza di poterlo fare dopo».

Si fa l'accordo sulla produttività? E con chi? Lei davvero spera di convincere la Cgil?
«Ci proviamo con molta intensità, raccogliendo l’appello del premier. Dobbiamo e possiamo trovare un accordo. Nella classifica del costo del lavoro per unità di prodotto abbiamo perso venti punti rispetto alla Germania. Se mettiamo da parte le ideologie ne possiamo recuperare la metà. Non dimentichiamo che Monti il 18 ottobre dovrà pure portare qualcosa di concreto all’Europa».

Che cosa le ha detto la Camusso nell’incontro riservato di qualche giorno fa?
«Non siamo entrati nei dettagli. Però ho capito che lei si rende conto della necessità di cercare un’intesa. Sono ottimista».

Ma che cosa chiedete in concreto al sindacato?
«La trattativa per la produttività deve portare a un solo obiettivo: lavorare di più».

Tutti 40 ore a settimana?
«Discutiamo di più ore, ma anche di meno ferie. Mettiamo sul tavolo tutte le idee possibili purché si raggiunga l’obiettivo».

Voi siete pronti a discutere di premi?
«La trattativa è aperta a tutto».

Se l’accordo sulla produttività si chiude le imprese torneranno a investire in Italia? La Fiat, per esempio...
«Da presidente di Confindustria non voglio mettere il naso negli affari di chi è uscito dal nostro sistema. Ma da cittadino ritengo che non ci sia un grande Paese al mondo senza un’impresa automobilistica nazionale. A meno che non parliamo di Svizzera, Belgio o Olanda. Non so cosa abbia in testa Marchionne, ma noi abbiamo il dovere di tutelare la Fiat e soprattutto il suo grande indotto».

Per una Fiat che s’interroga se restare c’è un’Ilva che invece lotta per continuare.
«E merita tutto il mio appoggio. Ricordo che la famiglia Riva diciassette anni fa ha preso dallo Stato un’azienda in condizioni molto difficili, l’ha rilanciata e modernizzata. Ora le si può chiedere di accelerare negli investimenti, ma pensare a una chiusura è devastante. Per le migliaia di lavoratori e per la bilancia commerciale. L’Ilva è un problema nazionale e noi chiediamo che la politica industriale scenda in campo con la sua autorità e senza remore».


Fonte: http://www.ilmessaggero.it

 

 

sabato 29 settembre 2012

Il Discorso agli Ateniesi di Pericle e l’Italia

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia

 

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Scritto da "Paolo Ferrante" il 26.09.2012
Questo discorso, tenuto da Pericle quasi 2500 anni fa, ci fa comprendere che la storia non è una corsa dell’umanità verso la civiltà: lo dimostrano le cronache dei nostri giorni. Nello scorrere del tempo, nella storia, si possono fare molti passi indietro.
Il Discorso di Pericle ci insegna che la libertà, l’onestà, la democrazia sono sempre a rischio. Non sono diritti che la nostra generazione ha ereditato da quella precedente, non sono concetti cristallizzati nel tempo, ma devono essere resi veri dall’azione di ognuno di noi, anche attraverso la denuncia, la fine della connivenza e degli occhi chiusi di fronte a corruzione, sprechi, abusi di potere, incompetenza.
Studiamo questo discorso (o ri-studiamolo) e pretendiamo da noi stessi e da chi ci circonda il rispetto delle regole basilari che sono state fondate nell’antica Atene, e che ci rendono fieri di vivere in una democrazia.
Discorso agli Ateniesi, Pericle (461 a.C)
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. 
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. 
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Pericle – Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.Fonte: http://www.avvocatoandreani.it/


mercoledì 26 settembre 2012

Ladri di pubblico denaro, ladri di verità

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26-09-2012

Ladri di pubblico denaro, ladri di verità. Non c’è altro modo per qualificarli, per descriverli. Prima di sono appropriati del pubblico denaro, se lo sono spartito, se lo sono speso per le loro feste, festini e bagordi; poi, ora, rubano la verità. Perché è un coro nel dire: così fan tutti. No, non è vero: così fanno loro, non i radicali. I radicali hanno l’orgoglio e la fierezza di aver denunciato lo scandalo in Lombardia e in Lazio, e di poterlo fare perché i radicali non fanno parte del regime spartitorio che sgoverna questo paese. C’è una prova del nove che è semplice, alla portata di tutti. Prendete gli ormai numerosi libri che denunciano fatti e misfatti consumati in questi anni, prendete le inchieste giornalistiche che parlano di corruzione e di indebita appropriazione di pubblico denaro; il libro dell’autore che preferite, il giornale della tendenza politica in cui vi riconoscere; andate a guardare nell’indice dei nomi: li trovate tutti, politici o sedicenti tali di destra, centro e sinistra. C’è però una significativa assenza: i radicali. In più di cinquant’anni di vita di questo partito non un esponente, un dirigente, un semplice iscritto è mai stato condannato, arrestato, indagato, inquisito per appropriazione indebita, concussione, corruzione o altri simili reati. Diceva Indro Montanelli che i radicali odorano di bucato pulito. Loro, i ladri di denaro pubblico e di verità, dicono che sono tutti uguali, che tutti hanno rubato, che tutti rubano. Non è vero. I radicali, non l’hanno mai fatto. E di queste loro affermazioni false, dette sapendo di dire il falso, si chiamino Berlusconi o D’Alema ne dovranno rispondere.

 
Ora tutti, a cominciare da Giorgio Napolitano, dicono e sostengono che occorre reagire, trovare antidoti, rimedi. L’antidoto, il rimedio c’è, è facile, semplice. A patto, beninteso, di volerlo vedere.
È quello che suggerisce Leonardo Sciascia nel “Giorno della civetta”, racconto scritto, pensate, nell’estate 1960 e pubblicato l’anno dopo: “Bisognerebbe di colpo piombare sulle banche; mettere mani esperte nelle contabilità generalmente a doppio fondo, delle grandi e piccole aziende, revisionare i catasti…”. Bisognerebbe, suggerisce Sciascia, “sorprendere la gente nel covo dell’inadempienza fiscale”, “annusare intorno alle ville, le automobili fuori serie, le mogli, le amanti di certi funzionari: e confrontarne quei segni di ricchezza allo stipendio, e tirarne il giusto senso…”.
Ecco: a più di cinquant’anni da quel romanzo che qualche imbecille ritiene sia ammirativo nei confronti della mafia, ancora quel giusto senso non siamo nella condizione di poterlo tirare. L’antidoto, il rimedio, si chiama “Anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati”. Anche questo è un antidoto, un rimedio radicale. Perché non la si vuole, non la si attua, perché si impedisce conoscenza e sapere non c’è bisogno di spiegarlo. Se ci fosse i Fiorito e i loro complici avrebbero una vita molto più difficile. Buona giornata. E buona fortuna.

Fonte:  http://notizie.radicali.it

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Il presidente Napolitano: episodi di corruzione inimmaginabili

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Un immagine della Polverini, Fiorito ( è sulla sua testa) e gli altri suoi uomini di fiducia della Regione Lazio



Per il presidente Napolitano si moltiplicano malversazioni e fenomeni di corruzione inimmaginabili, vergognosi. E Renata 
 Polverini torna a parlare delle sue dimissioni. Per l’ex Governatore del Lazio, sprechi di denaro pubblico c’erano anche nelle 
 precedenti consiliature. In suo aiuto arriva Berlusconi che dice: “tutti i gruppi consiliari erano corresponsabili”. Giampiero 

Guadagni:RealAudioMP3

Il caso Lazio scuote il Pdl dalle fondamenta. Tanto da indurre Silvio Berlusconi a lanciare messaggi rassicuranti con farsi forti: 

 non siamo allo sbaraglio, afferma il fondatore del partito, che sottolinea: ora bisogna abrogare il sistema di finanziamento di 
 gruppi e partiti così come l'abbiamo conosciuto. L'autonomia della politica è una cosa seria, non si difende consentendo 
 comportamenti indecenti, aggiunge l'ex premier, per il quale occorre un forte rinnovamento per tornare alla politica come 
 servizio e non come fonte di guadagno per i singoli. Berlusconi definisce poi le dimissioni di Renata Polverini “un gesto libero 
 e di consapevolezza morale”. Da parte sua la Polverini esclude una ricandidatura alla presidenza del Lazio e contrattacca: 
 comportamenti immorali ai danni di questa regione ci sono stati anche con le giunte precedenti. Intanto in una conferenza 
 stampa il segretario del Pdl Alfano ha annunciato una nuova stagione di serietà nel controllo delle attività e delle spese dei 
 propri rappresentanti politici, che saranno certificate all'esterno e messe su internet. Alfano propone a tutti i partiti un patto: 
 e cioè di non ricandidare i consiglieri uscenti. Il Pd nel frattempo è pronto a fare anche in Lombardia, come già nel Lazio, il 
 passo delle dimissioni.

Fonte:  http://it.radiovaticana.va

martedì 25 settembre 2012

ALDO MORO: UCCISO PERCHE' VOLEVA CHE FOSSE LO STATO A STAMPARE IL DENARO

Aldo Moro ucciso perchè voleva che fosse lo Stato e non le banche centrali a gestire la stampa del denaro? L'avvocato Marra ha provato a parlarne ospite di Columbro a "Vero", ma prima di poter entrare nel merito è stato interrotto dal "going";




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La vicenda del rapimento e dell'assassinio di Aldo Moro presenta dei risvolti davvero interessanti. Per esempio, l’idea di emettere biglietti di stato a corso legale senza bisogno di chiedere banconote in prestito via Bankitalia-Bce, fu di Aldo Moro, che intendeva assolvere ai bisogni del popolo italiano, con l'emissione Sovrana, senza debito, di cartamoneta a corso legale. Fu così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”).

La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.
MORO PER ARRIVARE ALL'EMISSIONE DI BANCONOTE CARTACEE USO' UN DOPPIO ESCAMOTAGE:L'ITALIA POTEVA EMETTERE MONETE MA NON BANCONOTE (CHE DOVEVAMO ACQUISTARE DALLA "MAMMA" BCE CHE ALLORA SI CHIAMAVA "FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE". LE MONETE VENIVANO PERTANTO CONIATE ALLA "ZECCA DI STATO".
DOPO AVER PERMESSO L'EMISSIONE DI MONETE A VALORE 500 LIRE.....FU' FATTA UNA DEROGA CHE PERMISE L'EMISSIONE CONTEMPORANEA DEL CARTACEO....(POTEVANO COESISTERE 500 LIRE IN FORMA CARTACEA E METALLICA , IN QUANTO LA 500 LIRE ESSENDO ANCHE DI METALLO ERA COMUNQUE CONSIDERATA COME MONETA DA EMETTERE ALLA NS ZECCA)...
In seguito all’assassinio di Moro e alle dimissioni anticipate di Leone, l’Italia smise di emettere cartamoneta di Stato. La bancocrazia ci aveva anche provato prima a ricattare lo Stato, emettendo i famosiminiassegni per erodere il signoraggio che lo stato guadagnava con la propria moneta, ma poi, non essendo la “misura” sufficiente, ricorsero ai mitra e bombe.
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Anche Pasolini per coincidenza, fece una brutta fine dopo aver pubblicamente espresso dei dubbi circa la connessione fra la sparizione di Moro e le 500 lire.
OSSERVAZIONI che P.P. Pasolini faceva già nel 1975:
Come mai quel 12 Dicembre 1969, furono proprio le sedi di tre Banche:
- Banca Nazionale dell’ Agricoltura, Piazza Fontana, Milano
- Banca Commerciale Italiana, Milano, (bomba inesplosa)
- Banca Nazionale del Lavoro, via Veneto, Roma ed essere prescelte quali luoghi deputati alle prime esplosioni di bombe con le quali si dette il via alla “Strategia della Tensione” ?
La Banca Nazionale dell’ Agricoltura aveva cominciato poco tempo prima ad emettere le 500 Lire cartacee con dicitura: “Biglietto di Stato a corso legale” L’emissione fu sospesa pochi giorni dopo l’attentato. Forse si è pensato bene di poter prendere più piccioni con una fava …? Nel film “Piazza delle cinque lune” viene spiegato che l’assassinio di Moro e’ un caso complicato che vede alte cariche ufficiali e servizi segreti implicati… ma non solo!
Certo le analogie tra A. Moro e JF Kennedy sono parecchie:
-le banconote senza signoraggio
-il complotto per l’assassinio
-i servizi segreti
-i mandanti
Le 500 lire di Moro sono del 1966.
RICORDATE CHE PRODI DIEDE UN INDIZIO CIRCA IL "COVO" DOV'ERA MORO (DISSE POI CHE INFORMAZIONI GLI ERANO STATE DETTE DURANTE UNA SEDUTA SPIRITICA), E NEGO' SEMPRE OGNI COLLEGAMENTO CON ASSOCIAZIONI SEGRETE.
Purtroppo le informazioni dovrete continuare a cercarle sul web perchè già è stata chiusa una pagina ns "sorella " per questi link... - fonte


Vedi anche: Henry Kissinger e il gruppo Bilderberg dietro all'omicidio di Aldo Moro

lunedì 24 settembre 2012

Monti: "Nel 2013 la ripresa ci sarà Fiat non ci ha chiesto aiuti di Stato"





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Il premier sul Lingotto: "Salvaguardare la presenza dell'azienda nel Paese". Attacca le forze politiche sulla corruzione: "Inerzia comprensibile, non scusabile". E annuncia: "Non mi ricandido"

11:02 - "Il 2013 sarà un anno in crescita". Lo ha ribadito il premier, Mario Monti, alla conferenza internazionale sulle riforme strutturali organizzata dall'Ocse e dal governo italiano. Monti ha precisato che il -0,2% del pil previsto per l'anno prossimo "sembra recessione, ma in corso d'anno quel -0,2 medio" è previsto "con un profilo ascendente". Poi un accenno alla questione Fiat: "Niente aiuti all'azienda e salvaguardarne la presenza in Italia".
Dunque "il motore dell'economia si riavvierà lentamente", a causa del "peso del passato" e quindi "la ripresa può essere solo graduale", ha voluto precisare Monti.

"Alle parti sociali chiedo più coraggio"
''Chiedo alle parti sociali di saper guardare, come hanno fatto in tante fasi della vita italiana, in modo coraggioso'', ha aggiunto il presidente del Consiglio, sottolineando che la questione della competitività deve essere ''il tema al centro dei rinnovi contrattuali''. A tal proposito Monti è stato chiaro: ''E' troppo presto per abbandonare il rigore in una fase 2'', quella dell'implementazione delle riforme e della crescita.

Fiat non ha chiesto aiuti
"Fiat non ha chiesto aiuti nè cassa in deroga". "Non sono state chieste - ha precisato Monti - concessioni finanziarie e se fossero state chieste non sarebbero state" concesse. Monti ha aggiunto che l'esito dell'incontro può essere visto "come una scommessa" per l'azienda e per il Governo. "Importante è salvaguardare la presenza di Fiat in Italia".

"L'incontro con i vertici della Fiat - aggiunge - è stato lungo e dal momento che non veniva alimentato da noi con comunicati e Twitter capisco che chi doveva lavorare abbia fatto lavorare la fantasia. Ma non sono stati chiesti aiuti nè Cig in deroga".

"Corruzione: inerzia comprensibile, non scusabile"
Il premier ha toccato poi il tema più scottante di questi giorni, quello della corruzione, dicendo che "l'inerzia di una parte politica è comprensibile ma non scusabile". E poi assicura che ci "sarà un pacchetto equilibrato sulla giustizia". A questo proposito ha promesso che "il governo farà ogni sforzo" perché il ddl anticorruzione "sia portato a termine" all'interno di "un pacchetto equilibrato" in materia di giustizia, perché "crediamo che la logica del pacchetto vada tutelata".

"Io non mi ricandido"
Monti ha poi detto, con un giro di parole chiarissimo, che non si presenterà alle prossime elezioni. Ai lavori della conferenza internazionale sulle riforme strutturali in Italia ha infatti dichiarato: "Il teorema di Juncker, che dice che chi fa le riforme strutturali lo fa per il bene del suo Paese ma poi perde le elezioni, non si può applicare in alcun senso a noi che non abbiamo prospettive elettorali".

Monti a Gurria (Ocse): ridurre le disuguaglianze difficile da dire e da fare
Inoltre Monti ha avuto uno scambio di battute con Angel Gurria, segretario generale dell'Ocse, durante il convegno organizzato a Roma dal governo con l'organizzazione. Scherzanso sulla difficoltà di Gurria di pronunciare la parola "disuguaglianze", il premier è intervenuto con ironia: "Ridurre le disuguaglianze è difficile da pronunciare e da mettere in pratica".

E l'Ocse promuove l'operato di Monti
Gurria ha poi lodato il premier dicendo che "le riforme strutturali avviate dal governo Monti consentiranno all'Italia un aumento del Pil del 4% nei prossimi 10 anni, +0,4% all'anno sulla base delle sole riforme annunciate finora". L'Italia però, continua Gurria, non deve abbandonare la strada delle riforme. In particolare, quella del lavoro "deve essere attuata rapidamente ma anche sostenuta da politiche occupazionali mirate, da investimenti nell'istruzione e da politiche sociali volte ad aiutare le fasce più deboli".

Fonte:  http://www.tgcom24.mediaset.it

'Polverini sapeva, come tutti'

di Alessandro Capriccioli


La governatrice ha un gruppo suo, con 13 consiglieri, che incassa quasi tre milioni di euro. Soldi che poi vengono usati per campagne elettorali passate e future, a spese dei cittadini. Parla il consigliere radicale Berardo, che ha fatto esplodere il bubbone
 
(24 settembre 2012)
 
 
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Renata PolveriniPochi lo sanno, ma lo scandalo della regione Lazio è esploso anche, se non soprattutto, per il lavoro di Rocco Berardo, consigliere Rregionale della lista Bonino. 'L'Espresso' lo ha intervistato per capire la sua opinione su come è nata e dove andrà a parare tutta la vicenda.
 
 


Berardo, cominciamo dall'inizio: il caos sulla gestione dei fondi nella Regione Lazio l'avete scatenato voi?
Sì. Tutto è iniziato ad agosto, quando io e Giuseppe Rossodivita - l'altro consigliere radicale - abbiamo segnalato alla stampa il bilancio del nostro gruppo alla regione, che avevamo già da tempo pubblicato online, con particolare riferimento alla voce "Entrate per finanziamento del gruppo", di importo pari a 422mila euro.

E' un importo fisso per tutti i gruppi?
Ovviamente no. Varia a seconda del numero dei consiglieri.

Quindi, siccome voi siete in due, il costo totale per la Regione è...
...422mila euro diviso 2 e moltiplicato per 71, cioè il numero totale dei consiglieri.

Vale a dire quindici milioni di euro?
Esattamente.

E' una cifra notevole...
Decisamente, ma non è questo l'unico scandalo. Il punto è che al di là dell'entità quei soldi andrebbero spesi dal capogruppo per le attività politiche.

E invece?
Invece quando ho presentato la mia proposta di testo dell'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati sono stato avvicinato da alcuni esponenti della maggioranza, che mi hanno detto chiaramente: o togli l'obbligo di pubblicazione dell'utilizzo di quei fondi oppure la legge non va avanti, perché questa cosa ci mette in difficoltà.

Chiaro e tondo?
Chiaro e tondo. Noi, naturalmente, invece di modificare la proposta di legge abbiamo informato la stampa. Ma non è tutto.

Cioè?
Cioè l'ammontare del finanziamento ai gruppi politici viene stabilito mediante deliberazione dell'Ufficio di Presidenza. E nell'Ufficio di Presidenza non ci sono solo rappresentanti del PdL e della Lista Polverini, ma anche del Pd, dell'Udc, dell'Idv.

Quindi era una questione nota a tutti: perché, allora, il bubbone scoppia solo adesso?
Il bubbone scoppia dopo la defenestrazione di Fiorito, conseguente alle spaccature interne del PdL, ma le motivazioni non sono chiare. Emerge allora l'ipotesi di una gestione "allegra" dei fondi, perché come capogruppo del PdL Fiorito avrebbe dovuto utilizzare quel denaro per le attività politiche: nulla a che vedere con le cene, le ostriche e gli ormai celebri 109 bonifici...

E la Polverini?
La Polverini ora dice che non sapeva nulla. Ma lei ha un gruppo intitolato al suo nome con 13 consiglieri, e relativo finanziamento...

A sua insaputa, forse...
Forse. Così come forse a sua insaputa i bilanci del Consiglio Regionale, nel quale quei finanziamenti sono ricompresi, sono sempre frutto del cosiddetto "maxisubemendamento" della Giunta da lei stessa presieduta.

Del resto la Polverini ha detto di aver scoperto di guadagnare meno di un consigliere regionale...
Il che è ridicolo. Perché la Polverini è - forse anche questo a sua insaputa? - un consigliere regionale. E forse è a sua insaputa anche il fatto di percepire, oltre al compenso, un'indennità di funzione massima rispetto a quella di tutti gli altri.

Però ora ha annunciato 20 milioni di tagli, no?
Certo, perché gli scandali l'hanno costretta a farlo. Noi chiedevamo sin dall'inizio la riduzione delle commissioni, ma quando proponevamo quegli emendamenti la Giunta dava sempre parere contrario. Infatti è stata proprio la Giunta ad aver realizzato il "record" delle 20 commissioni. Quanto al tetto dei dirigenti, non più tardi di due o tre mesi fa l'abbiamo proposto con un emendamento al quale la Giunta, guarda caso, ha dato parere contrario...

Impressionante.
E non è ancora tutto. Anche le spese della Polverini sono a dir poco singolari. Per esempio, nel 2011 ha speso 500mila euro di affissioni per comunicare ai cittadini che a dicembre la discarica di Malagrotta sarebbe stata chiusa. Solo che dicembre del 2011 è passato e non solo Malagrotta non ha chiuso, ma si è allargata a Monti dell'Ortaccio.
 
Fonte:  http://espresso.repubblica.it

domenica 23 settembre 2012

MONTI CI VUOLE TUTTI DISOCCUPATI, MA CON LA CARTA DI CREDITO

Di comidad 


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La scorsa settimana si è registrato un ritorno in grande stile dello spettro dello "scontro di civiltà", che sarebbe stato evocato dalla questione di un filmetto insignificante, di cui per un anno non era fregato niente a nessuno. Lo spettro agitato dai media ha consentito di aggirare quelle che erano le vere anomalie da spiegare, e cioè come mai l'ambasciatore statunitense risiedesse a Bengasi e non nella capitale ufficiale della Libia. Ritorna quindi la questione rimasta in sospeso un anno fa, quella famosa "presa di Tripoli" sulla quale non esiste ancora una versione attendibile. Che la Libia occidentale sia in realtà rimasta fuori del pieno controllo della NATO, ormai è più di un sospetto; ed il controllo della NATO pare vacillare persino in Cirenaica, tanto è vero che sono in arrivo i marines.
Se si considera la propaganda ufficiale come un fenomeno unico, con schemi ricorrenti, ci si accorge che il diversivo-distrazione costituisce una delle costanti riscontrabili in ogni tipo di questione. Ma la costante principale, quella che rende credibile ogni diversivo ed ogni piroetta nell'individuare il nemico dell'umanità di turno, è sempre l'odio razziale. Il bersaglio può essere, di volta in volta, costituito dai "dittatori" laici come Saddam Hussein, Gheddafi e Assad, oppure dall'integralismo islamico, ma non cambia mai quel senso di supremazia morale e razziale che rappresenta l'indispensabile falsa coscienza del colonialismo. Si tratta di quel senso di supremazia morale e razziale che si riassume nello slogan di "Occidente". Si tratta di uno slogan che riesce a commuovere anche chi si ritenga anticolonialista, perché è ormai consolidato il culto delle mitiche "libertà occidentali"; quelle che consentono di fare vignette contro Maometto, ma non di parlare in un telegiornale della presenza dei mercenari della NATO in Siria.
Lo schema propagandistico non muta neppure quando si tratta di individuare il nemico interno, cioè il lavoro. In questo caso è lo sfondo ideologico dell'odio di classe - un razzismo interno -, ad aver reso credibile un personaggio assurdo come Marchionne. Il sociologo Luciano Gallino ha avuto buon gioco a dimostrare che il rallentamento del mercato dell'auto non può spiegare il crollo della FIAT all'ultimo posto delle vendite. Oggi si è arrivati al punto di supplicare la Volkswagen di liberarci da Marchionne; ma il ruolo di deindustrializzatore dell'Italia e di sicario delle multinazionali americane svolto dallo stesso Marchionne, era già evidente due anni fa, eppure gli è stato sufficiente l'antioperaismo per poter giustificare tutto. Che il lavoratore in qualche modo abbia sempre torto, è una convinzione profonda, radicata anche in molti di coloro che sono convinti di stare dalla parte del lavoro, e ciò dà spazio ad ogni provocazione.
Un'altra notizia della scorsa settimana infatti ha riguardato gli strali lanciati da Mario Monti contro lo Statuto dei Lavoratori, una legge che sarebbe colpevole di aver sfavorito proprio coloro che voleva favorire, in quanto avrebbe scoraggiato le assunzioni. Ecco una bella esca per un dibattito "epocale", di quelli capaci di tirare in ballo l'eterno conflitto tra i "valori" e la "dura realtà del Mercato"; infatti il segretario del PD, Bersani, si è affrettato a definire "epocale" lo Statuto dei Lavoratori, cosa che non gli ha impedito di affossarlo pochi mesi fa in parlamento. A scusante di Bersani però va anche detto che fare il finto partito di sinistra negli anni '60 e '70 era molto più facile, perchè c'erano le industrie e la classe operaia aveva un peso oggettivo, mentre un'Armata Rossa ancora in sella impediva alla NATO di inventarsi un'avventura militare ogni cinque minuti.
Monti ha respinto le accuse di essere a capo di un governo delle banche, ed ha parlato di "caccia alle streghe", come se fosse una povera vittima dell'intolleranza e della superstizione. Sta di fatto però che nessuno è sinora riuscito a spiegare in che cosa le esili, e ormai residue, garanzie dello Statuto dei Lavoratori ostacolerebbero i famosi e fantomatici "investimenti", mentre al contrario si fanno strada dati e notizie sull'interesse crescente del lobbying bancario nell'alimentare precarizzazione e disoccupazione.
Sul quotidiano britannico "The Indipendent" del 18 agosto scorso si pubblicavano alcuni dati ufficiali che dimostrano come precari e disoccupati siano divenuti bersaglio prioritario dell'offerta di servizi di carta credito. Una volta allettati con condizioni di vantaggio, i clienti si trovano poi a pagare interessi che superano il 18%. L'aumento della disoccupazione in Gran Bretagna non ha quindi diminuito la possibilità di acquisire una carta di credito, ma ha persino reso inevitabile per disoccupati l'accedere a questo "servizio". Un'anomalia del tutto apparente, che si spiega con la possibilità di indebitarsi che queste "card" offrono. [1]
Mesi fa Mario Monti ci ha intrattenuto sulla "noia" costituita dal posto fisso, una condizione noiosa proprio perché non costringe a doversi necessariamente sottoporre ai patemi d'animo dell'indebitamento per sopravvivere. Nell'altro Paese all'avanguardia nella finanziarizzazione dei rapporti sociali e lavorativi, cioè gli Stati Uniti, le agenzie pubbliche per il controllo e l'assistenza alla disoccupazione sono infatti da tempo diventate esse stesse agenzie di collocamento per carte di credito e crescono anche gli spazi pubblicitari per questo tipo di "servizio", di cui i disoccupati diventano fruitori praticamente obbligati. In California l'EDD (Employment Development Department) è in realtà un ente assistenziale per banchieri, ed infatti fa da sensale a Bank of America per piazzare carte di credito ai disoccupati. [2]
In tal modo i disoccupati vengono anche costretti pressoché esclusivamente all'uso di denaro elettronico; cosa che riempirà sicuramente di gioia Milena Gabanelli, poiché impedirà ai disoccupati di evadere il fisco. [3]

[1] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.independent.co.uk/money/loans-credit/unemployed-targeted-by-credit-card-firms-8057304.html&prev=/search%3Fq%3Dunemployed%2Bcards%26hl%3Dit%26rlz%3D1G1GGLQ_ITIT293%26biw%3D853%26bih%3D386%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=bA1WUKTsEYij4gSvkIHICg&ved=0CEwQ7gEwBQ
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://edd.ca.gov/About_EDD/The_EDD_Debit_Card.htm&prev=/search%3Fq%3Dunemployed%2Bcards%26hl%3Dit%26rlz%3D1G1GGLQ_ITIT293%26biw%3D853%26bih%3D386%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=bA1WUKTsEYij4gSvkIHICg&ved=0CCUQ7gEwAA
[3] http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-de9c6b68-61b6-4940-a62f-6709534774fb.html?refresh_ce 

Fonte: http://www.comidad.org

Fondi Pdl, l'allarme della Corte dei Conti: «Reati impensabili»

Luigi Giampaolino: «Non pensavamo che si potesse giungere a tanto». Rimborsi senza fatture: in carico al gruppo di tutto: ricariche telefoniche, cene, multe, spazi tv

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  ROMA - «Le priorità oggi sono le dimissioni della Polverini e lo scioglimento del Consiglio regionale. Per farlo è necessario un attodi forte rottura: abbiamo avviato la raccolta di firme per le dimissioni dei consiglieri regionali del Pd». È quanto annuncia in una nota il capogruppo del Pd in regione Lazio, Esterino Montino.

«I consiglieri del gruppo Pd - sottolinea Montino - condividono l'analisi e l'appello del segretario regionale Enrico Gasbarra. Il centro destra ha ridotto la Regione Lazio in uno stato comatoso non piu sopportabile. Il limite di guardia è superato. Occorre uno sforzo corale per costringere questa Giunta alle dimissioni e allo scioglimento del Consiglio regionale come previsto dal documento presentato venerdi scorso insieme a tutti i gruppi d'opposizione. La parola deve tornare ai cittadini, solo cosi si esce dalla crisi attuale e si da un segnale di forte rinnovamento nella politica regionale».


«Le priorità oggi - spiega il capogruppo Pd - sono le dimissioni della Polverini e lo scioglimento del Consiglio regionale. Per farlo è necessario un atto di forte rottura: abbiamo avviato la raccolta di firme per le dimissioni dei consiglieri regionali del Pd. Spero che l'iniziativa venga accolta anche da tutti i consiglieri di opposizione da tutti coloro che non sopportano piu di assistere inermi alla deriva della Regione Lazio».


La Corte dei conti «è molto preoccupata e ne sente
tutto il disagio perché sono fatti gravissimi in cui noi stessi, che pur siamo abituati a conoscere patologie, non pensavamo che, ove fossero vere, si potesse giungere a tanto». Lo dice Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei conti, sul caso Regione Lazio. La Corte dei conti «è molto preoccupata e ne sente tutto il disagio perchè sono fatti gravissimi in cui noi stessi, che pur siamo abituati a conoscere patologie, non pensavamo che, ove fossero vere, si potesse giungere a tanto». Lo dice Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei conti, sul caso Regione Lazio.

Indaga anche la Corte dei Conti.
Non solo la procura di Roma, scende in campo anche la Corte dei Conti e i consiglieri del Pdl alla Pisana rischiano l’accusa di danno erariale. E soprattutto di vedersi chiedere indietro i soldi spesi in ostriche, champagne, sagre paesane e feste in toga. Il procuratore regionale del Lazio, Raffaele De Dominicis, ha già aperto un fascicolo sul business dei rimborsi e ha delegato la Guardia di Finanza ad acquisire tutti i documenti, in vista di una possibile restituzione collettiva dei soldi (continua a leggere). Il grafico: le spese con la carta di credito dei conti Pdl.

Le indagini sull altre regioni.
«È necessaria una denuncia circostanziata» per l'apertura di un procedimento giudiziario da parte della Corte dei Conti che al momento può controllare solamente i bilanci delle Regioni e degli altri enti locali ma non gli atti come quelli di programmazione o di riparto delle risorse e così via ha spiegato Giampaolino. Giampaolino ha fatto questa precisazione rispondendo alla domanda se dopo l'apertura dell'istruttoria sui finanziamenti e lo spreco dei fondi da parte del Pdl in Regione Lazio la Corte dei Conti ha intenzione di estendere la sua attività ad altre Regioni.

Giampaolino ha ribadito che per fare ciò occorre una «denuncia circostanziata»
e ha ribadito di augurarsi che il legislatore affidi alle varie corti regionali «il controllo preventivo dei regolamenti, degli atti di programmazione e di riparto delle risorse» degli enti locali. Inoltre ha di nuovo definito gli sprechi dei fondi nella Regione Lazio, qualora dimostrati, «gravi patologie che sono inimmaginabili».

E Batman finì protestato per sei assegni in un giorno.
Alla fine c’è finito anche Francone nella lista più sgradevole che possa immaginare un riccone come lui. Quella dei protestati che distribuiscono assegni scoperti. Quelli che ci provano, insomma. Roba che se l’avessero saputo ad Anagni,mentre passava con il Suv pagato dalla Regione, invece che sussurrare «anvedi er Batman» gli avrebbero gridato dietro «’a buffarolo» 

Fonte:  http://www.ilmessaggero.it


Fiorito, e Batman finì protestato
per sei assegni in un giorno

L’otto agosto provò ad acquistare beni per 63mila euro

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
di Massimo Martinelli
 
 ROMA - Alla fine c’è finito anche Francone nella lista più sgradevole che possa immaginare un riccone come lui. Quella dei protestati che distribuiscono assegni scoperti. Quelli che ci provano, insomma. Roba che se l’avessero saputo ad Anagni,mentre passava con il Suv pagato dalla Regione, invece che sussurrare «anvedi er Batman» gli avrebbero gridato dietro «’a buffarolo».

Anche se adesso promette di restituire 400mila euro nella speranza di finire in cella, Francone Fiorito «ci aveva provato» quando aveva capito che il suo mondo dorato era crollato, che la nave stava affondando. Un po’ come quei croceristi che mentre il bastimento imbarca acqua afferrano le posate d’argento in sale ristorante prima di correre alle scialuppe. Le sue posate d’argento, per usare la metafora, valevano 63mila euro e spiccioli. Ed erano rappresentate da sette assegni che Franco Fiorito provò a smerciare l’otto e il nove agosto. Sei assegni il giorno 8 e un altro il giorno 9. E siccome sul momento nessuno si permise di fiatare, perché tutti lo conoscevano come Il Federale di Anagni, Francone Fiorito pensò pure di aver beffato tutti, a cominciare da Franco Battistoni, quello che aveva preso il suo posto e sui era permesso di mettergli i bastoni tra le ruote.

Perché anche le date, in questa storia squallida di soldi sottratti, bloccati restituiti è importante. Comincia il giorno in cui Fiorito spedisce quella lettera che, secondo lui, dovrebbe ripulire la sua coscienza, il 18 agosto. Scrive ai consiglieri e alla Polverini; denuncia che non intende pagare le fatture di alcuni consiglieri del gruppo, perché sono sospette. Roba da poco, però. Ristoranti un po’ troppo esosi; qualche ricevuta da tremila che diventa da tredicimila; altri conticini per spesucce che oggettivamente non hanno niente di politico. Insomma, esempi di politicanti di bassissimo livello, ma finiva là. Ebbene Fiorito, che ogni mese di scaricava sui conti personali anche ottantamila euro del partito non si capisce perché, decide di fare il moralizzatore; blocca i pagamenti e scrive quella lettera. E scatena la reazione dei consiglieri, che cominciano a mettere il naso nei conti.

Comincia il così la fine di Batman. Alla fine di luglio non è più il capogruppo; al suo posto c’è Franco Battistoni, che oggi è il suo più acerrimo nemico. Già il 26 luglio gli scrive: «Caro Consigliere: a seguito della mia nomina a capogruppo sono chiederti tutta la documentazione relativa alla contabilità del gruppo, ai contratti di consulenza, ai contatti di collaborazione e ai dipendenti del gruppo». Fiorito neanche risponde e continua a vivere alla grande. Va al Circeo, in villa, dove la costruzione abusiva della piscina gli da qualche problema con la Forestale.

Il 7 agosto, dopo aver scritto parecchie altre volte alla segreteria di Francone, Battistoni alza un po’ la voce: «On. collega Fiorito, premesso che il 24 luglio sono stato eletto alla presidenza del Gruppo Consigliare del Pdl al tuo posto, ti invito e ti diffido a voler consegnare entro due giorni tutta la documentazione contabile, i conti correnti e i libretti degli assegni. Sento il dovere che decorso tale termine dovrò prendere iniziative più incisive per il recupero della documentazione».

Francone la legge a modo suo, quella lettera perentoria. Due giorni, dice Battistoni? Significherà che per due giorni si può fare baldoria. Ed ecco che l’otto agosto firma sei assegni rispettivamente da novemilasettantacinque euro, diecimiladuecentoottantacinque euro, ottomilatrecentoquarantanove euro, ottomila euro, novemilaseicentoottanta euro e ottomilaquattrocentosettantamila euro.

L’ultimo assegno lo stacca il nove luglio; da diecimila euro. Tutti regolarmente incassati, salvo poi essere rifiutati dalle banche. Francone, come d’abitudine, aveva usato il blocchetto di assegni del Pdl. Ma Battistoni, pur avendo due giorni di tempo, era stato previdente. Il conto lo aveva già bloccato. E lui, l’uomo che in tv si vantava di guadagnare più del capo dello Stato, si ritrova adesso nella lista dei protestati. E per un po’ non potrà avere altri libretti di assegni oppure chiedere prestiti oppure mutui.

Fonte: http://www.ilmessaggero.it

Commento di Oliviero Mannucci - Ribadisco il concetto: meglio essere "populisti" che LADRONI!!!!

 

 

sabato 22 settembre 2012

In Italia pensionati ridotti alla fame dal fisco


Clicca per ingrandire 
Di Alessandro Mazzanti (Resto del Carlino)
Pensionati “pignorati” da Equitalia. Gente che si è indebitata, spesso commercianti con attività fallite, che si ritrova l’intero conto corrente sequestrato dalla concessionaria della riscossione dello Stato. Non un quinto della pensione, ma l’intero conto corrente.
Il che significa non avere, letteralmente, nessun tipo di entrata neanche per mangiare e pagare le bollette. O hai un parente e un amico che ti aiuta, o salti i pasti. Adiconsum Pesaro racconta la storia di uno di questi pensionati che si è ribellato e ha ottenuto una mezza vittoria: conto corrente di nuovo disponibile, ma nessun risarcimento.
“Il signor Bruno (nome di fantasia) — si legge nella ricostruzione fatta da Claudio Blasi, responsabile provinciale Adiconsum — è un pensionato, ex rappresentante di commercio, che ha chiuso la sua attività accumulando debiti con Inps e lo Stato, debiti che ora Equitalia, vuole riscuotere. Ma Bruno non è in grado di pagare. Nello scorso novembre Equitalia, come un elefante in un negozio di cristallerie, chiede il pignoramento dell’unico conto corrente bancario di cui Bruno è titolare e in cui affluisce la pensione, complice anche la recente manovra “Salva Italia” che, per ragioni di tracciabilità, costringe i pensionati a far transitare sul conto corrente l’intera pensione”.

Insomma, Equitalia pignora l’intero conto, e non solo un quinto della pensione. La motivazione consiste nel fatto che nel caso in cui su quel conto siano affluiti anche redditi extra pensione, Equitalia risulta autorizzata a sequestrare l’intero conto. “La moglie di Bruno — prosegue Blasi — disperata ci contatta, non è più in grado di pagare l’affitto, non ha più soldi per la spesa e per mangiare sono aiutati dai parenti”.
La coppia pensa a un ricorso, entra in campo la consulente legale di Adiconsum, avvocato Rossana Pacenti, rilevando che Equitalia, "ha illegittimamente trattenuto l’intera pensione di Bruno, non limitandosi appunto al quinto". Il legale fa opposizione e ottiene, dal giudice, l’annullamento dell’atto con cui si pignoravano le uniche risorse della famiglia. La quale respira. Chiede un risarcimento per il 'torto' subìto: “Una cifra simbolica — dice il legale — visto che la coppia si è vista negare praticamente il diritto alla sussistenza, garantito dalla Costituzione”.
Nonostante ciò, il giudice non concede risarcimento, evidenziando che Equitalia “non poteva sapere la provenienza delle somme accreditate nel conto corrente”. Questo è il punto: se fossero state solo derivanti dalla pensione, Equitalia si sarebbe limitata al quinto della pensione, e non all’intero conto corrente. “A questo punto — dice Blasi — ci chiediamo: siamo proprio sicuri che, con tutte le possibilità di accertamento che ha Equitalia presso banche, Enti, Istituti ecc... l’Amministrazione Finanziaria, veramente poteva non sapere?”.
Fonte: ilrestodelcarlino.it - tratto da ecplanet.com

venerdì 21 settembre 2012

Uranio impoverito, la legge uccide più delle radiazioni

Almeno 2500 militari malati per il metallo radioattivo negli armamenti: il Governo Monti taglia ancora i fondi per i risarcimenti già rari, mentre le vittime aumentano nel silenzio delle istituzioni

 Scritto da

 

sit in uranio 500x375 Uranio impoverito, la legge uccide più delle radiazioni 

I soldati italiani mandati in guerra oltremare hanno da vent’anni un nemico alle spalle: l’uranio impoverito, contenuto nelle testate dei proiettili e delle bombe, colpisce tutti. Se lo portano dietro i reduci della Bosnia, del Kosovo, dell’Iraq, della Somalia, dopo aver respirato (senza autorespiratori) polveri sottili e nanoparticelle radioattive; gli esplode in tumori dei polmoni, della pelle, del cervello dopo aver toccato (senza tute e senza guanti, mai forniti dallo Stato Maggiore) le apparecchiature belliche e le armi.
La prima vittima nota fu il generale Renzo Inghilleri, campano, morto nel 1993 dopo aver diretto per 4 anni il poligono di tiro di Salto di Quirra, dove le armi U238 venivano testate su missili e munizioni da cannone. La stessa area dove qualche mese fa il pm Fiordalisi ha spiccato 20 rinvii a giudizio per i casi di leucemia e tumori di Hodgkin, tra i civili di Perdasdefogu e Quirra. Poi il primo militare di ritorno dall’estero, dal Kosovo: Salvatore Vacca, caporalmaggiore dell’esercito, che muore di leucemia a pochi mesi dal rientro. La più recente, 3 giorni fa, è stata il sergente dei Marò Salvo Cannizzo, ucciso da un tumore al cervello a 37 anni. Era tornato nel 2006 dalla Bosnia con il male dentro, e percepiva una pensione di 769 euro al mese per l’invalidità riconosciuta: non bastavano nemmeno al sostentamento quotidiano, men che meno per la chemioterapia che avrebbe potuto allungargli la vita di anni.
Nessuno ammette la verità sull’uranio impoverito. L’ex ministro della Difesa Arturo Parisi, nel 2007, dichiarò prima 37 militari uccisi dalle radiazioni, poi 77: i casi di malattia lievitarono dai 255 dichiarati il 9 ottobre e i 312 ammessi il 6 dicembre. La Sanità militare, nello stesso anno, contò 158 decessi e 1833 casi di contaminazione acuta. Le associazioni delle vittime ne arrivano a segnare 4000. Il numero preciso resta un mistero, perché centinaia sono i casi rimasti nell’ombra. Quel che è certo è che curarsi, dopo aver scoperto la malattia, è impresa quasi disperata: i risarcimenti sono pochi e inadeguati, la maggior parte delle domande viene respinta.
I rifiuti sono zeppi di errori. Fanno riferimento a leggi emanate nel 2006, che nel caso della Bosnia non erano ancora in vigore, e non alla 308/81, che regola i risarcimenti per le “basse radiazioni” che colpiscono militari in missione o nelle basi nazionali. Per anni è stata richiesta la dimostrazione di un nesso deterministico di causa-effetto tra esposizione e malattia: solo negli ultimi anni è stata accettato, e con molte difficoltà, il nesso probabilistico. Non basta. La Spending Review di Monti, a luglio, ha calato la mannaia anche sui fondi per le vittime “sul lavoro” dell’Uranio impoverito: da 22 a 11 milioni di euro per l’anno 2012, di cui 9 sono già stati spesi per 60o risarcimenti. A nessuno di loro, ricordiamo, è stata riconosciuta la causa di servizio per la malattia (o la morte).

Fonte:  http://www.dirittodicritica.com

giovedì 20 settembre 2012

Fiorito ai pm: Polverini sapeva tutto Blitz della Finanza alla Regione Lazio



Il Pdl fa quadrato e difende il governatore: resti presidente. Il Pd: se ne vada. Dieci persone al vaglio della Procura dopo l'interrogatorio di Fiorito. I pm: gestione caotica dei fondi nel Consiglio regionale

 ROMA - «Il presidente della Regione Renata Polverini non poteva non sapere dell'accordo di ripartizione dei fondi assegnati ai gruppi dall'ufficio di presidenza del consiglio regionale, perchè si trattava di una decisionedi cui la giunta aveva preso atto». Questo, a quanto si è appreso, un passaggio delle dichiarazioni rese dell'ex capogruppo alla Pisana Franco Fiorito nel corso dell'interrogatorio di ieri davanti ai pm.

Blitz questa mattina degli investigatori del nucleo valutario
della Guardia di Finanza nella sede del Consiglio regionale del Lazio, alla Pisana, per ascoltare alcune persone e cercare riscontri alle parole e alle carte depositate da Fiorito. Intanto si è dimesso, dal ruolo di capogruppo del Pdl alla Pisana, Francesco Battistoni che ha annunciato: «Continuerò a fare politica in qualità di consigliere». Renata Polverini tiene ancora in sospeso la decisione sulle dimissioni da presidente della giunta regionale del Lazio, in attesa della riunione di domani del consiglio. Chiaro Bersani che chiede le dimissioni del governatore.

Fiorito: tutti i consiglieri del Pdl chiedevano soldi.
«Tutti i consiglieri regionali del Gruppo Pdl chiedevano soldi. Erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall'ufficio per chiedermi soldi per cene, book fotografici, manifestazioni. Mi sono stati chiesti anche 10mila euro per una cena di 300 persone in locali in cui non so se potessero contenere tutte quelle persone» avrebbe detto ieri ai pm Fiorito.

100 mila euro l'anno a ciascun consigliere.
Un accordo di ripartizione dei fondi tra tutti i gruppi del consiglio regionale in funzione della loro consistenza politica che prevedeva l'assegnazione di 100mila euro l'anno a ciascun consigliere per finalità politiche ed un accordo all'interno del Pdl che raddoppiava o triplicava tale assegnazione a seconda degli incarichi ricoperti. È il sistema di divisione dei fondi descritto da Fiorito.

Fiorito
, per effetto della somma delle cariche ovvero capogruppo del Pdl e presidente della Commissione Bilancio, gestiva, ha detto ieri agli inquirenti durante l'interrogatorio, 300 mila euro l'anno. Parlando della gestione del denaro a lui «spettante» Fiorito, secondo quanto si è appreso, ha sottolineato che le sue spese sono state tutte rendicontate e, a sostegno della sua tesi di trasparenza delle sue operazioni, utilizzava bonifici bancari proprio perchè le sue spese fossero tracciabili. Parlando dei suoi numerosi conti correnti, l'ex capogruppo del Pdl ha dichiarato che ognuno di questi era stato aperto per gestire singole necessità: ad esempio quelli in Spagna, due dei quali ereditati dal padre morto quattro anni fa a Tenerife ed altri contenti soldi personali di Fiorito, servivano per la manutenzione ed il pagamento delle utenze delle proprietà ereditate dal genitore. Altri conti erano utilizzati per il pagamento di mutui.

Il blitz della Finanza nella Regione Lazio.
Comprendere le modalità con cui i fondi dei partiti in Regione venivano usati, procedure e verifiche nella assegnazione del denaro. Questo l'obiettivo degli uomini della finanza. A tal fine le fiamme gialle hanno anche sentito funzionari dell'ufficio di presidenza del consiglio della Regione. Ciò anche per verificare le affermazioni rese dall'ex capogruppo Pdl Franco Fiorito nell'ambito dell'interrogatorio di ieri. All'attenzione degli investigatori, delegati dalla Procura, il regolamento in materia. Le verifiche riguardano l'intero sistema e non solo i finanziamenti al gruppo Pdl.

Pm: in consiglio gestione caotica dei fondi.
Una gestione caotica» dei fondi ai quali si poteva «accedere con estrema facilità, anche solo con una telefonata». Questo il quadro che fanno gli inquirenti di quanto avveniva presso il consiglio regionale del Lazio alla luce degli elementi in loropossesso e in base all'interrogatorio di Fiorito. I pm parlano esplicitamente di «un sistema senza un serio controllo che spesso avveniva con violazione di legge».

La posizione di una decina di persone,
principalmente consiglieri regionali, è al vaglio della Procura di Roma dopo l'interrogatorio fiume di Fiorito.

Fonte:  http://www.ilmessaggero.it

E mentre la "casta" festeggiava con i soldi dei contribuenti, ecco come venivano curate le persone negli ospedali romani


Scandalo sanità, i numeri del caos negli ospedali: fino a 72 ore per un ricovero

 

http://static.fattidicronaca.it/fattidicronaca/fotogallery/625X0/673/stanze-sovraffollate.jpg
Ospedali romani sovraffolati







 

 

http://www.metronews.it/redazione/documenti/022112923ospedali.jpg
Questa sarebbe la sanità a cui hanno diritto i cittadini? 



E questi sono gli autori, mentre con i soldi dei cittadini fanno feste in maschera!

 

http://www.unita.it/polopoly_fs/1.447420.1348055188!/image/619716814.jpg_gen/derivatives/landscape_640/619716814.jpg 

Li mortacci vostri !!!!!!!



 


mercoledì 19 settembre 2012

Lo Stato ladro si autoriduce gli affitti. E i cittadini paghino l’Imu!

di REDAZIONE

Lo sapevate che nel decreto “Spending review”, lo Stato unilateralmente ha deciso di abbassarsi il canone d’affitto del 15% e sospendere per un triennio gli aggiornamenti ISTAT di tutti i contratti di locazione passivi della pubblica amministrazione, in barba alla legge e a quanto scritto sui contratti? Insomma, non solo hanno aumentato le tasse sugli immobili, ma se tu le affitti qualcosa a loro, prendi dittatorialmente anche meno soldi! Da non crederci. Ovviamente, di questo non ne parla nessuno, men che meno i giornalisti. Ecco le formulette:

1. In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali.

Ancora:

4. Ai fini del contenimento della spesa pubblica, con riferimento ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) i canoni di locazione sono ridotti a decorrere dal 1° gennaio 2013 della misura del 15 per cento di quanto attualmente corrisposto. La riduzione del canone di locazione si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell’articolo 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti, salvo il diritto di recesso del locatore.

Che dire se non che lo Stato è ladro? Non dimenticate, però, che a dicembre dovrete pagare la seconda, o terza, rata dell’Imu! Il tutto con l’approvazione di Alfano, Casini e Bersani.


Fonte: http://www.lindipendenza.com

Polverini, spese "matte" per la giunta laziale Fotografo d'oro e vitalizi da un milione l'anno

Dopo il caso Fiorito e il discorso del governatore sugli sprechi, ecco i costi della Regione

09:50 - Fotografo da 75mila euro l'anno (da quando è entrato a far parte dello staff della Polverini), book fotografico da mille euro per la consigliera Veronica Cappellaro, nuovi contratti da dirigente a peso d'oro (un esempio è quello di Gabriella Peluso, che da ottobre 2011 è stata chiamata a guidare "Verifica dell'attuazione delle politiche regionali" al costo di 122mila euro l'anno), vitalizi dei 14 assessori - tutti esterni - da un milione di euro lordo l'anno.

Queste sono solo alcune delle spese "pazze" della giunta laziale da inizio legislatura e che più o meno costa ai contribuenti, pensione a parte, 5 milioni di euro l'anno.

Come scrive il Corriere della Sera, se solo, per esempio, gli assessori fossero stati interni - e cioè eletti in Consiglio regionale - si sarebbe risparmiato a quest'ora almeno un milione di euro. Cosa che non è stata possibile a causa della mancata presentazione della lista Pdl alle elezioni del 2010, quindi chi "doveva entrare in consiglio regionale è stato adeguatamente risarcito prima entrando in giunta e poi col vitalizio" di tremila euro al mese.

Ma non solo, ci sono i 270 consulenti della Regione con contratti stipulati a tempo determinato, tra consulenti, portaborse e collaboratori; i 230 decreti di nomina della Regione dall'inizio della legislatura Polverini; i 1.370 dipendenti della società regionale "Lazio service" (nel 2010, a cavallo della giunta di centro-sinistra e quella di centro-destra, ne sono subentrati ben 200 in più); ma anche gli 8.500 euro di indennità netta a ogni assessore che guadagna al mese 13.321,79 euro; per non parlare poi delle 189 persone che lavorano nella segreteria della presidenza della Regione e in quelle degli assessori.

Dopo il caso Fiorito, la giunta ieri ha ratificato tagli da 20 milioni per il consiglio regionale (tra auto blu - che rimangono comunque 68 -, rimborsi, fondi ai partiti). Consolazione magra se poi non riduce le sue spese. A proposito di trasparenza, qualche tempo fa Renata Polverini aveva detto di non aver utilizzato soldi pubblici per andare alla sagra del peperoncino. Però, scrive ancora il Corriere, la governatrice non aveva detto che per andare aveva usufruito di un passaggio dall'elicottero della Protezione civile. E così dovrebbe anche spiegare come mai dagli anni '90, lei e il suo compagno, usufruiscono delle case popolari. Nel frattempo si attende lunedì, quando usciranno "i conti online della sua lista", come ha promesso la governatrice.

Fonte: http://www.tgcom24.mediaset.it

Commento di Oliviero Mannucci - Io continuo a sostenere che è meglio essere "POPULISTI" , come dicono alcuni politici, che "LADRIIIIII" !

martedì 18 settembre 2012

FANCULO IL PIL

Regione Lazio, proclami e sceneggiate ma nessuno ha pagato il conto

I cinquanta milioni di euro che si risparmieranno con i tagli da qui al 2015 sono dei contribuenti. Anche la presidente Polverini ne è uscita senza un graffio


di SERGIO RIZZO

 Un momento del consiglio regionale del Lazio (Ansa) Un momento del consiglio regionale del Lazio (Ansa)
ROMA - Su cinquanta milioni, di questi tempi, non si può sputare. Ma se la sono cavata davvero a buon mercato, tutti quanti. Perché quei soldi che verranno risparmiati da qui al 2015, tagliando sprechi inconcepibili come quelle due inutili palazzine che dovevano essere costruite, regalie vergognose quali erano i contributi ai gruppi politici, e privilegi insensati tipo le auto blu che scarrozzavano perfino i presidenti delle venti commissioni venti, non sono loro: sono dei contribuenti. E nessuno, ma proprio nessuno, si è fatto male. Ecco la vera conclusione della sceneggiata andata in onda ieri al consiglio regionale del Lazio.

Ha conservato la testa il capogruppo del Popolo della libertà Francesco Battistoni. Non l'ha perduta nemmeno il presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese, che in un altro Paese in circostanze analoghe (vedi la vicende delle note spese gonfiate nel parlamento inglese) sarebbe partito come il tappo di una di quelle bottiglie di champagne con cui alcuni suoi compagni di partito deliziavano a spese nostre se stessi e i loro commensali. Come al solito, non c'è stato uno soltanto che abbia pagato politicamente. Tranne forse Franco Fiorito, quello che con i soldi pubblici generosamente elargiti al suo partito si era comprato un Suv Bmw da 88 mila euro perché l'auto blu non gli bastava. Sempre che poi si possa considerare una vera sanzione politica l'«autosospensione» dal partito, rimanendo in consiglio con la sua stazza da 170 chili tutta intera. Se la vedrà con i magistrati, ma questo riguarda il codice penale, non l'etica politica. Che da queste parti non abbonda di certo.

E anche il governatore Renata Polverini, che domenica tuonava «Dopo di me il Diluvio!» e chiedeva dimissioni a Tizio e Caio, minacciando le proprie, ne è uscita senza un graffio. Come se in questi due anni e mezzo, mentre andavano in orbita le spese del consiglio regionale del quale pure la presidente della giunta fa parte, e che sono registrate nel bilancio della Regione, si trovasse su Marte. Giuseppe Rossodivita, uno dei due radicali che hanno dato fuoco alle polveri semplicemente pubblicando il bilancio del loro gruppuscolo su internet, ricorda come l'assessore al Bilancio Stefano Cetica avesse dato sempre «parere negativo» a tutte le proposte di tagli alle spese del consiglio presentate da lui e Rocco Berardo. «Se non è responsabilità oggettiva, questa cos'è?», si domanda. Per non parlare di quella norma inguardabile fatta passare mentre si discuteva l'abolizione degli assegni a vita per i consiglieri a partire dalla prossima legislatura. Un emendamento recapitato direttamente dalla giunta Polverini per concedere invece proprio in extremis il vitalizio ai 14 assessori esterni. Due dei quali, l'ex senatore Luciano Ciocchetti e l'ex deputato Teodoro «er pecora» Buontempo potranno avere addirittura doppia razione, sommando il vitalizio parlamentare a quello regionale. E avveniva, cosa ancora più grave, alle due e mezzo di notte, nei giorni in cui il governo di Mario Monti varava la manovra «salva Italia» con un bel giro di vite per i pensionati presenti e futuri, ma comuni mortali.

Spreco, privilegio, chiamatelo come vi pare: comunque, una schifezza. A beneficio, per di più, anche di qualche collega sindacalista del governatore. Che, ha lasciato intendere qualche mese fa Enrico Marro sul Corriere, continuerebbe da lontano a tirare le fila dell'Ugl. Cetica, appunto, che ha preceduto Renata Polverini alla segreteria della ex Cisnal. E l'assessore regionale alle Infrastrutture Giovanni Zoroddu. Due del gruppo di esponenti del Consiglio nazionale del sindacato di destra che da quando c'è il governatore affolla la Pisana. «Personaggi importanti», ha scritto Marro, come «Giovanni Zoroddu, capo di gabinetto della stessa Polverini e da sempre braccio destro della sindacalista» i quali «possono rivestire questo doppio ruolo perché nello statuto dell'Ugl non ci sono regole di incompatibilità tra l'appartenere al consiglio nazionale del sindacato e il ricoprire cariche elettive o dirigenziali in Regione». Anche se poi si finisce per essere di fatto controparte dei lavoratori. Particolarmente numerosi.

Secondo la pianta organica dovrebbero essere 3.726, quanti quelli della Lombardia, Regione che ha però il 43 per cento degli abitanti in più. Ma in realtà, come si deduce dal numero degli aventi diritto a votare i loro rappresentanti nelle Rsu, sono 3.954. Fra di loro, qualcosa come 868 addetti «ai parchi» insieme a 60 dirigenti. Già, i dirigenti. Oggi dovrebbero essere 319. Moltissimi, lamenta Roberta Bernardeschi, assunti dall'esterno. La segretaria del sindacato interno dei dirigenti e dei quadri sottolinea poi che all'inizio di agosto è comparsa una delibera che porta il numero delle caselle dirigenziali a 327. E non basta, perché c'è anche Lazio Service. Di che cosa si tratta? Una delle varie società regionali, creata anni fa con uno scopo evidente: aggirare il blocco del turnover. Infatti i suoi dipendenti lavorano per la Regione esattamente come gli altri. Sono un esercito in continua espansione. Alla fine del 2009, prima che arrivasse la giunta Polverini, erano 1.170. Un anno dopo, erano 1.370: duecento in più. E mancano ancora i consulenti (270), gli occupanti delle poltrone nelle varie società (230), nonché i dipendenti delle medesime.

Una seria spending review darebbe risultati strabilianti. In questa come in tutte le altre Regioni, statene certi. Perché una cosa comincia finalmente a essere chiara. E cioè che le Regioni sono un problema grosso come una casa, dal Nord al Sud. Hanno spesso classi politiche sempre più mediocri, amministrazioni sempre più scadenti, sprechi allucinanti. Negli ultimi dieci anni la spesa pubblica regionale è aumentata di 90 miliardi l'anno. Quanto può ancora andare avanti?

Fonte: http://roma.corriere.it

Commento di Oliviero Mannucci: MEGLIO ESSERE "POPULISTI" CHE LADRI!!!!!!!!