IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

venerdì 7 febbraio 2014

INCHIESTA / 500 MILIONI DI EURO ''INVESTITI DAL KUWAIT IN ITALIA'' SONO UNA BUFALA PAZZESCA DI LETTA. LEGGERE PER CREDERE

Occhio tonto, sorriso guascone. Enrico Letta giubila orgogliosamente per l’arrivo di 500 milioni di euro di investimento del fondo sovrano del Kuwait in Italia. Ennesima zappata sui piedi. Ma, per capire di cosa stiamo parlando, facciamo un passo indietro...

 INCHIESTA / 500 MILIONI DI EURO ''INVESTITI DAL KUWAIT IN ITALIA'' SONO UNA BUFALA PAZZESCA DI LETTA. LEGGERE PER CREDERE.
Cosa sono i fondi sovrani? Sono i nuovi padroni della finanza mondiale.
Al di là dei balocchi più o meno seri degli investitori privati, degli squali della finanza tra i quali campeggia incontrastato – ultimo dei mohicani – quel Soros speculatore durante le avventurose cavalcate liberiste negli anni novanta e armatore di rivoluzione colorate oggi, i fondi sovrani hanno acquisito un potere abnorme con una potenza di fuoco pari ad un totale di diverse migliaia di miliardi di dollari e controllando pacchetti azionari di società pari a 2mila miliardi. Oggi sono circa una ventina e capaci di canalizzare l’economia e la finanza mondiali: i fondi più numerosi e potenti sono quelli arabi (Emirati Arabi, Arabia Saudita, Kuwait, Libia, Qatar, Brunei e Oman) che costituiscono almeno un terzo del settore, ma brillano anche gli asiatici (Cina, Singapore) e occidentali (Norvegia, Canada, Russia).
I loro capitali derivano in alcuni casi, soprattutto per quanto riguarda paesi arabi ed occidentali, dalla produzione, lavorazione e vendita di risorse minerarie ed energetiche, in altri dalle esportazioni commerciali (Asia in primis), ma c’è anche chi gestisce fortune ottenute sui proventi da surplus della bilancia dei pagamenti, operazioni in valuta straniera, proventi di operazioni di privatizzazione, surplus fiscali. L’obbiettivo è quello di investire questi capitali in prodotti finanziari con una programmazione di lungo periodo, completando le strategie di breve periodo realizzate con le riserve nazionali, con diverse finalità: ad esempio finanziare lo sviluppo del paese o integrare il sistema pensionistico, fondi per il risparmio o accumulo di riserve.
I fondi sovrani stranieri operano in Italia da qualche tempo: quello del Qatar ha costituito una joint venture (IQ Made in Italy Venture) con il Fondo Strategico Italiano (FSI), braccio finanziario della Cassa depositi e prestiti (Cdp), per investire nelle eccellenze italiane dei settori moda, lusso e alimentare, veicolando infatti l’acquisto di Valentino Spa ed interessandosi anche del marchio Versace. Il fondo degli Emirati Arabi Uniti, l’Abu Dhabi Investment Authority, è nel capitale di Unicredit, ma fece soprattutto scalpore per l’acquisto di una quota minoritaria in Ferrari. Ma legame più importante è forse quello con il Lybian Investment Authority, anche per i noti trascorsi storici, con partecipazioni tra le maggiori in Eni, Fiat, Unicredit e Juventus. Della campagna acquisti cinese abbiamo già parlato in passato del settore energetico, per quanto riguarda i fondi d’investimento ci si riferisce alla China Investment Corporation, capace di sbattere sul tavolo circa 330 miliardi di dollari.
Ma non pensiamo per questo di essere le pecore nere della classe. Gli investimenti in Italia, grazie alla perifericità della nostra borsa e della struttura statale e familiare del capitalismo nostrano, sono solo una goccia nel mare degli investimenti dei fondi sovrani: ad esempio il Qatar Holding possiede quote in Cina (che rappresenta il 30% del portafoglio) mentre in Europa il peso maggiore è in Germania (21%), Regno Unito (13%), Francia (5%), Svizzera (2%) e Spagna (2%). Citigroup, Bank of America, Barclay, Merril Lynch, Morgan Stanley, Ubs, Hsbc, Credit Suisse, Harrods sono solo una minima parte dei grandi marchi implicati. Mal comune, mezzo gaudio?
Quello esaltato da Letta, il Kuwait Investment Authority (KIA), è il decano nel mondo: creato nel 1953 dallo sceicco Abdullah Al-Salem Al-Sabah, allora a capo di un territorio ancora sotto dominazione britannica e che otterrà l’indipendenza solo otto anni dopo, ebbe l’obbiettivo primario di sollevare l’economia del paese dalla dipendenza del petrolio. Oggi, ben lungi dal possedere un’economia interna diversificata, il Kuwait incanala il 10% dei profitti derivati ogni anno dalla vendita di idrocarburi nel Reserve for Future Generations, gestito direttamente dal KIA, ed ha a disposizione oltre 250 miliardi di dollari, detenendo all’interno del portafoglio quote in società come Blackrock, gruppo di gestione che ha partecipazioni nelle aziende di mezzo pianeta e che naturalmente ha condotto un discreto shopping anche in Italia.
Il nuovo accordo prevede la costituzione di una newco, di proprietà per l’80% del FSI e per il 20% di KIA, che avrà una dotazione di 2,5 miliardi di euro – apportati quindi per una quota pari a 500 milioni dal Kuwait – e capace di investire nel tessuto produttivo nazionale.
“Oggi – questo l’annuncio del premier – è stato finalizzato un importante accordo con il Kuwait. Il Fondo strategico del Kuwait (Kia), che è il più antico dei fondi sovrani, ha deciso di investire sull’Italia 500 milioni di euro messi subito tutti d’un colpo, denaro contante, per capitalizzare il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti. Le risorse saranno gestite dal nostro Fondo strategico per rilanciare le imprese italiane”.
In realtà è stato creato un fondo internazionale, in cui c’è la seria possibilità possa essere riversata tutta una serie di partecipazioni statali nell’industria strategica italiana (Eni, Finmeccanica, Sace, Poste,…), che fanno gola a molti, e col tempo inserirsi in tutto lo scacchiere economico nazionale considerato che al momento l’indice italiano è svalutato del 56% rispetto ai livelli pre-crisi del 2007.
Prima il presidente-operaio, adesso il presidente-mercivendolo.  E pure gonzo.

Scritto da Gabriele Taddei - che ringraziamo.

Fonte


lunedì 3 febbraio 2014

Nella classifica dei Paesi meno corrotti l'Italia "arriva" 69esima

In testa troviamo Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia e Svezia. In coda Afghanistan, Corea del Nord e Somalia. Per incontrare l'Italia bisogna passare tra gli altri l'Uruguay, il Botswana, il Costarica e il Lesotho 

 Dal sito www.trasparency.org 

 

 - In testa troviamo Danimarca, Nuova Zelanda, Finlandia e Svezia. In coda Afghanistan, Corea del Nord e Somalia. Per incontrare l'Italia bisogna passare oltre l'Uruguay, il Botswana, il Costarica, il Lesotho e giù giù fino ad arrivare alla 69esima posizione. E' l'indice, redatto dalla ong Transparency International, sul grado di corruzione di 177 Paesi nel mondo: maggiore è il punteggio ottenuto dai vari Stati, maggiore è il loro grado di "limpidezza".

 

 Fonte 

Commento: I nostri politici fanno la morale a chi evade le tasse, e poi i primi a rubare sono proprio loro.Ci sarebbe molta meno evasione se loro fossero i primi a dare l'esempio, non solo non prendendo bustarelle dalle varie lobby e corruttori vari, ma amministrando in maniera corretta i soldi versati dai cittadini. E invece più incassano e più rubano. Che vergogna! E poi si indignano se il Movimento 5 Stelle si ribella, facendo casino in Parlamento. Andate in galera piuttosto!

Corruzione, la Ue bacchetta l'Italia: "Legami tra politica e criminalità"

Per Bruxelles le nuove norme varate restano ancora insufficienti per arginare il problema. Unico elemento positivo l'introduzione dell'incandidabilità

 - L'Unione Europea bacchetta pesantemente l'Italia: insufficienti le norme anti corruzione. Secondo la Commissione Ue, non solo la nuova legge lascia irrisolti vari problemi perché "non modifica la disciplina della prescrizione, la legge sul falso in bilancio e l'autoriciclaggio", ma resta preoccupante soprattutto il legame "tra politici, criminalità organizzata e imprese". Unico barlume di luce, le nuove norme sull'incandidabilità.

Corruzione, la Ue bacchetta l'Italia: "Legami tra politica e criminalità"
Il report di Bruxelles sulla corruzione in Europa, nella parte dedicata all'Italia, rileva inoltre come "negli ultimi anni sono state portate all'attenzione del pubblico numerose indagini per presunti casi di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e rimborsi elettorali indebiti, che hanno visto coinvolte personalità politiche di spicco e titolari di cariche elettive a livello regionale".

La relazione evidenzia inoltre come solo nel 2012 sono scattate indagini penali e ordinanze di custodia cautelare nei confronti di esponenti politici locali in circa metà delle 20 Regioni italiane, sono stati sciolti 201 consigli municipali, di cui 28 dal 2010 per presunte infiltrazioni criminali e più di 30 deputati della precedente legislatura sono stati indagati per reati collegati a corruzione o finanziamento illecito ai partiti.

Bruxelles: "Stop leggi ad personam" - Bruxelles suggerisce quindi all'Italia di "bloccare l'adozione di leggi ad personam", come il lodo Alfano, la ex Cirielli, la depenalizzazione del falso in bilancio e il legittimo impedimento. I tentativi dell'Italia di darsi norme per garantire processi efficaci, secondo la Commissione Ue, sono stati infatti "più volte ostacolati da leggi ad personam".

"Incandidabilità è importante passo avanti" - La nuova legge anticorruzione e il successivo decreto legislativo sull'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive o di governo in seguito a condanne definitive segnano "un importante passo avanti" secondo la Commissione Ue, che segnala come la norma sia inoltre già stata applicata "nel caso della decadenza da senatore di un ex premier".

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Consiglio d'Europa: le pensioni minime italiane sono inadeguate

Lo denuncia il Comitato per i diritti sociali, che rileva anche come manchi una legislazione adeguata per l'inclusione sociale

 
Che le pensioni minime in Italia fossero troppo basse, lo si sapeva già. Ma se a dirlo è il Consiglio d'Europa, la notizia si trasforma in violazione, riportata nel rapporto del Comitato per i diritti sociali. Strasburgo inoltre denuncia come nel Belpaese manchi una legislazione adeguata a garantire agli anziani un livello di vita pari a quello degli altri cittadini. Le cinquanta pagine del documento reso noto oggi dal Consiglio d'Europa  prende in esame il periodo che va dal primo gennaio 2008 al 31 dicembre 2011.
Le ricerche del Comitato per i diritti sociali hanno analizzato anche le politiche per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, le normative di sicurezza sul lavoro, sul diritto alla salute e all'assistenza sociale. La Carta sociale europea, firmata a Torino nel 1961 e rivista nel 1996,  garantisce i diritti sociali ed economici in materia di alloggio, salute, istruzione, occupazione, circolazione delle persone, non discriminazione e tutela giuridica. Il Comitato per i diritti sociali è incaricato di verificare la compatibilità delle legislazioni dei singoli stati con quanto stabilisce la Carta.

Ivan Francese 

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MISERIA NERA IN EUROPA: IL PROGRAMMA DEI PADRONI DEL MONDO

Miseria nera, programmata a tavolino da chi vuole dominare il mondo e nel vecchio continente si avvale di maggiordomi e camerieri (affiliati a Bilderberg & Trilateral, come Draghi, Letta, Monti, Prodi e tanti altri). In altri termini, va in onda un' Europa da incubo: popoli schiavizzati, alla fame e parlamenti come quello tricolore esautorati da decenni.
 
 
Basta aprire gli occhi e guardarsi attorno per rendersi conto del livello di imbarbarimento e della finzione in atto. Ora, per chi fatica a crederci, c'è un illuminato documento della Commissione Europea, massimo organo di governo di questa sovrastruttura politico-economico-finanziaria che sta stritolando un intero continente:



La disoccupazione aumenterà di anno in anno fino al 2023, le imprese non si riprenderanno più, e ritorneremo agli anni Sessanta come qualità di vita, ovvero mezzo secolo indietro rispetto ai livelli raggiunti dagli Stati Uniti d'America.
Altro che elezioni europee: pura finzione per gli allocchi eterodiretti. L'opinione pubblica non ha alcun peso. I più svegli al massimo si sfogano sul web senza alcuna azione nella realtà materiale.


Senza più regole democratiche. Si assume solo il mero profitto e si licenzia per sempre il lavoro produttivo. Tutto già calcolato e previsto negli atti ufficiali, mentre i soliti leccapiedi indorano la pillola. Nel 2023 l'Europa avrà un tasso di disoccupazione dell'80 per cento, le aziende non avranno modo di riprendersi e il nostro continente regredirà fino ai tempi degli anni '60. Lamentarsi non  serve a niente: bisogna liberarsi delle catene mentali e sociali.

riferimenti: