IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

martedì 28 maggio 2013

Corte dei conti boccia l’austerità e fa i conti della crisi: “E’ costata 230 miliardi”

l presidente Giampaolino segnala che "ciò che serve all’Italia dall’Europa sono stimoli per crescere di più", sottolineando che il passaggio alla nuova legislatura sembra proporre un primo tentativo di abbandonare una politica di bilancio basata su consistenti aumenti di imposte


La Corte dei conti boccia l’austerità e fa i conti della crisi. In Italia, nel periodo 2009-2013, “la mancata crescita nominale del Pil ha superato i 230 miliardi”, ha detto il presidente, Luigi Giampaolino, sottolineando che “l’adozione di una linea severa di austerità non ha impedito che gli obiettivi programmatici assunti all’inizio della legislatura fossero mancati. Anzi, alla luce dei risultati, l’intensità delle politiche di rigore adottate dalla generalità dei Paesi europei è stata, essa stessa, una rilevante concausa dell’avvitamento verso la recessione”.
Si fa sempre più forte, quindi, il coro di voci contro l’eccessivo rigore. Lo stesso presidente della commissione Ue, José Manuel Barroso, ha preso le distanze lo scorso aprile dall’austerity a tutti i costi. ”Pur convinto che questa politica sia fondamentalmente giusta, credo abbia raggiunto i suoi limiti“, ha detto, precisando che “perché una politica abbia successo non deve soltanto essere messa a punto correttamente, deve avere anche un minimo sostegno politico e sociale”. E anche il Fondo monetario internazionale, in uno studio pubblicato a inizio anno, ha avvertito che “la politica di austerità imposta dai creditori internazionali provoca disoccupazione e contrazione dell’economia”, sottolineando che “non è solo inefficace: è dannosa“.
Giampaolino, presentando il rapporto 2013 sul coordinamento della finanza pubblica, ha evidenziato anche che “il consuntivo di legislatura ha mancato il conseguimento del programmato pareggio di bilancio” per 50 miliardi. La perdita permanente di Pil, nell’arco della legislatura passata, “si è tradotta in una caduta del gettito fiscale superiore alle attese” di quasi 90 miliardi. “Ciò che serve all’Italia dall’Europa sono stimoli per crescere di più, non deroghe per spendere di più”, ha spiegato Giampaolino, “il passaggio alla nuova legislatura sembra proporre un primo tentativo di operare in discontinuità da una politica di bilancio che, a partire dall’estate 2011, ha dovuto fare affidamento su consistenti aumenti di imposte, nonostante le condizioni di profonda recessione in cui versava l’economia”.
Il numero uno della Corte dei conti ha lanciato infine un avvertimento sul fronte dell’occupazione. “In Europa l’emergenza della decrescita e della disoccupazione appare oggi acquisire quanto meno un rilievo analogo a quello assegnato al percorso di riequilibrio di disavanzi e debito pubblico”, ha detto, senza nascondere però che “il livello crescente dello stock di debito pubblico non consente di interpretare in modo men che rigoroso il sentiero di risanamento. Sarebbero gli stessi mercati a punire questa scelta”.

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Commento di Oliviero Mannucci: Chi segue questo blog, sa quante volte ho detto che la politica di austerity e rigore imposta dalla Merkel non ha fatto altro che aggravare la situazione.  Tra l'altro l'austerity e il rigore, soprattutto in Italia l'hanno scontata i cittadini e la stanno ancora scontando. I politici non ne sono minimamente stati toccati, loro hanno mantenuto posto di lavoro, stipendi elevatissimi, privilegi. Non si lamentino poi i politici se aumenta l'astensionismo elettorale e se alla fine andremo a stanarli a Montecitorio per prenderli a sacrosante bastonate. Seneca diceva: se la politica non si occupa di te, tu non ti occupare della politica. Questo è giusto, ma c'è un limite a tutto, non si può diventare complici di chi continua a saccheggiare lo stato italiano fregandosene altamente dei problemi reali dei cittadini. Se non ci sarà un cambiamento di rotta da parte di chi governa, si passerà presto ai fatti! Che non si lamentino poi i nostri LADRONI D'ITALIA!

lunedì 27 maggio 2013

Elezioni amministrative, vince l’astensionismo. A Roma Marino oltre il 41%, Alemanno fermo al 30%. Exit-poll, scrutinio, risultati

Ballottaggio al Campidoglio. Siena, Brescia, Pisa, Treviso, Vicenza, Ancona e Imperia le altre città più importanti. Flop dei grillini

 
Occhi puntati sul nuovo sindaco di Roma: è sfida Gianni Alemanno contro Ignazio marino
Elezioni amministrative 2013: il primo partito è l’astensionismo, cresciuto quasi del 12% rispetto alle precedenti consultazioni. Un calo netto. Sebbene inferiore alle previsioni di domenica. Ha votato il 62,38% degli elettori a livello nazionale. Il dato è di quasi 15 punti percentuali inferiore rispetto alle precedenti consultazioni omologhe.

IL CALO DELL’AFFLUENZA clicca la tabella per ingrandirla
 

PD PRIMO PARTITO NELLA CAPITALE- Proiezioni Piepoli su Roma per il Tg3: si va verso il ballottaggio Marino-Alemanno. Ignazio Marino, candidato del centrosinistra, è avanti con il 41,4%, il sindaco uscente del centrodestra è fermo al 30,3%. Dietro ci sono De Vito al 12,8 e Marchini al 9,7. Si va verso il ballottaggio per il Campidoglio. La proiezione Tecné per Sky assegna invece a Marino il 42,6% e ad Alemanno il 28,3%. Quanto ai partiti, per Piepoli il Pd è al 24,7%, il Pdl al 18,5%, l’M5s al 14,4%. Questi i dati, con una copertura del 23,1%.
Tonfo del Movimento 5 stelle: i grillini hanno già stufato? – VOTA 
QUINDICI CAPOLUOGHI – Il fantasma dell’astensione si aggira anche per Roma e  gli altri 15 capoluoghi di provincia in cui si è votato per il rinnovo del sindaco. Cifre mai raggiunte prima, a livello locale. Un segnale di cui i partiti dovranno necessariamente tenere conto. Soltanto Viterbo è controtendenza.
ROMA FERMA AL 52,8% – Nella Capitale si gioca la partita più importante per il sindaco: a Roma i votanti sono calati addirittura del 19%. Un elettore su due non ha votato. Il dato del del 52,8% è di quasi 21 punti percentuali inferiore rispetto alle precedenti omologhe, quando votò il 73,6%. Lo si apprende dal sito del Viminale. Hanno inciso, secondo gli osservatori, la concomitanza con il derby di Coppa Italia Roma-Lazio (VIDEO) e il maltempo. Siena (dopo lo scandalo Montepaschi che ha dilaniato il Pd), Brescia, Pisa, Treviso, Vicenza, Imperia e Ancona, le città più importanti.
TONFO DI M5S IN VAL D’AOSTA – Gli elettori sono stati chiamati al voto anche in Valle d’Aosta per il rinnovo del consiglio regionale: i risultati, già noti, non danno sorprese, vista l’affermazione come da tradizione, di Union Valdôtaine e Union Valdôtaine Progressiste, che raccolgono rispettivamente il 33,47 e il 19,21% dei voti: insieme, avranno 20 dei 35 seggi a disposizione. Cinque anni fa correvano insieme, e raccoglievano il 44,39%. A sorpresa, però, il Movimento 5 stelle qui non capitalizza l’appoggio ai comitati No Tav: i grillini si sono fermati al 6,6%, ben al di sotto del 18,5% che avevano conquistato alle Politiche del febbraio scorso.
LE ALTRE CITTA’: TENGONO I VECCHI PARTITI - Tra gli altri comuni al voto, quelli tenuti maggiormente sotto osservazione sono Siena, dove il dominio storico del centrosinistra potrebbe subire contraccolpi dalle inchieste sul Monte dei Paschi di Siena; e Imperia, città di Claudio Scajola. Significativi per dimensioni sono anche Pisa, Brescia, Vicenza e Treviso, che è l’unico comune in cui il sindaco uscente è della Lega Nord. Tuttavia il Carroccio sembra essere stato penalizzato dagli elettori: Giancarlo Gentilini, stando alle prime schede scrutinate, è infatti indietro di oltre 10 punti rispetto al candidato di centrosinistra Giovanni Manildo. In tutti questi comuni, dalle prime sezioni emerge un tendenza al calo del Movimento 5 Stelle e una discreta tenuta dei cosiddetti partiti tradizionali.
ALEMANNO: “PER ME LA PARTITA È APERTA” - “Per me la partita è aperta: bisogna combattere fino alla fine per il bene di Roma”. Lo ha detto il candidato del centrodestra, Gianni Alemanno, dopo le prime proiezioni dalla sede del suo comitato elettorale. “Il ballottaggio non è il secondo tempo di una partita ma una partita totalmente diversa”, ha detto Alemanno. “Il dato importante è l’astensione e per questo dobbiamo portare tutti al voto”, ha aggiunto. “Dobbiamo portare al voto metà dei romani, bisogna capire il perché dell’astensionismo soprattutto dei giovani”. “Credo – ha aggiunto Alemanno – che il dato evidente più importante è che comunque arriviamo al ballottaggio”.
MARINO È SODDISFATTO - Ignazio Marino si è detto “soddisfatto” dei primi risultati delle elezioni comunali di Roma. Lo si apprende da fonti vicine al candidato del centrosinistra a sindaco di Roma. Marino sta seguendo in tv lo spoglio da casa. “In questa città c’è desiderio di cambiare. Di uscire dalla palude. Ora ne abbiamo la possibilità. In queste due settimane io continuerò ad ascoltare tutti i cittadini”.
I GRILLINI AMMETTONO (IN PARTE) LA SCONFITTA – “Un certo calo c’è, ma non ci sembra così vistoso. Non è un risultato così negativo come viene detto”. E’ il primo commento alle proiezioni del candidato sindaco di Roma M5S Marcello De Vito. “Il nostro 13-14% va paragonato al 16,64% delle regionali di febbraio – ha detto De Vito -. Entriamo in Consiglio e faremo una bella opposizione. I partiti hanno fatto un grosso investimento economico e hanno intercettato i voti. I giornali hanno parlato poco di noi. Anche Marchini col suo 10% ha tolto anche a noi”.

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Commento di Oliviero Mannucci: Il primo partito oggi in Italia è quello dell'astensionismo del quale faccio parte anche io, perchè non ci fate governare a noi, visto che siamo la maggioranza? 

mercoledì 22 maggio 2013

Figure di merda? Il grillino Sibilia umilia il “signor Letta” sul signoraggio bancario

Il deputato del Movimento 5 Stelle incalza il premier anche sul debito pubblico e nel corso del suo intervento si rivolge più volte a lui chiamandolo "signor Letta". La vicepresidente della Camera, Marina Sereni, interrompe l'esponente grillino e lo invita a rivolgersi al presidente del Consiglio "in maniera appropriata"

Il grillino Sibilia umilia il “signor Letta” sul signoraggio bancarioC.N.22 Maggio 2013 – Il parlamentare Carlo Sibilia del Movimento 5 Stelle ha tenuto un discorso in Parlamento che ha molto messo in imbarazzo il premier Enrico Letta per tutto ciò che riguarda il signoraggio bancario, Mes e debito pubblico, esordendo così: “Mi spiega qual è il nesso tra banche e stati oggi Sig letta ? mi spiega qual è questo nesso se la banca centrale europea è di fatto di proprietà delle banche centrali nazionali? Diremmo benissimo se le banche centrali nazionali fossero di proprietà dei cittadini, dello stato. peccato però che le banche centrali nazionali siano, di fatto, banche di proprietà di istituti di credito PRIVATI”.
“L’esempio è la banca d’Italia  - spiega Sibilia – che non è di proprietà dei cittadini italiani come il nome potrebbe lasciar pensare, ma bensì di proprietà di Intesa San Paolo, MPS, Unicredit, assicurazioni generale, tutte spa. Tutte trasparentemente elencate sul sito della Banca d’Italia. Quindi è come dire che dei soggetti privati siano proprietari della nostra moneta e ce la prestino richiedendola indietro con interesse”.
“Ma se la moneta è dei cittadini, degli stati – si chiede il deputato grillino – allora perché ce la prestano? ha mai sentito parlare di signoraggio bancario sig. Letta? ne parlate mai alle riunioni del club Bilderberg? club di cui lei, il suo predecessore Mario Monti, Emma Bonino guarda caso suo ministro degli esteri e Mario Draghi guarda caso direttore della Bce fate parte”.
“Gli istituti privati  - prosegue Sibilia – stampano moneta cedendola in prestito e richiedendone restituzione con interesse per creare questa spirale di stritolamento che si chiama debito. Il consiglio europeo è responsabile di un Europa non fondata sui diritti, non fondata sulla solidarietà tra i popoli, ma di un Europa fondata sul debito. Debito come strumento di schiavitù degli stati”.
Dica questo al presidente Van Rompuy – suggerisce il parlamentare in occasione dell’incontro di Letta a Bruxelles – E poi chi è questo Van Rompuy? chi lo ha eletto? io so che lei lo conosce sig. Letta perché anch’egli guarda caso è parte del club Bilderberg. ma sappia che i cittadini italiani non sanno per nulla chi sia e da dove venga questo personaggio che non è mai stato eletto in nessuna elezione nazionale e presiede un organismo che condiziona gran parte delle scelte dei cittadini europei e di tutto il mondo”.
“Si ricorda il tormentone “ce lo chiede l’europa” – chiede il grillino al premier – bene allora dica a van Rompuy che “glielo chiede l’Italia” , dica da parte nostra che l’Italia rifiuta il MeccanismoEuropeodiStabilità mostro giuridico e anticostituzionale!, dica da parte nostra che riteniamo questa politica di scatole cinesi, austerithy, fiscal compact, patto di stabilità: non essere la politica dell’Italia!”
“Dica da parte nostra  - incalza Sibilia – che l’Italia ha bisogno di visione politica e non di riforme imposte dall’europa come egli stesso auspicava, dica che, in merito all’evasione fiscale, ci prenderemo subito gli 80 miliardi evasi dal circuito delle slot machine, dica che sigleremo convenzioni in favore della trasparenza bancaria con i paradisi fiscali di tutta Europa che generano evasione per decine di miliardi di euro e con i quali siamo stati sempre fin troppo tolleranti se non protettivi, dica che ripristineremo il reato di falso in bilancio”.
“Sig. Letta  - prosegue – lo sappiamo che lei non dirà mai nulla di tutto questo a Van Rompuy, non per una questione di coraggio quello forse, se è lì dov’è, non le manca, ma perché da oltre 15 anni l’Italia che avete costruito voi partiti PD e PDL, ormai modello Unico è diventata un servile scendiletto dei banchieri di tutta europa. ma sappia, sig Letta, che i cittadini italiani qui fuori vorrebbero che lei dicesse ciò le abbiamo suggerito noi. Adesso – conclude Sibilia – pensi a quello che ha in mente di dire Lei domani (oggi ndr) e ne tragga le sue conclusioni”.
Tra l’altro, nel corso del suo intervento, Sibilia si rivolge più volte al premier chiamandolo "signor Letta" e la vicepresidente della Camera, Marina Sereni, interrompe l'esponente grillino e lo invita a rivolgersi al presidente del Consiglio "in maniera appropriata".

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martedì 21 maggio 2013

Bilderberg 2013: verso Google-Berg e il transumanesimo?


La stampa non mainstream svela luogo e data della riunione del Bilderberg 2013: appuntamento dal 6 al 9 giugno al Grove Hotel a Watford (Regno Unito), sede da anni anche della celebre Conferenza Zeitgeist di Google. Il Bilderberg è ad una svolta, con una vision del mondo collegato perennemente alla rete internet?

Le riunioni del gruppo Bilderberg sono state sempre ammantate da un alone di mistero, tanto che fino allo scorso anno solo alcuni media, quelli cosiddetti di controinformazione, scovavano e spesso anticipavano il luogo dove i potenti del mondo si incontravano a porte chiuse e in gran segreto, naturalmente solo per discutere della pace e del benessere del mondo.

Nel 2012, a sospresa, il gruppo Bilderberg ha cambiato invece strategia, pubblicando con un leggero anticipo non solo dove l'elite, politica-finanziaria-accademica, si sarebbe riunita ma anche la lista dei partecipanti al meeting. Nonostante questo, come al solito la copertura dell'evento da parte dei media mainstream è stata quasi inesistente, sebbene dal 31 maggio al 3 giugno 2012 a Chantilly si è riunita la crème de la crème mondiale, da Joaquín Almunia, Commissario europeo per la Concorrenza, ad Eric Schmidt, Ceo di Google. Naturalmente, anche l'Italia è sempre ben rappresentata al Bilderberg1, e proprio lo scorso anno ha debuttato (almeno ufficialmente) l'attuale premier italiano Enrico Letta, che poi su Facebook ha immediatamente tentato di rassicurare: "Non era la piovra soffocante che decide dei destini del mondo, incurante dei popoli e della democrazia". D'altronde, è noto che il Bilderberg è solo una riunione di filantropi. Se Enrico Letta parteciperà anche quest'anno non è ancora dato sapere, visto che per il momento la lista dei partecipanti non è stata ancora divulgata, mentre fonti di stampa hanno già svelato luogo e data del Bilderberg 2013. Indiscrezioni vorrebbero infatti che il meeting del gruppo Bilderberg 2013 si terrà nel Regno Unito dal 6 al 9 giugno, presso il lussuoso Grove Hotel a Watford.

Interessante notare come il Grove Hotel a Watford è dal 2007 anche la sede della Conferenza Zeitgeist di Google, che quest'anno precede solo di pochi giorni il meeting del gruppo Bilderberg. Alex Jones, speeker radiofonico americano e gestore dei siti Infowars e Prison Planet, in un articolo2 scritto a quattro mani con Paul Joseph Watson, ricorda come lo Zeitgeist di Google viene descritto dal London Independent come una sorta di "versione tenera del Bilderberg", tanto da ribattezzare il meeting a porte chiuse di quest'anno con un emblematico "Google-Berg".

Eric Schmidt è un habitué del meeting a porte chiuse, ma non è solo questo ad aver convinto Alex Jones del fatto che la visione del mondo di Google avrà sempre maggiore influenza nelle riunioni del Bilderberg, impregnando con il suo zeitgeist, in senso filosofico, sempre di più la politica mondiale. Il "polifemo" di Mountain View, infatti, ci vede bene e ci vede lungo, tanto che il monocolo di Google sembrerebbe avere la capacità di riuscire a monitorare e controllare il comportamento delle persone in tutto il mondo attraverso diversi tipi di mezzi e prodotti, non ultimi i Google Glass che potrebbero diventare gli occhi e le orecchie del Grande Fratello prossimo venturo.

Ma quale dovrebbe essere la vision di un possibile "Google-Berg"? Alex Jones pare avere pochi dubbi: l'obiettivo è la nuova religione del transumanesimo, alla quale tutti inevitabilmente devono prima o poi aderire se non vogliono essere considerati come dei "selvaggi sub-umani". Eric Schmidt in passate dichiarazioni non sembra aver mai nascosto il sogno di un mondo collegato perennemente alla rete internet, dove l'individualità e la privacy sono solo un lontano ricordo: "Non abbiamo bisogno di digitare nulla. Sappiamo dove sei. Sappiamo dove sei stato. Siamo in grado più o meno di sapere che cosa stai pensando. - avrebbe sostenuto il Ceo di Google - Sappiamo tutto quello che stai facendo e il governo può tenerne traccia". Una filosofia, questa, che da qualche tempo sembra avere illustri testimonial (persino politici) anche in Italia.

lunedì 20 maggio 2013

SCANDALO PARLAMENTARI IGNORANTI hanno votato il fiscal compact ma non sanno cosa sia...




L'Italia sta Diventando una Dittatura Fondata sul Suicidio

 

Il titolo parla già chiaro e non c'è bisogno di dilungarsi in tanti discorsi, cosa che già fanno i politici da anni senza risolvere nulla, anzi semmai il contrario, aggravando ulteriormente la situazione dei cittadini. Anche le istituzioni sono coinvolte nel massacro che è in atto, pianificato da una ricca èlite di banchieri usurai criminali, appoggiati e supportati dalle stesse istituzioni, anche se si potrebbe dire direttamente che questa banda di massoni deviati hanno ormai la faccia tosta di detenere cariche istituzionali, muovendosi indisturbati davanti ai vostri occhi, senza più quel bisogno di agire tanto nell'ombra.


Se credete che il titolo del post sia un'esagerazione vi invito a fare una ricerca su google news, scrivete "suicidio" e vi accorgerete da soli che cosa sta succedendo ogni giorno. Ci sono persone così disperate che stanno pensando come ammazzare i propri figli e poi di come farla finita. 


Con i mezzi democratici che abbiamo a disposizione, possiamo fare ben poco per aiutare queste persone in difficoltà, è anche vero che esistono vari movimenti nati di recente che possono intervenire, ma solo in alcuni casi è possibile avere la meglio, ad ogni modo non estingueranno il problema alla radice. Lo Stato non funziona, così come qualsiasi politico, che non potrà mai risolvere interamente le questioni, al massimo potrà cercare di alleviare o allungare le sofferenze dei cittadini, il suo scopo primario sarà mantenere la propria posizione e continuare a riempire il proprio portafoglio.

Questo stato fondato sul debito, cioè su un denaro utilizzato solo per schiavizzare le masse, non ha ragione di continuare ad esistere, se non a permettere ancora a pochi ricchi di portare via quel poco che ci è rimasto. E' arrivato il tempo di fermarsi e non alimentare più un sistema bestia che non ha nulla da offrirci ma al contrario solo da toglierci. Non servono a niente le manifestazioni in piazza che durano un giorno, spesso organizzate dagli stessi poteri, quello che serve è uno sciopero generale ad oltranza e non mi stancherò mai di dirlo. 

La ruota gira signori, continuare a far finta di niente sperando che domani non tocchi a voi o ai vostri figli una situazione scomoda è solo una mera illusione, chiudete i conti bancari, non fate più benzina, consumate solamente prodotti locali, boicottate qualsiasi grande marchio, perchè anche questo significa fermarsi, purtroppo in pochi l'hanno capito.

Se continuerete ad alimentare la macchina che vi sta consumando lentamente e ad accettare passivamente ogni comando, leggi, paradigmi o ideologie imposte dai poteri, utili solo a dividerci, siete già condannati alla massima schiavitù orwelliana. Poi non dovete stupirvi se incontrate per strada persone disperate con un piccone in mano che vi vogliono spaccare il cranio, in fondo loro sono delle vittime dello Stato, i veri carnefici sono ben altri, con la complicità dei politici, che oltretutto andate a votare, perchè vi hanno insegnato che il voto è un diritto, un dovere e, non una forma di schiavitù. Che cosa ci guadagnate realmente andando a votare? Molti dicono che bisogna scegliere il male minore, forse perchè non hanno mai conosciuto il bene maggiore che inizialmente è solo ed unicamente dentro noi stessi!

Quindi concludendo, che fare per arrestare o prevenire questa ondata di malessere generale che porta al suicidio, creato intenzionalmente per depopolare silenziosamente da coloro che da anni decidono per noi? Rispondo con una domanda: come hanno fatto gli schiavi incatenati tempo fa a liberarsi dalle catene? Si sono ribellati e non hanno più accettato di sottostare ai loro padroni. La tua consapevolezza dove arriva, preferisci continuare ad essere uno schiavo o provare a liberarti e conoscere, almeno per una volta nella tua vita, che cosa significhi essere davvero libero?

Richie Havens - Freedom
 
 

sabato 11 maggio 2013

Migliaia di multe cancellate a deputati e senatori: l'inchiesta

Nell'ufficio contravvenzioni del Comune di Roma era stato creato una sorta di ufficio preposto all'insabbiamento dei verbali 



Parlamentari, ma anche poliziotti e carabinieri. Godevano di un trattamento speciale: bastava una telefonata per cancellare una multa. E successo all'Ufficio contravvenzioni del Comune di Roma dove, a partire dal 2011, sarebbe operativo un "reparto speciale" capace di insabbiare migliaia di verbali. Un ufficio "colpo di spugna" di cui hanno goduto soprattutto le auto blu di senatori, deputati e funzionari dello Stato.
Lo scandalo è emerso nel corso delle indagini della Procura che hanno condotto all'arresto di Tiziana Diamanti e Angelo Vitali, due dipendenti dell'Ufficio e sembra essere solo all'inizio. Non è ancora chiaro quanti favori siano stati fatti. Non si conoscono le persone coinvolte. E non si è ancora fatta chiarezza sull'origine dei favori. Mazzette, corruzione o abuso di potere? Pochi ancora gli elementi nelle mani degli inquirenti. Le indagini si basano sulle dichiarazioni di due funzionari.  A denunciare gli insabbiamenti è stato Pasquale Pelusi, direttore del dipartimento Risorse economiche dell'ufficio, insospettito dall'improvvisa scomparsa di un numero di verbali troppo consistente per essere casuale. E poi ci sono le parole di uno degli arrestati, Tiziana Diamanti. La donna ha ammesso di aver cancellato i verbali ma ha aggiunto di averlo fatto eseguendo gli ordini dei superiori.
Non sarà facile individuare i colpevoli: a complicare l'inchiesta è la scomparsa del materiale cartaceo che costituirebbe la prova del reato. Solo con quei documenti sarà possibile capire se le operazioni sono state condotte per favorire un gruppo privilegiato di cittadini escludendoli dal pagamento delle contravvenzioni. Molti sono i punti interrogativi. Non è ancora chiara la dimensione dello scandalo, il numero delle persone coinvolte.

(Affaritaliani.it)

Commento di Oliviero Mannucci: Ecco perchè l'Italia va male e non andrà mai bene, perchè è piena di ladroni e lestofanti, ma no, non parlo di cittadini comuni,  ma di chi dovrebbe far rispettare l'ordine e dovrebbe dare l'esempio!!!!! VERGOGNA!!!!! Poi chiedono i sacrifici agli italiani, dovete pagare l'IMU, bisogna eliminare l'evasione fiscale e via dicendo. I primi ad evadere sono proprio loro! VERGOGNA!!!!

giovedì 9 maggio 2013

Oskar Lafontaine: “BASTA CON L’EURO, STA PORTANDO AL DISASTRO”



Oskar Lafontaine, il ministro delle finanze tedesco che lanciò l’Euro, ha chiesto la fine della moneta unica per permettere la ripresa dell’Europa del sud, avvertendo che il percorso attuale sta “portando al disastro.”

 

“La situazione economica sta peggiorando di mese in mese, e la disoccupazione ha raggiunto un livello che mette sempre più a rischio le stesse strutture democratiche” ha detto.  “I tedeschi ancora non hanno realizzo che i paesi dell’Europa meridionale, compresa la Francia, prima o poi saranno costretti dalla miseria a combattere contro l’egemonia tedesca” ha detto, attribuendo gran parte delle responsabilità della crisi alla compressione salariale della Germania per guadagnare quote di esportazione.
(The Telegraph)
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Questa volta non è da Oltremanica dove gli euroscettici del partito Ukip nelle elezioni locali di giovedì scorso in Inghilterra e Galles hanno ottenuto un successo esplosivo sulla scena politica britannica, ma è dalla Germania che soffia sempre più forte aria di fronda contro il progetto dell’Europa unita.
Anche chi è stato fra i più strenui sostenitori dell’euro sta cambiando idea. E’ il caso di Oskar Lafontaine, l’ex ministro delle finanze tedesco, le cui parole fanno eco a quelle pronunciate dal capo del Tesoro francese, Pierre Moscovici, secondo cui “e’ giunta la fine del dogma of austerity”.
Ebbene, fra il 1998 e il 1999 ha lavorato alacremente nella squadra che si è occupata di supervisionare il varo dell’euro; oggi è un’altra storia: è finito a militare nelle fila dei più accesi euroscettici. Come ricordato dal giornalista Ambrose Evans-Prithard del quotidiano britannico The Telegraph, Lafontaine è arrivato a chiedere un break-up della moneta unica per consentire che l’Europa meridionale possa tornare a crescere. (e Wall Street Italia aveva infatti parlato del caso Fontaine.
“La situazione economica sta peggiorando di mese in mese, la disoccupazione ha raggiunto livelli che mettono in dubbio la democrazia”, ha denunciato. A suo avviso “i tedeschi non hanno ancora capito che l’Europa meridionale, tra cui anche la Francia sarà costretta per uscire dallo stato di miseria a combattere contro l’egemonia tedesca prima o poi”, colpevole di guadagnare continuamente quote sull’export.
Lafontaine sul sito web del Partito della Sinistra tedesca si è rivolto direttamente alla Cancelliera tedesca, Angela Merkel, dicendole di svegliarsi dal suo torpore ipocrita e di pensare per una volta anche ai Paesi in difficoltà per forzare un cambiamento nella politica a spese degli elettori tedeschi.
Una tesi forte che si ritrova nelle dichiarazioni del ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici che ha chiesto la fine delle politiche di austerità, perché non ci siano strappi nelle relazioni fra Parigi e Berlino.
Sempre più economisti osservano che la moneta comune avrebbe potuto essere sostenibile se i Paesi della zona euro avessero concordato una politica salariale comunitaria. Invece così non è stato perché – spiegano – “le istituzioni stabilite per il coordinamento sono state aggirate dai governi e oggi il sistema non funziona”. Una recente analisi riportata dal quotidiano, Handelsblatt, ha segnalato come Grecia, Portogallo o Spagna dovrebbero contrarre i loro salari del 20-30% per essere di nuovo competitivi, mentre la Germania dovrebbe apprezzarli di un ulteriore 20%.
Qualche esperto di mercato ammette l’evidenza e riconosce che “se apprezzamenti e svalutazioni in tal senso non sono possibili, è meglio dire addio alla moneta comune“. In fondo “sarà necessario imporre rigorosi controlli di capitale per regolare i flussi di capitale. Ma dopo tutto – ricorda – l’Europa ha già compiuto questo primo passo con il caso Cipro”.
Durante il periodo di transizione, l’Unione europea dovrà fornire aiuti ai Paesi che dovranno effettuare svalutazioni per evitare un collasso. Ma c’è anche qualche economista che abbozza a una soluzione.
“Una pre-condizione per far funzionare il sistema monetario europeo sarebbe quello di riformare il settore finanziario come se fosse una cassa di risparmio pubblica”. Come ricorda la saggezza popolare, la speranza è sempre l’ultima a morire, ma gli ultimi dati macro sulla disoccupazione in Europa la soffocano.
(WallStreetItalia)

lunedì 6 maggio 2013

IL GOVERNO “ALF-ETTA”: PIU’ BIANCO NON SI PUO’!



“L’Italia è un paese da distruggere, un posto bello e inutile, destinato a morire, dove tutto rimane uguale, immobile, in mano a dinosauri…” (da La Meglio Gioventù)
 
 


“THE WINNER IS…”
Giorgio Napolitano! Finalmente il Parlamento, dopo prolungato travaglio, è riuscito a partorire un nuovo nome per lo scranno più alto di Roma.
Beh, “nuovo” non è forse l’aggettivo più indicato… Diciamo che, quantomeno, la benamata “partitocrazia” ha cavato fuori qualcosa dal cilindro!
Certo, non proprio il Bianconiglio… Ma “Italialand” ha ben poco del Paese delle Meraviglie, apparendo piuttosto un gingillo disgraziatamente finito nelle mani di una classe politica infantile e trastullante...

La (ri)nomina quirinalizia ha assunto una valenza propriamente reazionaria, conservatrice, in perfetto stile “ancien régime”. Eppure, in soli due mesi, molto è già cambiato: si è assistiti, di fatto, alla trasformazione in senso semipresidenziale della Repubblica ed alla nascita del primo governo -per alcuni “fantoccio”- del Presidente!
Tutto ciò, è bene ricordarlo, “a Costituzione invariata”...
Dove trae fondamento giuridico, or dunque, il nuovo assetto politico-istituzionale?
Verrebbe da pensare all'esistenza di una “Costituzione ombra”: una Carta segreta, a metà tra le leggi di Murphy e le tavole mosaiche, i cui principi o massime fondamentali possiamo solo maliziosamente immaginare...
 

I LEGGE DI NAPISAN:
“Se cerchi il futuro, guardati alle spalle…”
Il messaggio lanciato, perfino “urlato”, dalla maggioranza degli italiani alle ultime Politiche (dal 25% degli elettori del movimento antisistema di Grillo, come dal 25% di coloro che hanno disertato le urne) è stato forte ed inequivocabile: “vogliamo cambiamento, rinnovamento, pulizia!”. 
Come il Parlamento -il più giovane della nostra Repubblica- ha risposto a questo grido? Rieleggendo al Quirinale, per un altro mandato settennale, un degnissimo signore di 88 anni.

Dopo le elezioni politiche faunisticamente più stravaganti della storia (trasformate in una gara tra lepri, giaguari, grilli e caimani, mentre nei talk show i candidati esibivano le proprie bestiole domestiche), mancava solo ritrovarsi un gattopardo al Colle, 101 sciacalli nel Pd… e 1007 struzzi in Parlamento! 
Mai disperare: almeno i partiti hanno risposto agli inviti ad un ricambio generazionale. Se le risposte, però, si chiamano Letta ed Alfano, come non chiedersi se hanno sbagliato domanda???
II LEGGE DI NAPISAN: 
“Se vuoi galvanizzare i parlamentari, strapazzali… ma non di coccole!”
Nel film “Sogni d’oro”, Nanni Moretti strappava una calorosa standing ovation, ad un pubblico teatrale fin lì alquanto apatico, intonando un chiaro e forte: “Pubblico di merda! Pubblico di merda! Pubblico di merda!”. 
In occasione del discorso di re-insediamento di Giorgio II, non pochi increduli spettatori avranno avuto l’impressione di assistere ad un remake improvvisato di quella scena! Più il vecchio Presidente rincarava il suo atto d’accusa nei confronti di una classe politica messa pubblicamente in croce, inchiodata alle proprie responsabilità, più i parlamentari rispondevano commossi con applausi a scena aperta, scorticandosi le mani! 
“Se mi troverò dinanzi ad assurdità, come quelle appena passate, non esiterò a trarne conseguenze dinanzi al Paese!”, concludeva il suo discorso. Ed ecco, in un’Aula Montecitorio sempre più estasiata, riecheggiare in sottofondo una sola invocazione: “Santo subito”!

III LEGGE DI NAPISAN:
“Se sei convinto che Berlusconi sia politicamente morto, per non ricrederti, aspetta almeno tre giorni…”
Tre giorni: tanti sono bastati al Pd per “concordare di non saper concordare” su altro nome all’infuori di Napolitano!
Il tutto con la “viva e vibrante soddisfazione” di Berlusconi, unico vero vincitore della partita per il Quirinale, segnando con scioltezza due gol a porta sguarnita:
il primo, assicurandosi alla Presidenza, più che un mastino napoletano, un “cagnolino di guardia” della Costituzione (un Presidente “mani di penna” pronto a controfirmare qualsiasi testo di legge gli si sottoponga e sempre vigile contro ogni “eccesso d’indipendenza” di stampa e magistratura: persino capace di porsi in conflitto con una Procura ed ottenere la distruzione di intercettazioni che lo riguardavano, con ciò conquistandosi la viva e sincera ammirazione di Silvio!);
il secondo, spalancando le porte alla nascita del tanto invocato “governissimo”, di cui la rielezione di Napolitano ha rappresentato solo una prima “prova tecnica d’inciucio” (solo tre giorni dopo il Presidente assegnava a Letta l’incarico per la formazione del nuovo esecutivo).
Altro che “non vittoria” (altra “genialata comunicativa” dell’astro morente della politica italiana, Bersani): le elezioni del 25 febbraio hanno segnato una vera “debacle” per il Pd!

IV LEGGE DI NAPISAN:
“Se una rotta conduce alla deriva, sarà certo seguita dal Pd…”
La Sinistra si è sempre contraddistinta per tratti di puro “masochismo”: una pulsione autodistruttiva sintetizzabile nello slogan “facciamoci del male!”. Questa volta, però, il “tafazismo democratico” ha dato la prova migliore di sé in assoluto.
Attaccare oggi il Pd è operazione fin troppo semplice, un po’ come sparare sulla Croce Rossa… Ma come rimanere inermi dinanzi all’ennesimo “disastro politico” di un Partito capace di collezionare una sfilza di disfatte tali da far impallidire la macchina da guerra del funesto Occhetto?
La cosa più di sinistra che Bersani è riuscito ad esternare in campagna elettorale -mentre molti stavano ancora a chiedersi il senso della metafora del passerotto in mano e del tacchino sul tetto…- è stata “smacchieremo il giaguaro”. Come sorprendersi, allora, se la “lepre di Bettola” è finita stordita da un Grillo e sbranata da un Caimano? 
Passi l’avallo al governo Monti (allorquando al Pd, con un po’ di coraggio in più, sarebbe bastato un ritorno anticipato alle urne per realizzare la sua “mission” storica: polverizzare Berlusconi!); passi la rinuncia a far campagna elettorale (rassicurati da sondaggi preannuncianti una vittoria “a mani basse” del centrosinistra); passi l’orgogliosa riottosità nell’accettare la candidatura Rodotà (come aspettarsi, del resto, che un partito di Sinistra sostenesse una candidatura di Sinistra???). Ma quanto tempo dovrà passare per far dimenticare la “figuraccia” del Pd nel raggiungere una “vaga intesa” su di un nome per il Quirinale?
Il “Titanic democratico”, sotto l’abile guida di un Bersani emulante le gesta di capitan Schettino:
giovedì 18 aprile, affondava Marini (la cui candidatura, emersa a sorpresa nella notte, cancellava con un “colpo di spugna” la linea politica seguita per 50 giorni dal Partito);
venerdì 19, affondava Prodi (il cui nome era emerso frettolosamente in mattinata per correre ai ripari, stravolgendo nuovamente quel pò di logica politica sottostante la candidatura Marini);
sabato 20, recuperava dagli abissi il relitto di Napolitano (cui ci si è, infine, disperatamente appigliati per mancanza di altre scialuppe!).
Non è chiaro se i parlamentari democratici, molti alla prima esperienza, abbiano scambiato la partita politica per il Quirinale per una partita di battaglia navale... E non è chiaro se, quantomeno, ne conoscessero le regole del gioco, essendosi colpiti ed affondati da soli! 
In appena quattro mesi (due di campagna elettorale, due post elettorali), Bersani è riuscito a sfasciare un partito che vantava 3 milioni di “fessi” disposti persino a pagare pur di illudersi di contare qualcosa! C’è chi sostiene che “in Italia spesso chi ha le idee migliori è un perdente” (Pier Luigi Celli): anche se così fosse, i segretari del Pd rimarrebbero l’eccezione che conferma la regola...

La profezia di Nanni Moretti del 2002 (“Con questi dirigenti non vinceremo mai, non sanno più parlare al cuore, alla testa e all’anima delle persone!”) sembra divenuta una maledizione. Se due indizi fanno una prova, di prove se ne hanno oramai tante da poter pronunciare sentenza:
il Pd vince quando perde le primarie (si vedano le ultime elezioni a Milano, Genova, Cagliari, Palermo, Puglia);
il Pd perde tutte le volte in cui vince le primarie (si veda la disfatta elettorale di Veltroni prima, Bersani poi; non fanno testo i casi Crocetta e Serracchiani, entrambi candidati di rottura che hanno giocato la campagna elettorale tutta “per” il Pd ma “contro” il Pd).
Dal 2002 ad oggi, in realtà, qualcosa è cambiato: nel 2008 è nato il Pd, all’insegna del motto “morti due partiti… se ne fa un altro!”.
Cos’è il Pd?
Il primo esperimento di “vivisezione politica” della storia: un OPM (“organismo politicamente modificato”) creato dalla fusione a freddo tra le due anime storiche del centrosinistra, quella postdemocristiana e quella postcomunista. 
Cosa ha rappresentato il “sogno democratico”, in una formula il veltroniano “Yes, we can”?
Un’illusione (quella di costruire un partito a “vocazione maggioritaria”) frutto di una presunzione (quella di concepire un “partito-coalizione” in un sistema politico non bipartitico) e trasformatasi presto in un incubo (quello di veder presentato come “nuovo” un partito retto dalla vecchia classe dirigente di Ds e Margherita). 
Il risultato?
Un partito né “pesante” (stile ex Pci) né “leggero” (stile ex Forza Italia), bensì “gassoso”, ovverossia inconsistente: un “amalgama malriuscito”, ebbe modo di definirlo Massimo D’Alema; un “tubetto senza dentifricio”, per Arturo Parisi.

V LEGGE DI NAPISAN:
“Avvertenza: occupare a lungo una poltrona può causare dipendenza!”
“Non mi convinceranno mai a restare”: queste le parole di Napolitano, in un’intervista al Corriere della Sera del 14 aprile scorso. Peccato che, trascorsa una settimana, lo stesso si rendesse disponibile ai partiti per un reincarico!
B&B (Bersani and Berlusconi), in pellegrinaggio su al Colle come fosse Canossa, evidentemente hanno offerto al riluttante Giorgione una prospettiva più allettante di quella di trascorrere i suoi ultimi anni in un anonimo B&B (Bed and Breakfast) sull’isola di Stromboli… In fin dei conti, anche senza vista mare, al Quirinale il clima non è poi così male… ed il servizio gratuito ed “All Inclusive”!
VI LEGGE DI NAPISAN:
“Le parole sono importanti: pronunciatele con prudenza!”
“Golpe!”: questo il primo epiteto venuto in mente a Beppe Grillo per commentare la rielezione di Giorgio II. 
“Le parole sono importanti!”, avrebbe risposto il Nanni Moretti di “Palombella Rossa”, per cui è doveroso precisare che si tratta di un’emerita idiozia, di una sciocchezza: anzi, di un’offesa alla lingua italiana!
La ragione? Molto ovvia:
in primis, nessuna norma costituzionale o regola democratica è stata violata;
in secundis, il nome di Napolitano è stato indicato da oltre i due/terzi dell’Assemblea dei grandi elettori.
Detto questo, è sempre legittimo esercitare il diritto di critica, anche nei confronti del Capo dello Stato. Non è un abominio, così, affermare che il secondo mandato presidenziale costituisce una “anomalia costituzionale” senza precedenti nella nostra storia! 
Per comprenderlo, non occorre certo leggere il blog di Grillo. Basta rileggersi l’autorevole parere degli ultimi due presidenti della nostra Repubblica ancora viventi:
◆ Carlo Azeglio Ciampi, rifiutando nel 2006 ogni ipotesi di rielezione, sostenne che la mancata rielezione del Presidente era da considerarsi “una consuetudine significativa da non infrangere”, aggiungendo che “il rinnovo di un mandato lungo, quale quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato”;
lo stesso Napolitano, fino al 7 marzo scorso, ebbe modo di dire che “il già lungo settennato al Quirinale corrisponde bene alla continuità delle nostre Istituzioni ed anche alla legge del succedersi delle generazioni”, ribadendo, il 14 aprile, che la sua rielezione “sarebbe una non soluzione, perché ora ci vuole il coraggio di fare delle scelte, di guardare avanti. Sarebbe sbagliato fare marcia indietro, ai limiti del ridicolo: niente soluzioni pasticciate e all’italiana”. 
Come non giudicare, allora, la rielezione del Capo dello Stato una scelta “ai limiti del ridicolo”, una "non soluzione": anzi, una “soluzione pasticciata e all’italiana”?

VII LEGGE DI NAPISAN:
“Se la Costituzione né funziona né si riforma… basta raggirarla!”
La trasformazione del ruolo del Capo dello Stato è un processo storico che si può far risale addirittura alla presidenza Pertini e si è ancor più palesato sotto la presidenza Cossiga.
Negli ultimi due anni, però, questo processo ha registrato una brusca accelerazione: sotto la presidenza Napolitano, per cause di forza maggiore (la concomitanza di crisi finanziaria e politica), si è assistito ad un’evoluzione della forma di Stato in senso semipresidenziale. 
Sintomi di questa “patologia” -tale in quanto sviluppatasi al di fuori dei canoni della Costituzione- sono stati:
prima, la nascita del governo Monti, un governo tecnico del Presidente;
poi, la rielezione di Napolitano, in netto contrasto con lo spirito dei Padri Costituenti;
per ultimo, la nascita del governo “Alf-etta”, un governo politico del Presidente (formato dietro suo esplicito diktat, assumente come base di programma il rapporto dei dieci saggi di nomina presidenziale e nel quale il Capo dello Stato ha svolto un ruolo decisivo per la formazione della squadra ministeriale). 
Piccolo particolare: ad oggi, l’Italia è una repubblica parlamentare ed il Capo dello Stato è di nomina politica.
Non è augurabile, allora, che il prossimo presidente della Repubblica sia eletto direttamente dai cittadini, piuttosto che da una combriccola di segretari riunitisi in segrete stanze?
Non sono maturi i tempi per una riforma organica della seconda parte della Costituzione? 
E perché mai delegare tale compito ad una fantomatica “Convenzione per le riforme”, quando in Parlamento già sono presenti due apposite Commissioni Affari Costituzionali?

VIII LEGGE DI NAPISAN:
“Se credete nella democrazia rappresentativa e partecipata… avete mai pensato di trasferirvi in Svizzera?”
“Mai e poi mai con Berlusconi!”: questo l’unico slogan vincente del Pd in campagna elettorale, mentre Bersani già strizzava l’occhiolino a Monti… Oh perbacco! Chi avrebbe mai creduto che, dopo poche settimane, i vice di Bersani (Letta) e Berlusconi (Alfano) si sarebbero ritrovati “fianco a fianco” alla guida dello stesso governo?
“Mai e poi mai con Monti!”: questo il messaggio scandito “a caratteri cubitali” da Berlusconi, dopo aver decretato la fine anticipata del governo tecnico… Acciderbolina! Chi avrebbe mai immaginato che, dopo pochi mesi, Pdl e Scelta Civica sarebbero tornati a governare insieme, ricostituendo la stessa maggioranza reggente il governo Monti?
“Mai e poi mai senza Monti!”: questa la litania recitata fino alla noia da Casini, pronto a idolatrare l’ex Premier come un salvatore della Patria… Perdindirindina! Chi avrebbe mai scommesso un cent che sarebbe bastata un’analisi post-voto a suggerire a Casini di prendere le distanze dal Professore?
L’Italia è davvero, per dirla alla Montanelli, “un Paese senza memoria, che ignora il proprio ieri”
Con la “doppia mossa” Napolitano-Letta, la “partitocrazia italiota” ha adottato una strategia di difesa ben precisa: barricarsi dentro il Palazzo, non concedere alcun spiffero al vento del cambiamento, sbarrare le porte per silenziare le piazze, sedersi attorno al tavolo per aiutarsi a rattoppare le vesti a brandelli dei partiti, nel tentativo di ricostruire una “presentabilità perduta”!
In tutto questo, qual è il peso della volontà (sovranità) popolare? Il “governissimo” -benservito, sul piatto del Pdl, dai 101 “franchi tiratori” del Pd- è proprio l’appalesarsi della “paura fottuta” dei partiti di sottoporsi al giudizio degli elettori!
Come stupirsi se è divenuta consuetudine per gli elettori “disertare le urne” (o votare il M5S…) piuttosto che legittimare una classe politica sempre più “aliena”, marziana, capace di rispondere al malcontento crescente solo “blindandosi” e rafforzando le scorte?
IX LEGGE DI NAPISAN:
“Perché invocare una Terza Repubblica… quand’è possibile risuscitare la Prima?”
“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”: ancora una volta sembra avveratasi la celebre profezia di Tancredi ne “Il Gattopardo”.
“Canti di giubilo” si sono alzati alla notizia della nascita del governo “Alf-etta”. Stampa e tv governativa, all’unisono, hanno esaltato gli elementi di novità, giovinezza, parità di genere del nuovo esecutivo… in perfetto stile telegiornali “Istituto Luce” del Ventennio!
Più che incontri segreti, pare che al Palazzo si siano tenute “sedute spiritiche” per risuscitare l’antico, consociativo “spirito Cencelli”, che sembrava sepolto tra le ceneri del ‘900.
Il governo “Alf-etta” costituisce la più intelligente operazione di alchimia politica” possibile per camuffare quello che ha tutte le caratteristiche proprie di un “inciucio” ed occultare la riemersione, dagli abissi della Prima Repubblica, di una “balena bianca”! Si direbbe che, dal tentativo della classe politica di “sbiancare” con un colpo di spugna le proprie macchie, è uscito fuori un governo “bianchissimo”: anzi, il più bianco che si può!

X LEGGE DI NAPISAN:
“Se vuoi giustificare una porcata, basta non chiamarla per nome, appellandosi a formule di distrazione di massa quali governo di servizio…”
Senza giri di parole, la rielezione di Napolitano e la nascita del governissimo sono state le “chiavi di porco” utilizzate dalla “banda del buco” dei partiti per scassinare la democrazia, saccheggiandone la sovranità! Alla fine di questo “Romanzo Quirinale”, politici per anni recitanti la parte di acerrimi avversari, gettata la maschera, si sono seduti allo stesso banchetto, dando al Paese il “benservito”!
Il governo “Alf-etta” è la personificazione del nuovo compromesso storico, con una non piccola differenza: ieri le parti in causa si chiamavao Moro e Berlinguer, oggi Alfano (ancora alla ricerca del “quid” perduto…) e Letta (un giovane già vecchio, cresciuto al latte del seno dello zio!). 
“Di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civilità… Di’ una cosa, di’ qualcosa! Reagisci!”: questo l’appello rivolto a un D’Alema d’annata da Nanni Moretti nel film “Aprile”. Per i strani corsi e ricorsi della storia, nell’aprile appena scorso, la cosa più di sinistra che il Pd è riuscito a dire è stata: “Si a Napolitano, no a Rodotà; si a Berlusconi, no a Grillo”. 
Molti elettori democratici si erano già rassegnati ad ingerire la “pillola Monti”… Nessuno, però, si sarebbe aspetto d’assumere anche la “supposta Berlusconi”! Molti di loro non si chiederanno più “dove ha sbagliato il mio partito?”, bensì “come ho potuto così ingenuamente sbagliare partito?”. 
Ogni espediente comunicativo, stratagemma lessicale, artifizio retorico si è tentato per addolcire il passivo “bunga bunga” richiesto agli elettori di centrosinistra. Qualche esempio? Nessun accenno al termine “inciucio”, solo “governo di servizio”; vietato parlare di “tradimento elettorale”, solo di senso di responsabilità; un tabù le parole “incoerenza” o “trasformismo”, meglio appellarsi al “dovere verso la Patria”…
Le parole d’ordine più correntemente gettate in pasto agli italiani? 
Governo subito, governo purché sia!. Ma perché mai, in democrazia, la prospettiva di un ritorno alle urne sarebbe tanto deprecabile? 
Tornare al voto col Porcellum? Che Dio ce ne scampi!. Verissimo. Ma perché mai dovrebbe ricadere sugli elettori la colpa dei partiti, mostratisi incapaci, in un anno e mezzo di governo Monti, di cambiare la tanto vituperata legge elettorale? E cos’ha impedito al nuovo Parlamento di dedicare i due mesi trascorsi ad approntare subito una riforma elettorale, piuttosto che traccheggiare invano? 
Il governissimo? Non ci sono alternative!. Niente di più falso! Di alternative ve ne sarebbero state almeno tre: governo di scopo (per la sola riforma elettorale) con chi ci sta, governo di cambiamento Pd-M5S, elezioni anticipate a giugno. “Falso” affermare che il M5S si è reso indisponibile a qualsiasi ipotesi di governo: l’indisponibilità era, di certo, nei confronti di un governo di minoranza Bersani. Perché lo “smacchiatore di giaguari” non ha subito fatto un passo indietro, perse le elezioni, per facilitare una convergenza con i pentastellati? E perché, dopo 55 giorni d’inconcludenti avance, Bersani ha voltato le spalle ai grillini proprio quando questi ponevano sul piatto del compromesso il nome di Rodotà? 
Grillo? Inimmaginabile come alleato di governo!. Alla fine nel Partito Democratico ha prevalso la logica gattopardesca, tipicamente sicula, del “megghio u tintu canusciuto ca u bonu a canuscise”Benissimo. Ma come spiegare ai propri elettori d’aver ritenuto il Cavaliere d’Arcore (appena cinque mesi fa staccante la spina al governo Monti) un personaggio più serio ed affidabile? E come reagirà la base del Pd, per mesi rassicurata dal mantra bersaniano del “mai con Berlusconi” e “o governo di cambiamento, o voto”? Di certo, i militanti democratici avranno una (anzi 101) ragioni in meno per difendere il proprio partito dall’etichetta “Pd-menoelle”: Pdl, piuttosto, pare ormai acronimo di “Partito di Letta”!
“Preferisco che i voti vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo”, confessava un ingenuo Letta (Enrico) in tempi non sospetti (13 luglio 2012). Per una volta, un dirigente Pd ne ha “azzeccato” una: alle prossime elezioni, difatti, sarà altamente probabile che molti voti andranno al Pdl… piuttosto che disperdersi verso il Pd! 
A buon intenditor…


“Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene. E tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra” (Don Fabrizio, da Il Gattopardo)
 
 
 
 
 
“IPSE DIXIT” 
(CRONOLOGIA DI UN PARTITO SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI…)
“Occorre un grande patto costituente tra progressisti e moderati che escluda dal governo i populismi di Grillo, Berlusconi e Di Pietro” (Enrico Letta, 26 giugno 2012)

“L’ipotesi di una grande coalizione col Pdl dopo le elezioni è molto lontana. E la lontananza è data dal ritorno in campo di Silvio Berlusconi, che rende questa ipotesi poco credibile” (Enrico Letta, 22 agosto 2012) 

“Quella di una Grande Coalizione col Pdl è una prospettiva completamente affossata dal ritorno di Berlusconi” (Enrico Letta, 23 agosto 2012) 

“Nella prossima legislatura non possiamo governare con un patto politico con Berlusconi (Enrico Letta, 3 ottobre 2012) 

“Tra Pd e Monti ci sarà dialogo e competizione leale. Il nostro avversario comune è Berlusconi” (Enrico Letta, 23 dicembre 2012) 

“Se dovesse esserci necessità di governare con un alleato, non potremmo rivolgerci né a Berlusconi né a Grillo” (Enrico Letta, 28 dicembre 2012) 

“L’alternativa è tra noi e Berlusconi” (Enrico Letta, 4 febbraio 2013) 

“Abbiamo chiaro da tempo che l’errore fatto negli anni Novanta e quando abbiamo governato è stato di non riuscire a fare una buona legge sul conflitto di interessi e la riforma del sistema radiotelevisivo. E anche se i buoi sono scappati dalla stalla, in questa legislatura bisogna rimediare a tutti i costi: il Pd obbligherà Berlusconi a sciogliere i suoi conflitti di interesse se si vuole ricandidare” (Enrico Letta, 21 febbraio 2013) 

“I nostri elettori non capirebbero un accordo con Berlusconi” (Ivan Scalfarotto, 28 febbraio 2013) 

“Lo dico con anticipo, io un’alleanza con Berlusconi non la voto” (Emanuele Fiano, on. Pd, 28 febbraio 2013)

“Il Pd è unito su una proposta chiara. Noi diciamo no a ipotesi di governissimi con la destra” (Anna Finocchiaro, 5 marzo 2013) 

“Non sono praticabili né credibili in nessuna forma accordi di governo fra noi e la destra berlusconiana” (Pier Luigi Bersani, 6 marzo 2013)

“Nel dire no a un governo con Berlusconi non dobbiamo avere alcuna ambiguità (Enrico Letta, 6 marzo 2013) 

“In Italia non è possibile che, neppure in una situazione d’emergenza, le maggiori forze politiche del centrosinistra e del centrodestra formino un governo insieme” (Massimo D’Alema, 8 marzo 2013) 

“Grande coalizione? Fossimo in Germania e ci fosse la Merkel sarebbe la soluzione perfetta. Purtroppo siamo in Italia e c’è Berlusconi, la vedo complicata (Enrico Letta, 8 marzo 2013) 

“Berlusconi oggi propone un governo della concordia. Ma con quale coraggio e con quale coerenza lo fa, dal momento che nell’unico caso in cui sostenevamo lo stesso governo per fronteggiare la crisi più grave del dopoguerra ha tolto la spina prima del tempo solo per i suoi interessi” (Enrico Letta, 20 marzo 2013) 

“Fare cose non comprensibili dagli elettori non sono utili né per l’Italia né per gli italiani. Non mi pare questa la strada” (Beppe Fioroni, 25 marzo 2013) 

“Un governo Pd-Pdl è inimmaginabile” (Matteo Orfini, on. Pd, 27 marzo 2013) 

“Il governissimo predisporrebbe il calendario di giorni peggiori” (Pierluigi Bersani, 8 aprile 2013) 

“Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile” (Enrico Letta, 8 aprile 2013) 

“Nessun governissimo Pd-Pdl” (Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera, 8 aprile 2013) 

“Il governissimo non è la risposta ai problemi” (Pier Luigi Bersani, 13 aprile 2013) 

“Serve un governo di cambiamento vero ed è impensabile farlo con chi in questi anni ha sempre dimostrato di avere idee opposte alle nostre” (Fausto Raciti, on. Pd, 14 aprile 2013) 

“Non c’è nessun inciucio: se questa elezione fosse il preludio per un governissimo io non ci sto e non ci starebbe neanche il Pd” (Cesare Damiano, 18 aprile 2013) 

20 aprile 2013: Giorgio Napolitano viene rieletto alla Presidenza della Repubblica 

“Abbiamo sempre escluso le larghe intese e le ipotesi di governissimo” (Rosy Bindi, 21 aprile 2013) 

“Sono contrario a un governo Pd-Pdl” (Andrea Orlando, on. Pd, 22 aprile 2013) 

“Non si può riproporre qui una grande coalizione come in Germania. Non ci sono le condizioni per avere in uno stesso governo Bersani, Letta, Berlusconi e Alfano” (Dario Franceschini, 23 aprile 2013)

28 aprile 2013: Il governissimo “Alf-etta” presta giuramento al Quirinale