IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

lunedì 26 settembre 2011

Marcia della Pace: 10 idee per cambiare l'Italia

In 200mila da Perugia ad Assisi per chiedere "PaceFuturoLavoro". Il 50esimo anniversario della manifestazione ideata da Aldo Capitini è un successo straordinario di partecipazione. Alla fine ne esce una mozione che descrive un Paese e un mondo diversi

di rassegna.it

In marcia per la Pace (immagini di Fabrizio Ricci)
A cinquant'anni dalla prima Marcia, da Assisi arriva un nuovo appello per la pace e la fratellanza dei popoli. Al termine di una giornata sorprendente, soprattutto per la straordinaria partecipazione (si stima una presenza di circa 200mila persone) alla manifestazione ideata e realizzata nel 1961 dal filosofo della non violenza, Aldo Capitini, la Tavola della Pace, che organizza ogni anno il cammino da Perugia alla città di San Francesco, ha dato lettura di una mozione in dieci punti che sintetizza le priorità politiche del mondo pacifista italiano.

E allora eccoli quelli che molti hanno subito ribattezato "i dieci comandamenti": promuovere un lavoro dignitoso per tutti; investire sui giovani, sull'educazione e la cultura; disarmare la finanza e costruire un'economia di giustizia; ripudiare la guerra, tagliare le spese militari; promuovere il diritto a un'informazione libera e pluralista; fare dell'Onu la casa comune dell'umanità; investire sulla società civile e sullo sviluppo della democrazia partecipativa: costruire società aperte e inclusive.

Ma per realizzare questi dieci obiettivi - sottolinea il documento finale della marcia - "abbiamo bisogno di dare all'Italia un governo di pace e una nuova politica, coerente in ogni ambito, e di investire con grande determinazione sulla costruzione di un'Europa dei cittadini, federale e democratica, aperta, solidale e nonviolenta e di una comunità del Mediterraneo che, raccogliendo la straordinaria domanda di libertà e di giustizia della primavera araba, trasformi finalmente quest'area di grandi crisi e tensioni in un mare di pace e benessere per tutti".

"Non si contrasta la guerra se non si costruisce la pace e per costruire la pace bisogna ragionare di uguaglianza, di lavoro, di dignità delle persone. Ecco perché siamo ancora qui oggi dopo 50 anni", ha detto Susanna Camusso, segretario generale Cgil, che ha preso parte alla Marcia intervenendo anche dal palco di Assisi. "L'Italia - ha aggiunto Camusso ai microfoni di perlapace.it - è un paese che è stato profondamente diviso, dove si è costruite la logica dell'individualismo, del più forte contro il più debole. Ma in Italia c'è anche chi la pace la vuole costruire, contrastando ogni giorno le diseguaglianze e l'individualismo. C'è ad esempio chi pensa che occorra dare la cittadinanza a chi è nato in Italia, ha studiato in Italia e solo perché è venuto da un altro Paese non è diverso da noi. La verità - ha concluso Camusso - è che c'è un Paese molto meglio di chi lo governa".



Commento di Oliviero Mannucci: Sono d'accordo con quello che dice la Camusso, c'è un Paese molto meglio chi lo governa, per questo motivo sono dell'avviso che lo stato Italiano andrebbe riformato totalmente. A mio avviso, andrebbe costituito una confederazione di microstati, formati da città stato ( le maggiori aree urbane del paese) e da province stato, ognuna indipendente ma confederata alle altre. Le risorse economiche prodotte da ogni microstato dovrebbero rimanere per il 90% sul proprio territorio, e solo una piccola parte di esse dovrebbero andare per mantenere una sorta di governo federale, che formato da rappresentati dei vari microstati, avrà potere decisionale solo su pochissime cose comuni. Per il resto ogni microstato deciderà come meglio crede. Non si può più sostenere un apparato burocratico che costa circa 1000 miliardi di euro l'anno e che prosciuga le risorse prodotte dal lavoro di milioni di italiani, e che poi ti dice attraverso gli spot pubblicitari: Se tutti pagano le tasse, le tasse ripagano tutti (!?). Ma di cosa stiamo parlando? Negli ospedali cercano di non accettare la gente che ha bisogno di cure e molti vengono mandati a casa a morire, è stato reintrodotto il ticket sanitario, la casta politica dopo tanti proclami non si è tagliata un euro, intanto è stata aumentata l'iva al 21% e quindi anche sull'acqua minerale e i carburanti, ci sono politici che prendono una pensione di 3500 euro vita natural durante per essere stati un giorno in parlamento, ci sono 620 000 auto blu, sprechi governativi da paura, e poi mi si viene a dire : Se tutti pagano le tasse, le tasse ripagano tutti Volete riavviare l'economia cari politici dei miei stivali? Abbassate le tasse alle imprese, usate meglio le risorse economiche che avete, riducetevi gli stipendi a 1200 euro al mese ( così poi non mandate la celere a bastonare chi non arriva a fine mese), andate in parlamento in autobus, lavorate 40 anni per arrivare a prendere una pensione da 700 euro al mese, affittate meno palazzi principeschi per le riunioni istituzionali, fate si che i salari dei lavoratori siano allineati almeno con quelli della media europea per chi fatica veramente, e vedrete che l'economia del paese si rimetterà in moto. E ricordatevi che solo Se le tasse non sono inique e spese bene da chi governa, ripagano veramente tutti altrimenti se non siete capaci di gestire l'economia del paese più soldi entranno più danni farete e più aumenteranno gli evasori.

Oliviero Mannucci

Movimento Popolare di Liberazione Nazionale
"Culo a Strisce"

Tunnel Gelmini, neutrini più veloci della luce, che gaffe

Tunnel Gelmini, neutrini più veloci della luce, che gaffe. Ormai è tormentone. L’immaginario tunnel di 750 chilometri, scavato fra Gran Sasso e Cern, è diventato fonte infinita di ilarità e battute salaci. Da Facebook a Twitter (canale #tunnelgelmini) la gaffe del ministro dell’Istruzione è ormai celebre. Il passaggio incriminato della nota ufficial del dicastero, che ha scatenato il putiferio, è questo:”Alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’ esperimento, l’ Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro”.

Le repliche da parte del ministero sono state due. La prima impregnata di fastidio, la seconda più asciutta e ponderata. Dal definire le polemiche come ridicole e infondate, il ministero ha ammesso che forse nel comunicato sono state utilizzate frasi che si prestano a interpretazioni equivoce. Insomma: la Gelmini e il ministero credevano davvero di aver speso 45 milioni di euro per un tunnel immaginario oppure si sono semplicemente espressi male?

La risposta è: non ha importanza. In un momento in cui la rete dovrebbe essere piena di complimenti per i nostri ricercatori, che hanno contribuito a una scoperta di portata potenzialmente storica per la scienza, un fatto di così grande rilevanza è passato in secondo piano. I media hanno preferito strombazzare sulla presunta gaffe della Gelmini, gli italiani hanno preferito irridere il ministro con le loro battutine che si credono argute.

In buona sostanza, in Italia preferiamo dedicarci a demolire l’avversario politico, deriderlo, strumentalizzare qualsiasi cosa pur di gettargli addosso fango (dev’esserci più fango in Italia che petrolio in Libia), invece di concentrarci su quanto di buono siamo capaci di realizzare in Italia. E così, fra satelliti apocalittici svaniti nel nulla, lista-bufala di politici gay e tunnel della Gelmini, i meriti e i problemi reali dell’Italia diventano materia da ultimo dei trafiletti.

Fonte: http://www.newspedia.it/

Commento di Oliviero Mannucci: Questo testimona quale sia il livello culturale medio di coloro che dovrebbero rappresentare il popolo italiano. Farebbero meglio a tornare a scuola prima di fare i ministri....accidenti è vero, la scuola non c'è quasi più! Avete capito adesso perchè l'Italia rischia il default?!

giovedì 8 settembre 2011

Supertassa, la Casta si fa lo sconto ( la solita storia)


Roberto Castelli

Castelli: protetti anche i boiardi del Quirinale. La replica: contributo di solidarietà già applicato

PAOLO FESTUCCIA

Il taglio c’è, ma per la casta si riduce. Certo, qualcosa si muove, ma alla fine, lima di qua e taglia sopra, ecco che per gli onorevoli la «coperta» degli emolumenti si allarga di nuovo. E, infatti, nel rush finale del maxiemendamento le norme sul contributo di solidarietà si alleggeriscono. Tant’è che nella nuova stesura della manovra, fresca del bollo senatoriale, il prelievo sui parlamentari si riduce notevolmente. E così, se nella precedente versione si prevedeva una riduzione del 50% dell’indennità coloro che svolgono un’attività lavorativa con reddito uguale o superiore al 15% dell’indennità stessa, ora, le nuove disposizioni stabiliscono che la «riduzione si applica in misura pari al 20% per la parte eccedente i 90 mila euro e fino a 150 mila euro; e del 40 per cento per la parte eccedente i 150 mila euro».

Naturalmente, il taglio vale per l’anno in corso ma anche per il 2012 e il 2013. Non vale, invece, per le retribuzioni dei componenti degli organi costituzionali, la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale. Nodo questo, che scende giù al viceministro Roberto Castelli, che in aula tuona contro i «boiardi di Stato». «E’ giusto che le caste concorrano prima e più degli altri a fare sacrifici per dare il buon esempio, ma c’è una super casta romana che vuole mantenere tutti i propri privilegi. Infatti - spiega - nel maxiemendamento del governo si può trovare una disposizione che esonera dal taglio delle indennità i super boiardi di Stato della Corte Costituzionale e della Presidenza della Repubblica». Dalle parti del Colle, naturalmente, la bordata non passa inosservata. Tant’è che arriva immediata la replica. «Il Quirinale - precisa con una nota - non solo è estraneo alla formulazione della norma del governo di cui il senatore Castelli fa parte», ma puntualizza che «a tutto il personale della Presidenza già si applica il contributo di solidarietà già a suo tempo introdotto per la pubblica amministrazione. Naturalmente ogni determinazione in materia può essere esplicitata dal governo; è ad esso che spetta dare chiarimenti e indicazioni in proposito». Punto e a capo. Certo, Castelli poi tenta di puntualizzare, «non ha mai detto che la manovra sia stata ispirata dal Quirinale», ma al di là della puntualizzazione, è la seconda volta nel giro di un mese che il Carroccio, nella guerra sui costi della casta, si scaglia contro i presunti privilegi del Quirinale: ad inizio di agosto, infatti, fu il capogruppo a Montecitorio Marco Reguzzoni a dirsi «indignato» per il parco auto di 40 vetture del Quirinale. E anche qui, la replica secca: cinque macchine, non quaranta.

Ma archiviato il botta e risposta, è chiaro a tutti che i privilegi maggiori della casta risiedono proprio nell’emiciclo parlamentare. Stavolta a sterilizzare l’offensiva sui tagli, almeno in parte, sono stati infatti i parlamentari-professionisti, a partire dagli avvocati; in altre circostanza, è toccato a altre categorie. Categorie chiuse a riccio anche contro la proposta del dimezzamento: tutti pare la vogliano, ma nessuno si muove. Tant’è, che al di là delle promesse mediatiche sul dimezzamento numerico di senatori e deputati, il provvedimento (molte le proposte di legge in commissione) annunciato nei giorni non pare sia oggetto oggi del consiglio dei ministri. A Palazzo Chigi stamane si discuterà di eliminazione delle Province, e pareggio di bilancio, per i parlamentari c’è ancora tempo.

Fonte: http://www3.lastampa.it

Commento di Oliviero Mannucci : Questi signori continuano a fare quello che gli pare, ci dovrebbe essere una commissione di controllo fatta da cittadini della Repubblica dello Stato Italiano, i quali dovrebbero controllare il comportamento dei nostri "servitori pubblici" e invece loro decidono tutto, anche di non cacciare i soldi che dovrebbero. Ma questo denota poca intelligenza, oltre che una infinita cupidigia. Prima o poi qualcuno verrà a tirarvi giù da quelle poltrone a calci nel culo e dopo vedremo se non metterete la testa a posto! Cari lettori la prossima volta non andate più a votare, questi signori non ci possono rappresentare perchè non sanno cosa significa arrivare a fine mese con il sudore della propria fronte!

Oliviero Mannucci

Movimento Popolare di Liberazione Nazionale " Culo a Strisce"

martedì 6 settembre 2011

I parassiti dello Stato. Quanto ci costano i politici italiani?


Circa 20 miliardi di euro spesi ogni anno in costi diretti ed indiretti. All'interno il dettaglio delle spese, le possibili soluzioni e l'ambigua posizione del Partito Democratico

E dopo la Chiesa, lo Stato, anzi 'la politica'. Quante sono le persone che vivono direttamente di politica? Un esercito composto da oltre 145 mila tra Parlamentari, Ministri, Amministratori Locali. A questi vanno aggiunti gli oltre 12 mila consiglieri circoscrizionali; 24 mila persone nei Consigli di Amministrazione delle 7 mila società, Enti, Consorzi, Autorità di Ambito partecipati dalle Pubbliche Amministrazioni; quasi 318 mila persone che hanno un incarico o una consulenza elargita dalla Pubblica Amministrazione. E poi la massa del personale di supporto politico addetto agli uffici di gabinetto dei Ministri, Sottosegretari, Presidenti di Regione, Provincia, Sindaci, Assessori Regionali, Provinciali e Comunali; i Direttori Generali, Amministrativi e Sanitari delle ASL; i consigli di amministrazione degli Enti Pubblici.

Ogni anno i costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 20 miliardi di euro. Vediamo di seguito il dettaglio.

Per il funzionamento degli Organi dello Stato centrale (Presidenza della Repubblica, Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Corte Costituzionale, Presidenza del Consiglio), quest’anno i costi saranno di oltre 3,2 miliardi di euro. Per gli Organi di Regioni, Province e Comuni i costi ammontano a 3,3 miliardi di euro. La Corte dei Conti, Consiglio di Stato, CNEL, CSM, Consiglio Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, per funzionare costano 529 milioni di euro. E la Presidenza del Consiglio, 477 milioni di euro. I costi per l’indirizzo politico dei Ministeri ammontano nel 2011 a 226 milioni di euro. Nel 2010 il solo costo per il funzionamento dei Consigli e Giunte Regionali è stato di circa 1,2 miliardi di euro. Per le Province siamo a 455 milioni di euro nel 2008, per i Comuni, di 1,6 miliardi. Per le consulenze, gli incarichi, le collaborazioni e le spese per i comitati e varie commissioni la spesa nel 2009 è stata di 3 miliardi di euro. Per i compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione, organi collegiali, delle Società pubbliche o partecipate ed Enti, locali e nazionali, si sono spesi nel 2010 2,5 miliardi di euro. La direzione delle 255 Aziende sanitarie e ospedaliere ci costano oltre 350 milioni di euro; mentre il costo dei Consigli di Amministrazione è di circa 40 milioni di euro. I costi per il personale di nomina politica, per le Segreterie di Presidenti, Sindaci e Assessori, si aggirano intorno a 1,5 miliardi di euro l’anno.

E vogliamo parlare delle 'auto blu'? Al 31 marzo scorso, le auto blu della Casta risultavano essere 629.120. Uno scandalo mondiale, ancora più grave se si pensa che sono pure aumentate rispetto al 2009 (erano 607.918). Per rendersi conto di questa autentica nefandezza della politica italiana, bisogna proprio...dare i numeri. Questa vergogna costa ai contribuenti 21 miliardi di euro all'anno fra stipendi degli autisti, carburante, pedaggi autostradali, leasing, noleggio. Ed è allucinante pensare che negli Stati Uniti le auto blu sono appena – vieppiù considerando le proporzioni - 73 mila, che in Francia sono 65 mila, 55 mila in Gran Bretagna o 23 mila in Portogallo. Io capirei se i nostri conti stessero più che a posto; in tal caso ci potremmo (si potrebbero...) anche abboffare di “auto blu”; in realtà tutti noi sappiamo bene che invece lo Stato italiano si...puzza dalla fame, tant’è che ha bisogno di una manovra da 40 miliardi.

Ovvio che non si può certo pretendere di abolire totalmente questo parco auto. Ma cosa succederebbe se riducessimo le vetture pubbliche di rappresentanza ai livelli, per esempio, della Francia? o dei virtuosi USA? Ebbene, avremmo 169.200 auto blu, ed un costo di poco più di 5 miliardi, anziché 21. Siamo senz’altro il Paese più “blu” del mondo. E invece dovremmo essere il più “rosso”...il colore della vergogna. E come si potrebbero ottenere altri risparmi di spesa? Con le province, ad esempio. Le province italiane sono 110. Costano al contribuente circa 17 miliardi di euro, cioè quasi la metà dell'importo della stangata a orologeria di Tremonti. Inoltre, se si accorpassero gli oltre 7.400 Comuni al di sotto dei 15 mila abitanti, il risparmio ammonterebbe a circa 3,2 miliardi di euro. Senza contare che con una più “sobria” gestione del funzionamento degli uffici regionali, si potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di euro.

Si perde il conto di quanti inutili sprechi (inutili per noi cittadini, non certo per la “casta”) abbiamo sotto gli occhi e di quanto si potrebbe risparmiare abolendoli. Cifre enormi che potrebbero essere dirottate, per dirne una, a favore dei lavoratori dipendenti e pensionati.

E ora, caro lettore, dovrò farti venire un gran mal di pancia e provocarti un’incazzatura omerica: entrerò nel dettaglio dello stipendio medio di un deputato italiano (e però, lettore mio adorato, prima di continuare la lettura, tira un gran respiro, siediti e cerca di star tranquillo). Allora, la prima voce è l’indennità, la “retribuzione”, pari a 5.487 euro mensili netti (sì, hai letto bene, netti). Segue la diaria come rimborso per le spese di soggiorno a Roma: 4.003 euro mensili. Poi c’è il rimborso per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori di euro 4.190. Inoltre i deputati usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. E comunque è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, ed a 3.995 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km. I deputati dispongono, inoltre, di una somma annua di 3.098 euro per le spese telefoniche. E poi gratis tessera del cinema e del teatro, francobolli, piscine e palestre, ristorante.

Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l’assegno di fine mandato (la liquidazione), che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi). E poi c’è l’assegno vitalizio. Il deputato riceve il vitalizio a partire dal 65° anno di età. L’importo dell’assegno varia da un minimo del 25 per cento a un massimo dell’80 per cento dell’indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare. Vi lascio, infine, con un ultimo, affettuoso pensiero per il PD. I nostri eroi “piddini”, notizia di pochi giorni fa, si sono astenuti sul voto per la soppressione delle Province. Embè, per forza... qua tutti tengono famiglia e le presidenze di provincia occupate dal PD sono 40. Che dire, a me, uomo di sinistra, francamente il PD non di rado mi sconcerta: e stavolta la sua non-posizione sull’abolizione delle Province (che in realtà è una posizione: teniamocele che mi conviene), e un’altra volta prende le distanze dalla proposta di referendum sull’abolizione dell’attuale legge elettorale (la celeberrima “Porcellum”), e un’altra non si espone sul testamento biologico o sulla riduzione del numero dei parlamentari. Non si capisce se facciano così per semplice insipienza, per stupidità politica, o invece sia per calcolo, per convenienza (ma di quelle di piccolo cabotaggio). Ma si rendono conto o no del momento che l’Italia sta vivendo, che stiamo alla canna del gas? Lo capiscono almeno loro che senza forti cambiamenti, senza una scossa politica forte da decimo grado della scala Mercalli, senza uno tsunami di idee nuove il Belpaese è destinato alla morte...cerebrale ? Se anche dopo due segnali forti e importanti come le recenti amministrative e il referendum, il Partito Democratico non ha la forza e le palle di dimostrare agli italiani che non tutti sono uguali, la partita dell'alternativa non comincerà nemmeno, l’arbitro fischierà la fine prima dell’inizio...

Mi calo il cappello sugli occhi e mi addormento.

Fonti: UIL (marzo 2011); Quotidiano.net

lunedì 5 settembre 2011

Pensioni, ecco cosa cambia

Nonostante lo stop su servizio militare e laurea, per la previdenza arrivano regole molto più restrittive. A cominciare dal contributo di solidarietà

Nonostante lo stop sulla stretta relativa al riscatto della laurea e del servizio militare, il 2011 ha messo in campo sostanziali novità. Le norme sono contenute nella manovra contenuta nella legge 111/2011. Vediamo in sintesi cosa cambierà.

Perequazione automatica. E’ un meccanismo che adegua le pensioni al costo della vita. Ebbene a parte le pensioni fino a 1.428 euro – che non subiscono limitazioni le altre subiranno un adeguamento ridotto: solo il 70% per gli assegni di fascia intermedia, oltre i 2.300 blocco totale delle perequazioni. La disciplina ordinaria tornerà in vigore a partire dal 2014.

Speranza di vita. Anticipo al 1° gennaio 2013 del sistema di adeguamento dell’età pensionistica in funzione alle speranze di vita. E’ previsto ogni tre anni l'Istat certifica le speranze di vita e, se queste crescono, automaticamente crescono i requisiti anagrafici per le pensioni di vecchiaia e di anzianità.

Contributo di solidarietà. Tre le ipotesi: fino a 90mila euro lordi nessun prelievo, tra i 90mila e i 150mila prelievo del 5%, oltre l’aliquota passa al 10%.

Età delle donne. Dal 1° gennaio 2020 inizieranno a salire gradualmente requisiti anagrafici, fino ad arrivare al 2032 quando l’età minima per le donne sarà di 65 anni.

Finestre d’uscita. La novità è prevista per chi va in pensione con 40 anni di contributi, senza requisito dell’età. In pratica entrano in vigore delle mini finestre che ritarderanno il godimento della pensione. Il calendario è il seguente: per chi matura i requisiti nel 2012, l’uscita dal lavoro slitta di un mese; due mesi dal 2013, tre per le pensioni maturate a partire dal 1° gennaio 2014.

Fonte: http://economia.virgilio.it

Commento di Oliviero Mannucci: Tanto lo so già come andrà a finire tra qualche anno, le pensioni le beccheranno solo i politici, per tutti gli altri invece il requisito sarà: 99 anni e accompagnati dai genitori !

Manovra, l’articolo 18 sui licenziamenti può essere derogato



L'accordo aziendale potrà derogare le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori ( e quindi si potrà licenziare molto più facilmente).




I contratti di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale possono operare "anche in deroga alle disposizioni di legge" e "alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali": quindi saranno possibili deroghe alle leggi nazionali sul contratto di lavoro per gli accordi aziendali e territoriali, comprese quelle sui licenziamenti. Dunque anche le aziende con più di 15 dipendenti potranno ricorrere più facilmente ai licenziamenti senza giusta causa - aggirando il divieto sancito dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - , potendo sfruttare misure di "indennizzo" alternative al reintegro del lavoratore, se questo potere sarà dato loro da un'intesa con i sindacati maggioritari in azienda.
La "rivoluzione" è contenuta nell'emendamento di maggioranza all'articolo 8 della Manovra, approvato dalla Commissione bilancio del Senato.

Va tuttavia specificato che saranno esclusi dalle deroghe possibili al contratto nazionale di lavoro licenziamenti discriminatori in caso di maternità e congedi parentali. Infatti, si legge nel testo che verrà "fatta eccezione per il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine di interdizione al lavoro, nonché fino a un anno d'età del bambino, il licenziamento causato da una domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento".

Un altro passaggio importante su cui la commissione Bilancio si è espressa è che l'accordo interconfederale del 28 giugno sarà recepito nella manovra. Infatti è stato approvato un emendamento del relatore Antonio Azzollini (Pdl) che inserisce all'articolo 8 del decreto legge anche l'intesa raggiunta dai sindacati il 28 giugno scorso. Inoltre, viene dato il via libera dell'emendamento alla manovra che riguarda la misura che salva gli enti locali, sopprimendo la norma contenuta nel decreto legge. Resta invece il taglio dei consiglieri, come stabilito dal provvedimento.

Fonte: http://economia.virgilio.it