IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

lunedì 30 dicembre 2013

Noam Chomsky, “ecco 10 modi per capire tutte le menzogne che ci dicono”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Noam Chomsky, padre della creatività del linguaggio, definito dal New York Times “il più grande intellettuale vivente”, spiega attraverso dieci regole come sia possibile mistificare la realtà
 
La necessaria premessa è che i più grandi mezzi di comunicazione sono nelle mani dei grandi potentati economico-finanziari, interessati a filtrare solo determinati messaggi.
1) La strategia della distrazione, fondamentale, per le grandi lobby di potere, al fine di mantenere l’attenzione del pubblico concentrata su argomenti poco importanti, così da portare il comune cittadino ad interessarsi a fatti in realtà insignificanti. Per esempio, l’esasperata concentrazione su alcuni fatti di cronaca (Bruno Vespa é un maestro).
2) Il principio del problema-soluzione-problema: si inventa a tavolino un problema, per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Un esempio? Mettere in ansia la popolazione dando risalto all’esistenza di epidemie, come la febbre aviaria creando ingiustificato allarmismo, con l’obiettivo di vendere farmaci che altrimenti resterebbero inutilizzati.
3) La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socio-economiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4) La strategia del differimento. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, al momento, per un’applicazione futura. Parlare continuamente dello spread per far accettare le “necessarie” misure di austerità come se non esistesse una politica economica diversa.

5) Rivolgersi al pubblico come se si parlasse ad un bambino. Più si cerca di ingannare lo spettatore, più si tende ad usare un tono infantile. Per esempio, diversi programmi delle trasmissioni generaliste. Il motivo? Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni, in base alla suggestionabilità, lei tenderà ad una risposta probabilmente sprovvista di senso critico, come un bambino di 12 anni appunto.
6) Puntare sull’aspetto emotivo molto più che sulla riflessione. L’emozione, infatti, spesso manda in tilt la parte razionale dell’individuo, rendendolo più facilmente influenzabile.
7) Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Pochi, per esempio, conoscono cosa sia il gruppo di Bilderberg e la Commissione Trilaterale. E molti continueranno ad ignorarlo, a meno che non si rivolgano direttamente ad Internet.
8) Imporre modelli di comportamento. Controllare individui omologati é molto più facile che gestire individui pensanti. I modelli imposti dalla pubblicità sono funzionali a questo progetto.
9) L’autocolpevolizzazione. Si tende, in pratica, a far credere all’individuo che egli stesso sia l’unica causa dei propri insuccessi e della propria disgrazia. Così invece di suscitare la ribellione contro un sistema economico che l’ha ridotto ai margini, l’individuo si sottostima, si svaluta e addirittura, si autoflagella. I giovani, per esempio, che non trovano lavoro sono stati definiti di volta in volta, “sfigati”, choosy”, bamboccioni”. In pratica, é colpa loro se non trovano lavoro, non del sistema.
10) I media puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi comportamentali, operazioni di feed back scientificamente programmate senza che l’utente-lettore-spettatore ne sappia nulla) più di quanto essi stessi si conoscano, e questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un gran potere sul pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su sé stesso.

Si tratta di un decalogo molto utile. Io suggerirei di tenerlo bene a mente, soprattutto in periodi difficili come questi.



Fonte: linkiesta.it

Regalo di Natale, aumentano i carburanti. I consumatori: «Rincari vergognosi»

pompa-benzinaIl prezzo di benzina e gasolio sale di un centesimo al litro, in rialzo anche il Gpl. Il Codacons denuncia l’immobilismo della classe politica.

Natale all’insegna degli aumenti dei carburanti sia gasolio che benzina. Stando alla consueta rilevazione di Staffetta Quotidiana, a salire sono Eni e TotalErg (+1 centesimo su entrambi i prodotti), Esso (+0,5 sulla verde), IP (+0,8 su entrambi i prodotti) e Shell (+2 centesimi sulla verde).v
Aumenta così sensibilmente la media ponderate nazionale dei prezzi di verde e diesel tra le diverse compagnie in modalità servito: la prima arriva a 1,808 euro/litro (+0,8 centesimi), il diesel a 1,739 euro/litro (+0,6).Fermo il Gpl, dopo il balzo di sabato di Eni a 0,906 euro/litro. Stabile anche il metano a 0,991 euro/kg. «Come ogni anno le compagnie petrolifere fanno il loro ‘sgraditò regalo di Natale agli italiani, aumentando i prezzi dei carburanti in occasione delle partenze delle famiglie».

Lo afferma il Codacons, commentando gli ultimi ritocchi dei listini di benzina, gasolio e gpl. «Si tratta di aumenti vergognosi, perchè colpiscono i cittadini proprio nel momento in cui si accingono a consumare una maggiore quantità di carburante per gli spostamenti natalizi», afferma il presidente Carlo Rienzi. «Preoccupano in particolare gli abnormi rialzi per il gpl, che danneggiano quegli automobilisti che hanno scelto tale tipologia di carburante proprio in virtù del risparmio sul fronte dei listini».
«Cambiano i governi, ma la prassi di aumentare i prezzi dei carburanti in vista delle partenze degli italiani rimane una certezza tutta italiana – prosegue Rienzi – Desta sconcerto il totale immobilismo della classe politica e dei nostri ministri di fronte all’ennesima stangata per le tasche dei cittadini»

Fonte: http://notizieinvista.altervista.org/regalo-di-natale-aumentano-carburanti-consumatori-rincari-vergognosi/

domenica 22 dicembre 2013

Tagli alle associazioni Anpas! E gli stipendi dei politici regionali chi li tocca?

Guardare la TV, e sentire al Tg3  che il governo regionale sta preparando tagli alle Associazioni ANPAS di pronto intervento come Croce Verde  Croce Azzurra , ecc...  , fa pensare, o forse dimostra,  che i nostri governatori non hanno senso di responsabilità.Parlano di tagli alla sanità, alle ambulanze di pronto intervento , ma non si sente parlare dei loro stipendi. E' assurdo che ancora oggi i nostri politici dalla Regione in avanti, possono percepire stipendi da capogiro , benefici da tutte le parti.

 Lettera di Don Gianfranco Formenton ad un politico (ex leoni diventati agnelli)

 













Un esempio: un consigliere comunale di una realtà come Fermo percepisce circa € 27,00 a seduta consiliare, un vice sindaco ed assessore di un comune piccolo (es. Ponzano ) percepisce circa € 90,00 mensili, un consigliere regionale di maggioranza o minoranza circa € 10.000 lorde mensili più benefici, salvo poi non faccia l'assessore.
Questa politica in primis è da cambiare, partendo subito dai loro stipendi d'oro, passando poi al rinnovamento dei personaggi che, gira che ti rigira, sono sempre le stesse facce: una volta a destra, una volta a centro,
una volta a sinistra, ma da quella poltrona non se ne vogliono andare .
Molti personaggi vicini alla politica riescono a ricoprire più ruoli in contemporanea: consiglieri presidenti, responsabili di società partecipate o municipalizzate, tutto questo è assurdo!
A nessuno viene l' idea di poter avvicinare giovani con fior di lauree che non avendo un lavoro potrebbero essere inseriti in tali ruoli e nello stesso tempo abbattere il numero di disoccupati, e sicuramente con stipendi minori .
Ad oggi la politica è stata di tante parole, promesse, promesse, ed i problemi avanzano. Spero che tutti noi, spogliandoci da qualunque casacca e colore politico, possiamo essere in grado di costruire qualcosa di positivo per il bene nostro e dei nostri figli .

venerdì 20 dicembre 2013

Da crisi i danni di una guerra: "Italia ha perso oltre 12% di Pil, in fumo 200 miliardi reddito"

Esercito di disoccupati raddoppiato in sei anni, sono 7,3 milioni. Debito ancora in rialzo nel 2014. Allarme sulla tenuta sociale
 
Rapporto Scenari economici del Centro studi Confindustria. Dal 2007 l'Italia ha perso più del 12% di Pil.
Rapporto Scenari economici del Centro studi Confindustria. Dal 2007 l'Italia ha perso più del 12% di Pil. 

MILANO (WSI) - Numeri da bollettino di guerra, che rispecchiano tutta la disperazione e la situazione di grave difficoltà che gli italiani stanno vivendo sulla loro pelle, ormai da anni.

Mentre il premier Enrico Letta continua a fare l'ottimista, prevedendo addirittura un Pil in crescita del 2% nel 2015, i dati che vengono snocciolati dai vari centri studi e think tank raccontano una realtà completamente diversa, che stride non poco con i toni celebrativi del governo.

La fotografia della crisi arriva stavolta con il rapporto Scenari economici del Centro Studi di Confindustria. Dallo studio emerge che l'Italia ha perso più del 12% di Pil dal 2007, e che da allora sono andati in fumo oltre 200 miliardi di reddito. La speranza è sulle riforme, che devono essere però incisive. Solo con "incisive riforme strutturali si può recuperare il terreno perduto". Una crisi, insomma, che ha provocato "danni di una guerra".

Di fatto, rispetto alle "traiettorie già modeste del decennio 1997-2007 il livello del Pil potenziale è più basso del 12,6%, in altre parole sono andati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito a prezzi 2013, quasi 3.500 euro per abitante".

Il dramma della disoccupazione è evidente. L'esercito di disoccupati - persone a cui manca lavoro, totalmente o parzialmente, è di 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. A partire dal 2014, secondo il Centro Studi, si dovrebbe però arrestare l'emorragia occupazionale.

L'impatto della Legge di Stabilità sulla crescita sarà "molto piccolo", di 0,1 o 0,2 punti sul Pil del 2014, scrive il Centro studio nel rapporto "La difficile ripresa. Cultura motore dello sviluppo". Di fatto, la manovra è una "occasione mancata".

Il Centro Studi di Confindustria rivede al ribasso le stime del Pil per il 2013 diffuse a settembre. Nel nuovo scenario è previsto un calo del Pil dell'1,8% quest'anno contro il -1,6% precedentemente calcolato. Per il 2014 gli economisti di viale dell'Astronomia prevedono un incremento dello 0,7% e nel 2015 dell'1,2%. Riguardo al 2013, la revisione delle stime del Pil "deriva da una variazione congiunturale di un decimo peggiore nel secondo trimestre (-0,3% contro -0,2%) e nel quarto (0,2% contro 0,3%)", si legge.

E per la prima volta viene stilato anche uno scenario alternativo, nel caso in cui le cose dovessero andare peggio. Sulla ripresa economica soffiano "venti contrari. Se il credit crunch proseguirà nel 2015 e la debolezza dell'economia renderà necessaria una manovra di un punto di Pil, nel 2014 il Pil salirà solo dello 0,4% e nel 2015 si avrà una crescita zero. E' questo lo scenario più negativo per l'economia italiana simulato dal Centro Studi di Confindustria negli ultimi Scenari economici.

"Questa simulazione - hanno spiegato gli economisti - tutt'altro che astratta e ben presente a molti analisti di banche d'investimento internazionali, suggerisce che occorre rimuovere ogni causa interna di turbolenza e incertezza e prendere rapidamente decisioni che elevino il Paese su un più alto sentiero di crescita".

L'andamento dell'economia fa centrare l'obiettivo dei conti pubblici fissato per il 2014 con il deficit al 2,7% del Pil, non quello per il 2015 (2,4%).

Il saldo strutturale non continua ad avvicinarsi al pareggio (1% del Pil tra due anni), nonostante l'ampio avanzo primario (4,5% del Pil al netto del ciclo, mezzo punto meno di quanto stimato tre mesi fa). Questo risultato "è stato ottenuto varando manovre per complessivi 109 miliardi (6,9% del Pil) dal 2009 in poi. Di cui 3 punti di maggiori entrate e 3,9 di minori spese".

Il debito pubblico, al netto dei sostegni europei e in rapporto al Pil, sale ancora nel 2014 (al 129,8%) per poi iniziare a flettere nel 2015 (128,2%); "una flessione tutta dovuta a un punto di privatizzazioni e dismissioni omogeneamente distribuite".

Preoccupazioni per il tessuto sociale italiano, caratterizzato sempre di più da continue proteste.

"Il pericolo maggiore (che si presenta nella strada per la ripresa) è il cedimento della tenuta sociale", con il "montare della protesta che si incanala verso rappresentanze che predicano la violazione delle regole e la sovversione delle istituzioni".

"Basta poco perché gli eventi prendano una piega infelice". Il destino dell'Italia "si ripete, con il coagularsi di importanti gruppi politici anti-sistema".

Sulla pressione fiscale, questa scenderà marginalmente al 43,9% nel 2014 dopo aver toccato il record nel 2013 con il 44,3% di Pil. 
 

mercoledì 18 dicembre 2013

Fermiamo questo Governo: sta regalando la Banca d’Italia ad Angela Merkel (Nicola Bizzi)


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Un decreto legge incostituzionale del Governo Letta regalerà la Banca d’Italia alla grande finanza internazionale

Lo scrittore Alberto Roccatano, autore del saggio “Dalle stragi del 1992 a Mario Monti” (di cui raccomando a tutti la lettura, in una sua recente inchiesta ha definito l’attuale Esecutivo”un Governo di congiurati”, dimostrando come la recente rivalutazione delle quote di partecipazione degli enti privati alla nostra Banca Centrale preluda ad un ingabbiamento definitivo del Popolo Italiano. L’obiettivo del Governo del bilderberghino Letta, imposto all’Italia dalla regia di Napolitano, si pone infatti l’obiettivo di impedire agli Italiani, nella cornice della legalità, di recuperare quella sovranità monetaria rivendicata invece in questi giorni di dura protesta popolare.
Anche il giornalista Francesco Forte, dalle pagine del Giornale, ha recentemente denunciato un’ulteriore cessione di sovranità dello Stato da parte di Letta ai poteri forti della grande finanza internazionale, dichiarando che stiamo letteralmente svendendo la Banca d’Italia alla Germania.
pare infatti che questo Governo stia svendendo a Berlino la nostra riserva aurea di 92 miliardi di Euro e 66 miliardi di valute pregiate e la nostra quota del 18% nella Banca Centrale Europea, quella del 3,24% nel Fondo Monetario e il controllo sui 145 miliardi di Euro di circolazione monetaria in Italia.
Più che un dubbio, si tratta di una drammatica certezza. Pochi Italiani si sono presi la briga di andarsi a leggere la Gazzetta Ufficiale del 30 Novembre 2013, e nello specifico il titolo II, riguardante la Banca d’Italia, quello che la autorizza ad aumentare il proprio capitale a 7,5 miliardi e dispone anche che nessuno dei suoi azionisti possa avere più del 5% del capitale sociale. Secondo quanto si legge, gli azionisti possono essere banche e assicurazioni non solo italiane ma anche estere, se hanno sede legale e amministrazione centrale in uno Stato dell’Unione Europea. Il passaggio della Banca d’Italia, già in mano a voraci banche e assicurazioni private, ad un effettivo controllo estero, alla luce dell’introduzione di queste norme, non è una ipotesi irreale, ma un serio e concreto rischio. Infatti, in base alla regola del 5%, il 43,8%  delle quote attuali di banche italiane dovrà essere venduto. Intesa San Paolo dovrà cedere il 25,3%, Unicredit il 17,3% e la Cassa di Bologna l’1,2%. Totale 43,8%. Inoltre, come rileva Francesco Forte, ci sono già tre soggetti finanziari esteri che possiedono quote di Banca d’Italia. Due, ossia la Banca Nazionale del Lavoro (di proprietà della BNP-Paribas) e la Allianz, non hanno la sede e l’amministrazione centrale in Italia ma in Francia e Germania. Le Assicurazioni Generali, pur avendo sede e direzione centrale in Italia, non hanno una maggioranza di controllo interamente italiana. La BNL ha il 2,8%, la Allianz l’1,3 e le Generali il 6,3. In totale, quindi, i soggetti esteri di diritto o di fatto già hanno il 10,4% del capitale di Bankitalia. Sommato al 43,8 di soggetti italiani, che va ceduto, fa il 54,2%. Qualcuno potrà obiettare che ci possano anche essere soggetti finanziari italiani interessati a comprare quote della Banca d’Italia, come ad esempio Cassa depositi e prestiti. Ma sin qui sono state contate solo le quote che dovranno vendute obbligatoriamente, non tutte quelle che possono, in teoria, essere vendute: cioè tutte quelle dei proprietari attuali. E fra questi, come rileva sempre Forte, qualcuno potrebbe avere necessità o elevata convenienza a vendere, ad esempio La Fondiaria, che fa parte del gruppo Ligresti. Inoltre, la convenienza a vendere potrà dipendere dal prezzo che verrà offerto. E una banca non italiana dell’Unione Europea potrebbe offrire un prezzo allettante per ottenere una partecipazione “strategica”.
Questo decreto legge consente inoltre agli attuali detentori delle quote di Bankitalia in eccesso al 5% di tenerle nel proprio patrimonio in parcheggio, senza diritto di voto e senza utili. Una tale partecipazione è accettata dal collegio sindacale di una banca o di un’assicurazione solo in attesa di vendita a un prezzo soddisfacente. Diversamente si tratta di un cespito che non avrebbero convenienza a mantenere, avendo ogni società per azioni, come fine, il profitto. E ciò soprattutto quando si stia discutendo di riserve patrimoniali obbligatorie.
Avete capito, quindi, dove vogliono andare a parare Letta e Saccomanni? Con una maggioranza estera della Banca d’Italia (maggioranza che ne deterebbe quindi il controllo), saremmo costretti a restare, con le mani legate, dentro il sistema dell’Euro perché non conteremmo più nulla. Non avremmo più alcuna voce in capitolo in sede BCE e in sede di istituzioni bancarie, come l’Unione Bancaria Europea, sorvegliata dalla Bce. Saremmo vincolati a tal punto che non potremmo uscire dall’Euro neanche se lo volessimo, o se un eventuale referendum popolare lo sancisse, perché le nostre riserve auree valutarie sarebbero nel totale controllo di banche estere che potrebbero rifiutare di emettere Euro-Lire, garantite da tali riserve.
Francesco Forte si chiede perché mai il ministro dell’Economia Saccomanni abbia pensato ed attuato una norma che crea gravosi rischi di perdita di autonomia alla nostra economia. La risposta sta probabilmente nella visita del “saccheggiatore dei campi di battaglia” (come l’ho definito in un mio precedente articolo) a Berlino per una riunione segreta e riservata con il Presidente della Bundesbank e il Ministro tedesco dell’Economia Schaueble, riunione, secondo varie indiscrezioni che sono filtrate, finalizzata a discutere l’Unione Bancaria Europea.
Occorre denunciare subito che, quelle pubblicate dalla Gazzetta Ufficiale, sono norme incostituzionali, in primis perché poste in un decreto legge mentre a esse manca ogni requisito di necessità e urgenza, e poi perché violano l’articolo 47 della Costituzione, I comma, che stabilisce che la Repubblica disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Con una Banca d’Italia a maggioranza estera (il che sarebbe una novità assoluta nel panorama delle Banche centrali) la politica del credito viene gestita dall’estero. Il potere monetario non può e non deve essere venduto (anzi, in questo caso svenduto) a soggetti esteri per decreto legge.
Chi avvalla o permette simili colpi di mano nel silenzio più assoluto dei giornali e all’insaputa dell’opinione pubblica, è un criminale e un traditore della Nazione. E dovrebbe trovare posto nelle patrie galere, non sui banchi del Governo. Un Governo peraltro ormai delegittimato e che dobbiamo mobilitarci tutti per far cadere al più presto, per evitare che possa fare ulteriori danni.
Mi chiedo dove sia la Magistratura e perché continui a guardare dall’altra parte. Anche i magistrati sono uomini e sono padri di famiglia. Vogliono veramente che i loro figli crescano in un’Italia totalmente asservita alla grande finanza usurocratico-bancaria internazionale?
Ci sarà mai un magistrato che finalmente apra gli occhi e faccia mettere sotto sequestro tutte le quote private della Banca d’Italia? Forse il momento è vicino, lo stiamo tutti aspettando!

Fonte

Telegraph: Il Presidente Italiano teme un'insurrezione violenta nel 2014, ma non propone nessun rimedio

Ambrose Evans Pritchard dal Telegraph commenta gli allarmi di Napolitano sui "Forconi" e le minacce non tanto velate di Draghi, che non offrono risposte alle tensioni sociali, ma solo imperativi impossibili. Non si può rimanere in recessione e disoccupazione di massa quando le soluzioni esistono e sono a portata di mano: la protesta sta diventando un movimento anti-Euro.

In Italia gli eventi stanno volgendo al peggio. Il presidente Giorgio Napolitano ha lanciato l'allarme su possibili "tensioni sociali e disordini diffusi" nel 2014, mentre la lunga recessione si trascina.
Coloro che vivono ai margini vengono coinvolti in "atti di protesta indiscriminata e violenta, verso una forma di opposizione totale".

Il suo ultimo discorso è una vera e propria Geremiade. Migliaia di aziende sono "sull'orlo del collasso". Grandi masse di persone prendono il sussidio di disoccupazione o rischiano di perdere il posto di lavoro. L'altissimo tasso di disoccupazione giovanile (41%)  sta portando verso un pericoloso stato di alienazione.


"La recessione sta ancora mordendo duro, e c'è la sensazione diffusa che sarà difficile sfuggirle, e trovare il modo per tornare alla crescita" ha detto.

Ma ora, quale potrebbe essere la causa di tutto questo? Potrebbe avere qualcosa a che fare con il fatto centrale e prioritario che l'Italia ha una moneta sopravvalutata del 20% o più, all'interno dell'Unione Monetaria Europea: che è intrappolata in un sistema di cambi fissi stile anni '30, gestito da una banca centrale anni '30, che sta lì a guardare (per motivi politici) mentre l'aggregato monetario M3 ristagna, il credito si contrae e la deflazione incombe?

Napolitano non offre alcuna risposta. Ex stalinista, che ha applaudito all'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 (un peccato giovanile), Napolitano da tempo ha manifestato il suo fervore ideologico a favore del progetto UE. Egli è per natura incapace di mettere in discussione le premesse dell'unione monetaria, quindi non aspettatevi nessuno spunto utile dal Quirinale su come uscire da questa impasse.

Egli ammette che la crisi della zona euro "ha messo a dura prova la coesione sociale", ma lascia la questione in sospeso, e la sua argomentazione incompiuta, più sul descrittivo che sull'analitico.

Senza arrivare al punto di lanciare l'allarme sul rischio che corre lo Stato italiano stesso, ha detto che la crescente minaccia delle forze insurrezionali deve essere affrontata. La legge deve essere rigorosamente rispettata. Il paese deve andare avanti con disciplina. "L'Europa ci sta guardando", ha detto.

Napolitano è allarmato, e ha ragione di esserlo. La rivolta dei "Forconi" ha preso una svolta inquietante per le élite dell'Italia. Durante l'ultima manifestazione di massa a Torino la polizia si è tolta i caschi, come manifestazione di simpatia.

Questo sta diventando un movimento anti-UE. Uno dei leader dei Forconi è appena stato arrestato per essere salito agli uffici dell'Unione europea a Roma e aver strappato giù la bandiera blu e oro dell'Europa.

Dove porti tutto questo nessuno lo sa. Secondo Citigroup nel 2014 l'Italia resterà bloccata in depressione con una crescita dello 0.1%, di nuovo a zero nel 2015, e allo 0.2% nel 2016. Se è così, ben otto anni dopo la crisi, la produzione in Italia sarà ancora del 10% sotto l'ultimo picco, una performance di gran lunga peggiore di quella avuta durante la Grande Depressione.

Anche se la zona euro incontrasse una ripresa nel corso dei prossimi tre anni o giù di lì, il meglio che l'Italia possa sperare è la stabilizzazione su livelli di disoccupazione di massa – al 20% se si considera l'altissimo livello di lavoratori Italiani scoraggiati (numero tre volte superiore alla media UE) che sono usciti fuori dalle statistiche. La domanda è quanto tempo la società potrà tollerare tutto questo. Nessuno di noi sa la risposta.

Per ora l'Italia ha evitato un ritorno agli "anni di piombo", il terrorismo tra gli anni '70 e i primi anni '80, quando la stazione ferroviaria di Bologna fu fatta saltare dai fascisti e l'ex premier Aldo Moro fu sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse. Ma questo tipo di violenza non è poi così lontano come la gente pensa. Nel 2011 il capo dell'agenzia fiscale Equitalia è stato quasi accecato da una lettera bomba di matrice anarchica. Da allora ci sono stati ripetuti casi di attacchi dinamitardi.

La mia ipotesi è che ad un certo punto ci sarà un incidente - un po' come lo scontro tra le truppe francesi e i portuali a Brest nel 1935, quando un lavoratore fu colpito a morte con il calcio di un fucile, mettendo in moto degli eventi che infine costrinsero Laval alle dimissioni e fecero uscire la Francia dal Gold Standard.

A coloro che continuano a insistere che l'Italia deve stringere la cinghia e recuperare competitività tagliando i salari, vorrei obiettare che questo è matematicamente impossibile, in un clima di ampia deflazione o quasi deflazione in tutta l'UEM.

La ragione dovrebbe essere evidente a tutti, ormai. Non è possibile permettere allo stock di debito nominale di salire su una base nominale in contrazione. Una politica del genere fa sì che la traiettoria del debito aumenti in maniera esponenziale. Negli ultimi tre anni il debito Italiano è già aumentato dal 119% al 133% del PIL, in gran parte a causa delle politiche di austerità fiscale.

Sotto le attuali politiche UEM questo rapporto presto sfonderà il 140%, nonostante l'avanzo primario del bilancio Italiano - un livello oltre il punto di non ritorno per un paese senza moneta sovrana o senza una propria banca centrale. Tale è il potere dell'effetto denominatore.

Giusto per essere chiari. Non credo che l'Italia debba lasciare l'euro come prima opzione. Ci sono altre misure che dovrebbero essere prese prima, se non altro per costruire un contesto politico e morale favorevole.

L'Italia può cambiare la sua strategia diplomatica, spingendo per un cartello degli stati debitori del Club Med a leadership francese che prenda il controllo della BCE e della macchina politica dell'UEM. Hanno i voti, e la piena autorità legale basata sui trattati, per forzare una strategia di reflazione che potrebbe cambiato tutto, se solo osassero.

Questo è più o meno il nuovo piano di Romano Prodi, ex premier Italiano e "Mr. Euro", che ora sta sollecitando l'Italia, la Spagna e la Francia a unirsi, piuttosto che illudersi di poter fare da soli, e "sbattere i pugni sul tavolo".

L'economista premio Nobel Joe Stiglitz riprende il tema su Project Syndicate , dicendo: "Se la Germania e gli altri non sono disposti a fare il necessario - se non c'è abbastanza solidarietà per far funzionare la politica - allora l'euro potrebbe dover essere abbandonato per salvare il progetto europeo".

Ieri, al Parlamento europeo, Mario Draghi della BCE ha avvertito che l'uscita dall'UEM porterebbe ad una svalutazione del 40% e a una crisi che metterebbe qualsiasi paese in ginocchio, ancor più brutalmente di quella che si deve affrontare adesso. Questo è sempre lo stesso argomento che viene portato avanti in difesa dei regimi di cambio fissi, sia del Gold Standard nel 1931, che dello SME nel 1992, o dell'ancoraggio argentino al dollaro nel 2001. E' stato dimostrato falso, anche nel caso dell'Italia negli anni '90, quando la svalutazione ha funzionato benissimo.

Draghi si sofferma sul trauma immediato, ma ignora gli effetti molto più corrosivi di una crisi permanente. I paesi possono infatti recuperare molto velocemente se il tasso di cambio si sblocca. Si potrebbe ugualmente sostenere che ci sarebbe una marea di investimenti in Italia nel momento in cui il paese prendesse risolutamente il toro dell'euro per le corna e ristabilisse l'equilibrio valutario.

In ogni caso, la tesi di Draghi presuppone che la BCE lascerebbe accadere una svalutazione del 40%, anche quando le potenze del nord hanno un forte interesse ad assicurare un'uscita ordinata dell'Italia? La BCE potrebbe intervenire sui mercati FX per stabilizzare la lira per un paio di mesi, fino a quando la situazione si calmasse. Questo eviterebbe gli eccessi, eviterebbe delle perdite rovinose per il blocco dei creditori e degli esportatori tedeschi, ed eviterebbe una crisi da deflazione in Germania, Olanda, Finlandia e Francia.

Quello che Draghi sta implicitamente affermando (senza volerlo), è che la BCE si comporterebbe in maniera spericolata, punendo l'Italia per il gusto di farlo, anche se questo potrebbe rendere l'intera prova peggiore per tutti. Sarebbe stato bello se un deputato gli avesse chiesto perché mai la BCE dovrebbe fare una cosa del genere.

Quello che sembra certo è che nessun paese democratico sopporterà uno stato perdurante di semi-recessione e disoccupazione di massa, quando esistono delle alternative plausibili. 
 

L’ Istat lancia l’ allarme: il livello di vita degli italiani è tornato al secondo dopoguerra. (Bruno Rosso)


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Impietose le cifre rilasciate oggi dal principale istituto statistico della penisola: il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale. L’indicatore è cresciuto di 1,7 punti rispetto al 2011 e di 5,1 rispetto alla media europea, ferma al 24,8%. Dati inoppugnabili e al tempo stesso inquietanti che non lasciano spazio alcuno a dubbi sulla reale portata della crisi sistemica che da anni attanaglia l’Occidente avanzato

Le percentuali sviscerate sono il risultato di un sistema di combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro. L’indicatore adottato da Europa 2020 è la risultante di quella porzione di popolazione che patisce almeno una di queste condizioni. In particolare l’Istat registra una diffusione della “severa deprivazione” superiore alla media europea (9,9%). Aumentano gli individui che non si possono permettere una settimana di ferie (dal 46,7% al 50,8%), di riscaldare adeguatamente casa (dal 18,0% al 21,2%), sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%) o un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%).
Nel 2011 la metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito netto non superiore a 24.634 euro l’anno (circa 2.053 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie percepisce meno di 20.129 euro (circa 1.677 euro mensili). Il reddito mediano delle famiglie, che vivono nel Mezzogiorno é pari al 73% di quello delle famiglie residenti al Nord; per il Centro il valore sale al 96%. Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta l’8%.
Il rischio di povertà o esclusione sociale, inoltre, è più alto per le famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%). Aumenti significativi, tra il 2011 e il 2012, si registrano tra gli anziani soli (dal 34,8% al 38,0%), i monogenitori (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o più figli (dal 39,8% al 48,3%), se in famiglia vi sono almeno tre minori. Quasi la metà (il 48%) dei residenti nel Mezzogiorno è a rischio di povertà ed esclusione sociale nel 2012 e oltre uno su quattro (25,2%) vive in grave disagio economico. L’incremento è infatti di 5,5 punti dal 2011, contro i 2 punti del Nord (dal 6,3% all’8,3%) e i 2,6 punti del Centro (dal 7,4% al 10,1%). Inoltre, al Mezzogiorno i redditi familiari risultano più bassi del 27% rispetto al Nord.

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lunedì 16 dicembre 2013

Istat: il 30% degli italiani a rischio povertà o esclusione sociale

Nel 2012 il 29,9% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale, secondo la definizione adottata nell'ambito della strategia Europa 2020. È quanto rileva l'Istat, sottolineando che l'indicatore cresce di 1,7 punti rispetto al 2011 ed è di 5,1 punti percentuali più elevato rispetto a quello medio europeo (pari al 24,8%)
Poveri d'Italia
Si tratta di un indicatore, spiega Istat, che deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro. L'indicatore adottato da Europa 2020 viene definito dalla quota di popolazione che sperimenta almeno una di queste condizioni. In particolare l'Istat registra una diffusione della "severa deprivazione" superiore alla media europea (9,9%). Aumentano gli individui che non si possono permettere una settimana di ferie (dal 46,7% al 50,8%), di riscaldare adeguatamente casa (dal 18,0% al 21,2%), sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%) o un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%).
Nel 2011 la metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito netto non superiore a 24.634 euro l'anno (circa 2.053 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie percepisce meno di 20.129 euro (circa 1.677 euro mensili). Il reddito mediano delle famiglie, che vivono nel Mezzogiorno é pari al 73% di quello delle famiglie residenti al Nord; per il Centro il valore sale al 96%. Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta l'8%. In base all'indice di Gini la diseguaglianza é rimasta stabile e anche la quota di reddito posseduta dal 20% più ricco e più povero della popolazione.
Il rischio di povertà o esclusione sociale, inoltre, è più alto per le famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%). Aumenti significativi, tra il 2011 e il 2012, si registrano tra gli anziani soli (dal 34,8% al 38,0%), i monogenitori (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o piu' figli (dal 39,8% al 48,3%), se in famiglia vi sono almeno tre minori.

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UE, Bloom a Strasburgo: appena capiranno i vostri inganni vi impiccheranno!




“Quando i popoli si renderanno conto di cosa siete, non gli servirà molto tempo per prendere d’assalto questo Parlamento e impiccarvi. E avranno ragione”. Questa la dichiarazione dell’europarlamentare inglese Godfrey Bloom che ha rivolto all’Aula di Strasburgo il 21 novembre durante la discussione sulla stesura del nuovo budget dell’Unione Europea per il periodo 2014-2020. Senza troppi giri di parole, l’europarlamentare ha accusato i colleghi europarlamentari: “Voi siete i più grandi evasori di tutta Europa e sedete qui a pontificare. Scoprirete che gli euroscettici torneranno a giugno sempre più numerosi”. Bloom è stato espulso lo scorso settembre dal Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (UKIP), guidato da Nigel Farage, politico che più volte ha rivolto al Parlamento europeo dichiarazioni populiste apertamente euroscettiche per chiedere l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa

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venerdì 13 dicembre 2013

Forconi, mercoledì grande manifestazione a Roma, ma nessun corteo per evitare infiltrazioni

Mercoledì prossimo si svolgerà a Roma una grande manifestazione con un presidio dei Forconi, che proseguirà ad oltranza, ma non ci sarà alcun corteo «per evitare qualsiasi tipo di infiltrazioni che non appartengono al movimento». Lo ha annunciato il Coordinamento 9 Dicembre in una conferenza stampa che si è svolta a Roma.

«Non vogliamo fare la guerra sulle strade, siamo persone disponibili che vogliono soluzioni equilibrate, democratiche. Abbiamo fatto questa forzatura alla democrazia, perchè altrimenti nessuno ci avrebbe considerato». Lo ha detto a SkyTg24 Mariano Ferro, uno dei leader del movimento dei forconi. «Chiediamo scusa a tutti gli italiani che hanno dovuto subire disagi, ma non potevamo fare altrimenti. «Noi prendiamo le distanze da tutti i facinorosi e violenti», aggiunge Ferro: «non vogliamo arrivare a delle soluzioni in modo violento, ma in modo pulito».

Il leader siciliano del movimento ha quindi affermato che i presidi andranno avanti e confermato che a Roma non ci sarà un corteo, ma solo «un presidio statico dove nessuno potrà spaccare vetrine o sfogare i propri istinti animali». «Siamo d'accordo con il ministro Alfano quando dice 'pugno duro contro i teppistì - continua - ma non c'è arrivata nessuna richiesta di dialogo: comincio a sospettare che questo governo non abbia soluzioni». A proposito del fronte sindacale che sostiene la protesta, Ferro ha criticato i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil che non scioperano «perchè sono sempre stati vicini al potere, mentre noi siamo vicini alle esigenze di tante famiglie che non ne possono più».


Prossima tappa Roma Un centinaio di appartenenti al movimento dei Forconi ha tenuto un'assemblea a Napoli, in piazza Carlo III, con il leader del coordinamento nazionale «9 dicembre», Danilo Calvani. Prossimo obiettivo della protesta - ha detto Calvani - è una manifestazione a Roma che dovrebbe tenersi, se ci saranno le autorizzazioni, il 18 dicembre in piazza del Popolo. In piazza Carlo III, a Napoli, i rappresentanti di Battipaglia, Caserta, Aversa, che hanno portato anche l'adesione degli agricoltori. Non sono mancati però i dissensi e il gruppo napoletano ha chiesto che la manifestazione nazionale si tenga non a Roma ma a Napoli, spingendo per la linea dei blocchi stradali e della contestazione più accesa.


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Proteste, forconi da Latina a Roma Calvani: "A casa questa classe politica"

Quinto giorno di proteste: un gruppo di manifestanti, alla guida di alcuni trattori, si è diretto verso la Capitale

Continua la rivolta dei Forconi. Un gruppo di manifestanti, partito da Latina, alla guida di alcuni trattori, si è diretto a Roma. "Continueremo la protesta per il tempo che serve in maniera civile come abbiamo fatto fino ad ora. Il nostro obiettivo è mandare a casa questa classe politica che ha fatto il male dell'Italia", ha detto il leader dei Forconi, Danilo Calvani.
Proteste, forconi da Latina a Roma Calvani: "A casa questa classe politica" 
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Forconi contro Equitalia «Basta omicidi di Stato»

Ai dirigenti dell'agenzia consegnata una targa ironica: «Riconoscenti ai parassiti» Sul piazzale i manifestanti portano uova e accendono ceri per gli imprenditori suicidi 

 


La protesta del “Coordinamento 9 dicembre” iniziata lunedì scorso al presidio permanente allestito all'uscita del casello autostradale della A4 di Soave, ha toccato ieri mattina uno dei luoghi simbolo della ribellione contro lo Stato, la sede di Equitalia in via Nicolò Giolfino.
Al direttore della società di riscossione che fa capo all'Agenzia delle Entrate guidata da Attilio Befera, Lucio Chiavegato dei Liberi imprenditori federalisti europei (Life) e tra i portavoce della protesta ribattezzata in tutta Italia come «la rivolta dei Forconi», ha consegnato un dono natalizio anticipato: un'ironica targa con incisa la frase «Riconoscenti della vostra importante opera di parassiti collaborazionisti con lo Stato italiano ladro e truffatore», firmato «il popolo italiano». L'incontro tra Chiavegato, accompagnato da una piccola delegazione, e il rappresentante di Equitalia, si è tenuto in maniera strettamente privata all'interno dell'edificio che ospita la società ed è durato in tutto una ventina di minuti circa. L'accesso nella sede è stato negato a giornalisti, fotografi e operatori.
All'uscita dal complesso, l'imprenditore di Bovolone ha comunicato al centinaio di manifestanti rimasto fuori ad attenderlo i contenuti della conversazione. «È stato un colloquio molto semplice, ci siamo stretti la mano e dati del tu», ha raccontato Chiavegato. «Ci ha detto che lui è solo un applicatore della legge e che avrebbe dato un segnale ai suoi superiori del disagio manifestato. Purtroppo», ha continuato Chiavegato, «è l'intero sistema politico, economico e finanziario a essere sbagliato, le aziende devono vivere e invece qui le fanno morire».
Morti che non toccano solo ditte e imprese, ma purtroppo sempre più spesso anche i loro titolari che si tolgono la vita. Per questo motivo prima di entrare all'interno di Equitalia, i manifestanti, con tanto di lumini votivi, hanno osservato un minuto di silenzio per quelle che Chiavegato non ha esitato a definire «vittime di omicidi di Stato».
«Non si tratta di semplici suicidi», ha dichiarato il leader della protesta, «spesso sono persone oneste, che pagavano le tasse, ma che per un problema di cui non hanno avuto colpa, si sono viste arrivare a case cartelle esattoriali con cifre astronomiche, in grado di portare alla pazzia e a fare purtroppo gesti inconsulti».
Fatalità, proprio mentre si teneva la manifestazione, dall'edificio della società di riscossione è uscita Sara, imprenditrice nel settore dell'arte funeraria, che ha raccontato la storia della sua società, sciolta a causa della crisi, e le difficoltà che ha successivamente dovuto affrontare. «Non c'è l'ho con chi lavora dentro ad Equitalia», ha spiegato la donna, «ma con quei politici che stanno a Roma e che prendono 20mila euro al mese e non hanno la minima idea di cosa passano persone per cui un panettone a Natale è un lusso. Oramai», ha continuato l'imprenditrice quasi in lacrime, «viviamo nel terrore che ci tolgano tutto, lasciati a noi stessi, con un sacco di problemi e senza nessuno che ti dà una mano».
In precedenza, i manifestanti avevano dato vita ad un finto lancio di uova contro la sede di Equitalia, si è trattato solamente di un gesto simbolico, le uova sono poi state tutte rimesse al loro posto.
«Ci accusano di essere delinquenti», ha osservato sarcasticamente Chiavegato, «ma in realtà siamo solamente dei semplici cittadini e le uova possono anche tenersele per farsi una frittata».
Per tutta la durata del sit-in non si sono verificati disordini, la protesta si è svolta pacificamente e senza alcuna tensione con le forze dell'ordine. «Allo Stato chiediamo di far sospendere il pagamento e l'emissione di cartelle esattoriali per i prossimi sei mesi per evitare che le aziende falliscano, di annullare tutte le procedure di sequestro delle prime case e di non applicare sanzioni e interessi sulle rateizzazioni», ha concluso Chiavegato.

Francesco Scuderi

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lunedì 25 novembre 2013

9 Dicembre - L'Italia si Ferma



A partire dal giorno 9 dicembre l'italia si fermerà tutta per dire basta allo scempio quotidiano che ci viene mostrato da anni. Politici corrotti, collusi con la mafia, sperpero di denaro pubblico, distruzione del territorio, distruzione della grande capacità produttiva e lavorativa, aziende che falliscono o che fuggono in altri paesi dove lavorare non è reato. Si ormai l'italia è il paese adatto solo a chi viene a delinquere o a farsi mantenere dal nostro lavoro.

Questa politica è ormai arrivata al capolinea e questo stato è prossimo al fallimento. Loro lo sanno ma ci vogliono tenere buoni, con false promesse mentre loro si riempiono le tasche con le ultime rapine fatte nei confronti delle famiglie e delle aziende. La collusione tra stato e mafia ha raggiunto ormai il suo apice e nessuna istituzione è in grado di fermare questo degrado.

Ogni giorno ci mostrano nuovi casi di corruzione e di sperpero del denaro pubblico e secondo loro noi dovremo starcene buoni ad aspettare che loro facciano l'ennesima truffa politica di un finto cambiamento con le primarie. I politici sono sempre quelli e dietro loro ci sono sempre i soliti galoppini paraculati che hanno vissuto e vivono del nostro lavoro e dei nostri sacrifici.

Ebbene noi non siamo più disposti ad accettare tutto questo. Ora fermiamo l'italia. Ora dovranno scendere loro e andare a lavorare come abbiamo fatto noi per anni per mantenere questi parassiti che hanno portato la tassazione a livelli insostenibili e che hanno portato le paghe dei lavoratori a livelli da terzo mondo.


Il 9 Dicembre, tutti uniti, senza nessuna bandiera di partito tutti in strada a fermare questo scempio. State in contatto con noi attraverso i siti internet e i vari social network. Il 9 Dicembre non ci sono più scuse, non ci si lamenta più. I ladri sono loro e se ne devono andare via. E' dovere di tutti fare questo, altrimenti tutti noi, i nostri figli, le nostre aziende non avranno futuro. Non dividiamoci come hanno fatto per anni loro dividendoci in categorie, per meglio controllarci. Il nemico è comune a tutti e si chiama stato --ladro-mafioso italiano.

Sono anni che ci chiedono sacrifici, sono anni che le banche truffano le aziende e le famiglie e nessuna inversione di tendenza è stata fatta. Questo è significativo per dire che lo stato non c'è più ma esiste una sola kasta fatta di politici, banchieri, giudici, industriali, centri di potere che vogliono la nostra morte.

Non possiamo più tollerare la repressione che viene fatta dalle forze di stato che, nascoste da leggi ipocrite non permettono alla gente di lavorare e di produrre. Leggi inapplicabili che fanno fuggire le aziende all'estero o fatte fallire. Leggi fatte apposta per coprire inutili posti di burocrati strapagati mentre la gente non ha un reddito. Una spesa statale che ha raggiunto livelli scandalosi e che nessuno vuole tagliare perché vorrebbe dire colpire i loro stessi amici, parenti e leccapiedi pagati per produrre nulla, anzi per fare danni ulteriori.

Ora le cose devono cambiare. Non ci facciamo più fregare da questo o quel partito, da falsi nuovi profeti che vivono di politica ormai da vent'anni. Ora il popolo decide da solo e la decisione è che se ne devono andare loro. Quindi aggregatevi, parlate con la gente, non sperate nei mezzi d'informazione gestiti dal potere che li finanzia per dire solo quello che fa comodo loro.

State in contatto con noi. Esiste un solo volantino ufficiale, e per il 9 dicembre tutti in strada, che si fermino tutte le attività per far vedere loro che non siamo più disposti ad accettare di essere loro sudditi. Siamo la maggioranza silenziosa che ha detto BASTA, loro invece sono la minoranza parassita che vive del nostro lavoro e delle nostre tasse. Forza, tutti insieme ce la faremo.


Fonte & Fonte 
Visto su Finta Tolleranza 

Leggi anche:
IO APPOGGERO’ LA RIVOLTA DEL 9 DICEMBRE

domenica 17 novembre 2013

15nov, 70.000 studenti in piazza contro l'austerity della conoscenza

Sono scesi nelle piazze di tutta Italia. Ecco la cronaca della giornata e le foto delle proteste studentesche

 70.000 STUDENTI IN PIAZZA  - Sono stati tanti i partecipanti di oggi alle manifestazioni studentesche indette in tutta Italia. Secondo le associazioni studentesche i cortei hanno coinvolto 70.000 studenti che hanno protestato contro l'austerity della conoscenza allo slogan "change the way".


Studenti a Chieti #manifestazione
"Siamo noi e non l'Unione Europea a bocciare la legge di stabilità perché il vero dramma é la mancanza di investimenti sul futuro del Paese, sulla scuola e sull'università: invertire la marcia significa fermare l'austerity della conoscenza promossa da UE e Governo e puntare ORA sui giovani e gli studenti Italiani. I numeri di oggi dimostrano che noi ci siamo e continueremo a gridare "change the way" finche ciò non accadrà." - è la dichiarazione di Gianluca Scuccimarra, coordinatore UDU.

 
15NOV, TENSIONE A BOLOGNA - Nonostante la pioggia gli studenti manifestano in corteo in molte città d'Italia. Da twitter arriva la foto che testimonia attimi di tensione tra studenti e polizia. Conferme delle cariche arrivano anche da altri social. (TUTTI GLI SCONTRI DELLA GIORNATA)

scontri polizia e studenti a bologna il 15 novembre 2013

MANIFESTAZIONI 15 NOVEMBRE 2013 -  gli studenti  manifestano oggi contro l'austerità e per reclamare più fondi per il diritto allo Studio. Da Trieste a Catania le mobilitazioni hanno raggiunto il livello critico con occupazioni e altre azioni dimostrative già da settimane. Oggi a Roma il corteo nazionale per chiedere che il governo e il Parlamento stanzino all'interno della legge di Stabilità più fondi per il sistema dell'istruzione (TUTTI GLI APPUNTAMENTI NELLE PIAZZE).

FLASH MOB DAVANTI AL MIUR - Questa mattina è la giornata di mobilitazione nazionale è iniziata con un blitz della Rete degli studenti medi e dell'UDU sotto al Ministero dell’Istruzione per consegnare al Ministro Carrozza una lettera con le 10 domande che hanno l'obiettivo di far invertire la marcia su Scuola e Università.


Spiega Daniele Lanni, Portavoce Nazionale della Rete degli Studenti Medi: “Oggi abbiamo iniziato la giornata portando una lettera al Ministro in cui le poniamo 10 domande. Sono le 10 domande degli studenti, sul diritto allo studio, sul futuro della nostra generazione, su come deve essere la scuola e l’università del futuro.”

Continua Gianluca Scuccimarra, Coordinatore Nazionale dell’Unione degli Universitari: “Oggi saremo in piazza in tutta Italia, insieme ai lavoratori, contro la legge di Stabilità e per il diritto allo studio. Questa mattina abbiamo portato le nostre domande al Ministro e le abbiamo appese in tutta Roma. Da troppo tempo aspettiamo risposte concrete. Vogliamo investimenti, vogliamo un’inversione di marcia.


IN QUANTI SARANNO? LE VOCI DAI SOCIAL - Sulla fan page facebook di Studenti.it abbiamo chiesto agli studenti se sarebbero scesi in piazza oppure no. In molti hanno confermato la loro presenza - il Vincenzo Cuoco di Napoli partecipa addirittura come scuola - ma non mancano coloro che hanno scelto di rimanere a casa o andranno a scuola perchè i loro rappresentanti di istituto non hanno organizzato nulla.
MANIFESTAZIONI STUDENTI, LEGGI QUI
#15nov proteste studentesche in tutta Italia
LA GIORNATA - Il 17 novembre è la giornata nazionale dello studente e il corteo è stato convocato proprio in occasione di questa ricorrenza. Ecco tutte le piazze che le associazioni degli studenti hanno indetto per oggi.

La giornata di mobiltiazione del 15 novembre arriva dopo le proteste dell'11 ottobre, prima data di mobilitazione nazionale di questo autunno che ha visto moltissimi studenti italiani scendere in piazza.  
Invia foto e segnalazioni su questa giornata a studenti@banzai.it

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COMMISSIONE EUROPEA BOCCIA LA LEGGE DI STABILITA' ITALIANA E AVVERTE: NIENTE INVESTIMENTI. NEL 2014 TAGLIARE E TASSARE

Bruxelles, 15 nov. (Adnkronos) - Per la Commissione europea "c'e' il rischio" che la Legge di Stabilita' per il 2014 "non consentira' all'Italia di rispettare" l'obiettivo per la riduzione del debito" nel prossimo anno. E' quanto afferma la Commissione Ue nei suoi commenti sulla bozza della Legge di Stabilita' per il 2014

 http://altocasertano.files.wordpress.com/2011/11/il-dio-europa-001-vignetta-enzo-damore.jpg
La Commissione ritiene inoltre che la bozza di Legge di Stabilita' "dimostra progressi limitati per quanto riguarda la parte strutturale delle raccomandazioni fiscali emanate dal Consiglio nell'ambito del semestre europeo".
"Per l'Italia c'e' un rischio che, con i piani correnti, la regola della riduzione del debito non sara' rispettata nel 2014". E' quanto indicato nella comunicazione della Commissione sulla valutazione delle leggi di stabilita' dei paesi dell'Eurozona.
La bozza di Legge di Stabilita' analizzata da Bruxelles mette l'Italia a rischio di "non rispetto delle regole su deficit contenute nel Patto di stabilita'": questa l'opinione della Commissione che mette l'Italia nel gruppo dei Paesi a piu' alto rischio di sforamento dei parametri.
L'Italia "non puo' sfruttare la clausola di investimento nel 2014 in quanto, sulla base delle previsioni economiche di autunno della Commissione, non realizzerebbe l'aggiustamento strutturale minimo necessario per portare il rapporto debito-Pil su un percorso di riduzione sufficiente". E' quanto ha concluso la Commissione europea nei suoi commenti sulla bozza della Legge di Stabilita' per il 2014.
La Commissione chiede inoltre di "accelerare i progressi per attuare le raccomandazioni fiscali nell'ambito del semestre europeo". Secondo le regole del Two-Pack, la Commissione puo' chiedere un piano riveduto se ha individuato inosservanze particolarmente gravi negli obblighi della politica di bilancio previsti dal Patto di stabilita' e crescita. Ma, si spiega dalla Commissione, "non e' stato il caso in questo round". Cioè, per ora.

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Bankitalia indagata per reato di usura?

Dopo esposti Adusbef Cassazione annulla valore circolare con cui si giustificava commissione massimo scoperto
 
Dopo esposti di Adusbef di Elio Lannutti sentenza annulla valore circolare con cui Bankitalia giustificava commissione massimo scoperto.
Dopo esposti di Adusbef di Elio Lannutti sentenza annulla valore circolare con cui Bankitalia giustificava commissione massimo scoperto.
ROMA (WSI) - La Banca d'Italia rischia di essere indagata per prestiti e tassi da usura. A smascherare l'operato presunto illecito dell'istituto è la Corte di Cassazione, messa in allerta dalle insistenti denunce dell'associazione a tutela dei consumatori Adusbef risalenti ad aprile 2010.

Nella sentenza si legge che la commissione di massimo scoperto presente nei contratti di contro corrente è un costo illegittimo e pertanto va tenuto in considerazione quale "fattore potenzialmente produttivo di usura", come peraltro già rilevato sia dal Tribunale che dalla Corte territoriale.

Ai fini della determinazione del tasso usurario sono giudicati rilevanti "tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia".

In una circolare Via Nazionale spiegava che la commissione di massimo scoperto non doveva essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi. Così facendo ha di fatto aggirato la norma penale, "che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari".

"Le circolari e le istruzioni della Banca d'Italia - dice la sentenza - non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi" nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino "ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d'Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell'elemento oggettivo".

"Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza di Bankitalia, neppure quale mezzo di interpretazione".

Interpretando la legge 108/96, fa sapere Elio Lannutti, presidente di Adusbef, "la Corte di Cassazione aveva riaffermato che indipendentemente da quanto stabilito dai banchieri e dalle norme amministrative di Bankitalia, il codice penale, ai sensi del quarto comma dell’art. 644 c.p., impone di considerare rilevanti ai fini della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito".

Tra di essi rientra anche la commissione di massimo scoperto.

Per moltissimi anni, ricorda Lannutti, "imprenditori strozzati dagli alti tassi di interesse imposti dalle banche, non hanno potuto far valere le proprie ragioni in giudizio perché, anche se i tassi rilevati trimestralmente eccedevano i tassi soglia (di ben 7/8 punti su base annua), "trovavano ostacolo nella circolare di Bankitalia".

Ora la circolare non avrà più alcuna valenza.

Quando Adusbef inoltrò esposti denuncia alle Procure della Repubblica, chiamando in causa la Banca d’Italia, accusata di aver favorito vantaggi usurari illeciti non dovuti nel determinare i tassi, "in aperta violazione dell’art.644 della legge antiusura 108/96", una serie di magistrati titolari di processi penali contro alcune banche per il reato di usura hanno preso in considerazione la tesi avanzata dall'associazione relativamente al "reato di concorso in usura" commesso da Bankitalia.

Nei prossimi giorni a chiusura delle indagini, riferisce Lannutti, potrebbero procedere a tutelare gli imprenditori usurati dalle banche.
 

Giorgio Napolitano un presidente trasformista al servizio del Nuovo Ordine Mondiale


 Napolitano nei giovani universitari fascisti



http://www.ilpost.it/2013/04/20/storia-di-giorgio-napolitano/

Giorgio Napolitano: “La Resistenza è stata bellissima. Anche se io non l´ho fatta, perché all´epoca militavo nei Gruppi Universitari Fascisti”. [ Giorgio Napolitano, Dal Pci al socialismo europeo. Un'autobiografia politica, Laterza editore ] Benito Mussolini era convinto che i Giovani Universitari Fascisti sarebbero stati “la futura classe dirigente d’Italia”.
Napolitano nel Partito Comunista Italiano


L’euro “tedesco” ci porterà alla rovina. Lo diceva Napolitano nel ’78

discorso in parlamento http://keynesblog.com/2013/04/23/quando-napolitano-era-contro-leuro/


Lo scandalo dei rimborsi di Napolitano mentre che era parlamentare europeo.Ecco il video che in Italia non si è visto

http://www.liberoquotidiano.it/news/686621/Lo_scandalo_dei_rimborsi_di_Napolitano_Ecco_il_video_che_in_Italia_non_si_%E8_visto.html



 Napolitano e l'amicizia con Kissinger membro della Trilateral Commission e del Club Bilderberg 



KISSINGER, UN CRIMINALE DI GUERRA
AL QUIRINALE CON NAPOLITANO


http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/09/kissinger-un-criminale-di-guerra-al.html

Napolitano ed Aspen Institute (succursale italiana club Bilderberg)

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/04/napolitano-alto-tradimento-e-attentato.html

Discorso di Napolitano alla Guardia di Finanza richiamo al Nuovo Ordine Mondiale(video)






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giovedì 14 novembre 2013

Pritchard: se resta nell’euro, nel 2014 l’Italia collassa

Enrico Letta aspetta che sia la Merkel a salvare l’Italia? Be’, buonanotte. Secondo Ambrose Evans-Pritchard, l’Italia sta scherzando col fuoco: avanti di questo passo, sotto la sferza dell’euro-rigore, il nostro paese rischia il collasso già nel 2014

 

 Il problema? L’euro, ovviamente, e il regime di Bruxelles, che taglia lo Stato imponendo sacrifici con un unico orizzonte: la catastrofe. «Quello che serve in Europa oggi è uno shock economico sul modello dell’Abenomics», dice il columnist economico del “Telegraph”, indicando come modello il Giappone di Shinzo Abe. Sovranità monetaria e deficit positivo, per risollevare l’economia. «Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, insieme alla Francia devono smettere di fare finta di non avere un interesse in comune da tutelare». Attenzione: «Questi paesi hanno i voti necessari per forzare un cambiamento». In Francia, sarà risolutiva Marine Le Pen: magari non conquisterà l’Eliseo, ma costringerà i grandi partiti a cambiare agenda, imponendo loro di fare finalmente i conti con Bruxelles, Berlino e la Bce.
Per l’Italia, il disastro è imminente: «Senza un cambio di strategia forte», si prevede lo tsunami già nel 2 Letta e Merkel
2014. «Il paese ha un avanzo primario del 2,5%del Pil, e ciononostante il suo debito continua ad aumentare: il dramma dell’Italia non è morale, ma dipende dalla crisi deflattiva cui è costretta per la sua partecipazione alla zona euro», dice Pritchard nell’intervista concessa ad Alessandro Bianchi e ripresa da “Come Don Chisciotte”. «La politica è fatta di scelte e di coraggio. Fino ad oggi non si è agito per impedire che si dissolvesse il consenso politico dell’euro in Germania. Ma oggi c’è una minaccia più grande. E se Berlino non dovesse accettare le nuove politiche, può anche uscire dal sistema». Fuori dall’euro, dunque. «Il ritorno di Spagna, Italia e Francia ad una valuta debole è proprio quello di cui i paesi latini hanno bisogno. Del resto, la minaccia tedesca è un bluff e i paesi dell’Europa meridionale devono smascherarlo. L’ora del confronto è arrivata». E Letta? Non pervenuto. Pritchard l’ha incontrato a Londra. «Alla mia domanda sul perché non si facesse promotore di un cartello con gli altri paesi dell’Europa in difficoltà per forzare questo cambiamento, il premier italiano mi ha risposto che secondo lui sarà Angela Merkel a mutare atteggiamento nel prossimo mandato e venire incontro alle esigenze del sud».
Per l’analista inglese, «si tratta di un approccio assolutamente deludente», perché «come anche Hollande in Francia, Letta è un fervente credente del progetto di integrazione europea e non riesce ad accettare che l’attuale situazione sia un completo disastro». Chi agita la paura dell’uscita dall’euro dice che la svalutazione produrrebbe iper-inflazione, e questo metterebbe ko la nostra industria di fronte alla concorrenza della Cina. E’ vero esattamente il contrario, dice Pritchard: Pechino ha gioco facile col super-euro proprio perché mantiene lo yuan sottovalutato. La moneta europea è il nostro vero handicap: «L’euro è un’autentica maledizione per le esportazioni, che dipendono dai prezzi e dal tasso di cambio». Da quando vige la moneta della Bce, l’Europa ha perso rilevanti quote di mercato e l’export italiano è crollato. E a chi sostiene che un’uscita disordinata dall’euro produrrebbe iper-inflazione e impennate nei prezzi, Pritchard risponde che già ora i prezzi sono fuori controllo. Eppure, continuiamo a farci del male: in Italia il rapporto debito-Pil in soli due anni è schizzato dal 120 al 133%. E’ la trappola che sta  Ambrose Evans-Pritchard
portando il paese al collasso: «Il problema da combattere oggi è ladeflazione, e non l’inflazione».
Dalla stessa trappola, ricorda il giornalista del “Telegraph”, la Gran Bretagna uscì due volte – negli anni ’30 del Gold Standard e poi durante la crisi dello Sme nel ’91-92 – con lo stesso strumento: rafforzamento della sovranità monetaria e svalutazione per stimolare la ripresa. Il fantasma-inflazione? Smentito dai fatti: lo stimolo monetario ha prodotto nuova economia, senza alcun “impazzimento” dei prezzi. Per cui, «se dovesse lasciare l’euro, l’Italia dovrebbe optare per un grande stimolo monetario da parte della Banca d’Italia, una svalutazione ed una politica fiscale sotto controllo: questa combinazione garantirebbe al paese una transizione tranquilla e nessuna crisi fuori controllo». Ritorsioni da Berlino? «Niente di più falso», replica Pritchard: «Nel caso di un deprezzamento fuori controllo della lira, ad esempio, il più grande sconfitto sarebbe Berlino: le banche e le assicurazioni tedesche che hanno enormi investimenti in Italia sarebbero a rischio fallimento». Inoltre, «le industrie tedesche non potrebbero più competere con quelle italiane sui mercati globali». Quindi, la Bundesbank correrebbe ad acquisire sui mercati valutari internazionali le lire, i franchi, pesos o dracme per impedirne un crollo.
«Si tratta di un punto molto importante da comprendere: nel caso in cui uno dei paesi meridionali dovesse decidere di lasciare il sistema in modo isolato, è nell’interesse dei paesi economici del nord Europa, in primis la Germania, impedire che la sua valuta sia fuori controllo e garantire una transizione lineare. Tutte le storie di terrore su eventuali disastri che leggiamo non hanno alcuna base economica». Lo sanno bene gli economisti di Parigi che ispirano la svolta sovranista di Marine Le Pen, che a partire dalle europee 2014 potrebbe dare la scossa necessaria all’inversione di rotta. «Il programma di Le Pen è chiaro: uscita immediata dall’euro – con il Tesoro francese che proporrà un accordo con i creditori tedeschi: se questi non l’accetteranno, la Francia tornerà lo stesso al franco e le perdite principali saranno per la Germania». Poi c’è la proposta di un referendum sull’Ue sul modello inglese proposto da Cameron. Prima reazione a Bruxelles: gli inglesi sarebbero “stupidi suicidi”. «Argomentazioni ridicole», afferma Pritchard: tutti sanno che, senza Londra (più l’Olanda e la Scandinavia), l’Ue sarebbe finita, e salterebbe anche l’equilibrio tra Francia e Germania. «La decisione inglese è un enorme avviso a Bruxelles: l’integrazione è andata troppo oltre il volere popolare e le popolazioni vogliono indietro alcuni poteri».
La Costituzione europea, continua Pritchard, è stata rigettata dai referendum in Francia e in Olanda. Trattati imposti contro la volontà popolare? «Questa fase in cui si procede senza consultare i cittadini è finita. Questo tipo di arroganza è finito». Problema fondamentale: la confisca della politica economica nazionale. A imporre le tasse e i tagli alla spesa non può essere un organismo non eletto democraticamente. «Non è un caso che la guerra civile inglese sia iniziata nel 1640 quando il re ha cercato di togliere questi poteri al Parlamento o che la rivoluzione americana sia scoppiata quando questo potere è stato tolto da Londra a stati come Virginia o il Massachusetts». Quello che sta facendo Bruxelles è «pericoloso e antidemocratico». L’alibi è la salvezza dell’euro? «E’ ridicolo. La federazione deve essere subordinata ai grandi ideali che plasmano una società e non alla salvezza di una moneta. I Marine Le Pen
paesi devono tornare alla realtà sociale al più presto e non devono pensare a strumenti di ingegneria finanziaria per far funzionare qualcosa che non può funzionare».
Con buona pace degli eurocrati alla Enrico Letta, l’orizzonte decisivo è quello delle europee 2014, col previsto boom degli euroscettici. «Oggi il pericolo maggiore per i paesi dell’Europa meridionale si chiama crisi deflattiva», cioè: mancanza di liquidità, tagli alla spesa, asfissia dell’economia. La recessione «potrebbe presto trasformarsi in una depressione economica, in grado di rendere fuori controllo la traiettoria debito-Pil: è un potenziale disastro». In questo contesto, per il giornalista inglese, la politica si deve porre l’obiettivo del ritorno di una serie di poteri sovrani delegati a Bruxelles. Le elezioni del maggio prossimo? «Saranno un evento potenzialmente epocale: i partiti scettici dell’attuale architettura istituzionale potrebbero essere i primi in diversi paesi – l’Ukip in Gran Bretagna, il Fronte Nazionale in Francia, il Movimento 5 Stelle in Italia, Syriza in Grecia». Parleranno i popoli: gli elettori potranno «esprimere la loro irritazione e frustrazione contro le scelte da Bruxelles». Così, «un blocco politico importante potrà distruggere questo “mito artificiale” che si è costruito: l’Ue non sarà più la stessa e sarà costretta ad essere meno ambiziosa e comprendere che molte delle sue prerogative devono tornare agli Stati nazionali». In altre parole: «I governi di Italia, Spagna e Francia devono riprendere il pieno controllo delle vite dei loro cittadini e non pensare all’allargamento all’Ucraina o alla Turchia. Si tratta dell’ultima battaglia».

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