IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

lunedì 21 ottobre 2019

CON LE MANETTE NON SI COPRE IL DEFICIT DELLO STATO

 

La teoria finanziaria del governo giallorosso (ci scusino, i tifosi della Roma, non abbiamo nulla contro di loro e non spetta a noi difenderli da questa omonimia messa in voga) è questa: se con i limoni disponibili la limonata è scarsa, bisogna spremere di più i limoni. Più o meno: spremere anche la buccia. 

 Di Maio promette al popolo già da lui e dai suoi “liberati dalla miseria” con il reddito di cittadinanza (che costerà allo Stato, per il meccanismo di elargizione e di contenzioso il doppio di quello che andrà nelle tasche dei cittadini e degli stranieri che cittadini non sono) di “coprire” il deficit di bilancio con una bella, ulteriore strizzata dei limoni. Di quelli più grossi, assicura, per ottenere l’applauso di quegli altri, che però tanto fessi non sono. Ci vogliono le manette agli evasori, naturalmente per i più grossi? Certo, gli evasori mi stanno antipatici non meno dei ladri e dei truffatori, alla cui genia quelli che propriamente “evasori” si possono chiamare appartengono. Ma se l’evasione fiscale è nel nostro Paese una delle caratteristiche più spiccate, anche se non originali, ciò è perché si vogliono considerare “evasori” magari quelli che non se la cavano con le 350 voci dei moduli vari per il pagamento delle imposte, quelli che hanno scelto il commercialista sbagliato, professionisti di cui non oggi possono fare a meno, manco i mendicanti.
E, poi che significa “manette agli evasori”? Già oggi gli evasori più grossi ed “abili” ricorrono ad una serie di espedienti, falsi e pasticci vari che sono reati e comportano, se scoperti, le manette. In genere i cosiddetti “grandi evasori” dispongono dei commercialisti più abili e preparati che se la cavano (e li cavano) nel guazzabuglio di leggi, leggine, modifiche, aggiunte, interpetrazioni del sistema fiscale. Così, il giorno che un ufficio speciale antievasione riuscisse a fornire un rapporto plausibile sul fenomeno dell’evasione (che ho ragione di dubitare sia probabile) ne verrà fuori che i peggiori evasori, quelli cui Di Maio vuole vedere in manette, sono quelli che hanno scelto, o comunque hanno trovato il commercialista sbagliato.
Gli altri o sono falliti perché sono stati convinti da quell’angelo custode della vita economica (??) dei Cittadini italiani a “fare il loro dovere”, oppure hanno dato consigli tanto efficaci da farli passare per contribuenti onesti e puntuali quando non lo sono affatto. La realtà è che non si tratta di un numero più o meno di mariuoli che la fa in barba al Fisco (ed ai contribuenti babbei o mal assistiti). C’è un’economia sommersa, che Iddio ce la conservi, perché, se dovesse essere affogata, ci ritroveremmo tutti, e non solo gli attuali “evasori”, con, come si suol dire, il culo per terra. Non sono un economista e fosse per me l’economia e le finanze d’Italia andrebbero in rovina perché pago sicuramente più tasse di quel che dovrei: se trovassi troppi imitatori (il che è difficile) il Paese andrebbe in rovina. Non credo che questa sia la predicazione di un anarchismo fiscale. E’, piuttosto, una riflessione sulla complicazione delle cose semplici che affligge il nostro Paese. Malgrado le buone intenzioni di Di Maio (scusate il riferimento ad un’ipotesi ridicola oltre che impossibile) le “manette agli evasori”, cioè un’ulteriore spremuta di un po’ tutti direttamente o indirettamente, hanno un costo ed una conseguenza politico-economica che strangola il modesto risultato che se ne cava. Anzitutto è ridicolo e degno delle logiche degli “Amici del Bar dello Sport” fare i conti per l’anno prossimo affidando il “ripiano” del bilancio al ricavato di una più rigorosa lotta all’evasione. Manette agli evasori significa, infatti, altri processi, fabbriche chiuse, fallimenti. E, quel che conta di più, un aumento di spese per lo Stato manettaro. Aspettate che i beni dei “grandi evasori” vengano messi all’asta, che si mettano le manette, oltre ai contribuenti furbastri, ai varii Saguto, che si “esauriscano” i procedimenti. Aspettate che la paura delle manette crei più contribuenti onesti e puntuali (e commercialisti disponibili a perdere la fiducia i clienti consigliando loro di essere tali), e poi fate i conti con il fallimento di una parte considerevole dell’economia sommersa, con il suo “indotto” anche di economia alla luce de sole (si fa per dire) e il ripianamento dei bilanci lo salutiamo da lontano. Altro che “manovra per il 2020!!!”. C’è un solo modo di combattere l’evasione fiscale: rendere il meccanismo di prelievo meno complicato. Oggi, anche e soprattutto con il Fisco è troppo difficile essere onesti, quando non è impossibile per chi non voglia fallire il giorno dopo.Ma vallo a far capire a gente come questa che ci governa: pensano solo alle reazioni del pubblico di domani mattina!!Manette! Manette! Sì certo, ce ne vorrebbero, ma quando sono manette invocate, esaltate e predicate, sono quasi sempre per le mani sbagliate.
E non sono certo un modo per ripianare i bilanci.

Mauro Mellini

Fonte 

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Commento di Oliviero Mannucci:  Non c'è nulla da fare! I nostri politici non CAPISCONO o non vogliono CAPIRE. Più aumentano le tasse, più aumenta l'evasione. E' questa l'equazione. I lavoratori, le imprese, la gente che in generale si sporca le mani per vivere è al limite! A LUGANO è pieno di banche con i conti di tutti i partiti italiani, e non solo a LUGANO, e poi pretendono che si tassi anche le mancette che prendono i bambini che fanno la prima comunione. Ma cosa è questa roba? E' così che volete attirare gli imprenditori dall'estero,instaurando uno stato di Polizia fiscale?Le tasse devono avere un limite oltre il quale è un ladrocinio ( e questo limite è stato superato già di parecchio), e chi governa deve imparare a spendere bene le risorse. Più aumentate le tasse e i controlli, più c'è chi deve evadere per necessita o chiude, oppure va ad imprendere all'estero. E' così difficile da capire, non è questa la strada da seguire. Se gli italiani non sono ancora scesi in strada ( vedi Cile) è perché riesce a sopravvivere arraggiandosi come può, e questo non è un reato quando uno Stato iniquo ti succhia il sangue come una sanguisuga. Tassate le multinazionali che vi finanziano sottobanco per far passare le leggi che fanno comodo a loro perché gli fanno fare profitti astronomici piuttosto e imparate a gestire i soldi dei cittadini restituendo loro dei servizi degni di un paese civile. È facile, ogni volta che i conti non tornano ( perché siete degli incapaci) aumentare le tasse o spremere come limoni sempre i soliti.

giovedì 29 agosto 2019

LA SITA? UNA COMPAGNIA CONTROLLATA DALLE FERROVIE DELLO STATO ALLO SBANDO


La nuova piazza della stazione a Poggibonsi

Martedì 27 Agosto mi reco a Poggibonsi per alcune questioni di lavoro prevedendo di tornare a casa prendendo il bus delle 11.20, che sull'orario dalla SITA esposto alla fermata è sospeso sino al 25 Agosto, quindi il 27 è previsto che ci sia.

Faccio quello che devo fare, e avanzatomi un po' di tempo decido anche di andare al supermercato a fare la spesa.
Alle 10. 35 mi reco alla fermata, per aspettareil bus delle 11.20, ci sono anche altre persone, passa il tempo, c'è un caldo bestiale, siamo sotto il sole, perchè gli intelligentoni che hanno fatto la piazza nuova di Poggibonsi a questa fermata non hanno previsto di mettere una pensilina sotto la quale ripararsi dal sole d'estate e dalla pioggia d'inverno.
 Arriva l'orario, ma non arriva nessun bus Firenze via Cassia, aspettiamo ancora, e ancora, nessun bus arriva.
 Inizio a telefonare al numero verde della SITA. A quello dedicato ai reclami non risponde nessuno, c'è solo una musichetta e una voce che dice di attendere.
Decido dopo vari tentativi di chiamare il numero dedicato alle informazioni, anche qui musichetta, una voce dice - Ci sono 3 chiamate prima del suo turno attendere - poi dopo alcuni minuti sotto il sole cocente, ci sono 2 chiamate prima del suo turno, passano ancora alcuni minuti, c'è una chiamata prima del suo turno eppoi dopo altri minuti viene chiusa la comunicazione, in pratica tutto tempo sprecato.
 Rifaccio la trafila, stessa situazione. A questo punto, a dir poco imbufalito, cerco su internet il numero dell'autostazione della SITA di Firenze, chiamo il centralino dove mi risponde il centralinista, gli spiego la situazione e di passarmi un responsabile, no mi dice lui, deve chiamare il numero verde, quello dove non risponde nessuno gli dico io, e insisto per farmi passare un responsabile.
 A questo punto, e solo a questo punto, vengo dirottato verso un qualcuno, che risponde senza qualificarsi ( dimmi il tuo nome e cognome e il numero di matricola ), gli spiego la cosa, mi mette in attesa, altra musichetta, mi risponde un altra persona che indovina dove mi dirotta nuovamente: AL CENTRALINO.
  Il centralinista, sbigottito pure lui mi risponde nuovamente, guardi io sono solo il centralinista non posso fare nulla. Allora ancora più imbufalito chiamo i Carabinieri di Siena che mi indirizzano ai Carabinieri di Poggibonsi, dove sempre sotto il sole, con i surgelati che nel frattempo stanno cominciando a camminare da soli, arrivo dopo 10 minuti a piedi.
  Li mi accoglie un agente, una brava ragazza, che prende i miei dati per fare un esposto. Il tempo passa e arriva l'ora di prendere il successivo bus, quello delle 14.00, che non c'è nenache quello.

Trovo alla fermata un ragazzo che doveva andare a Tavarnelle Val di Pesa, per sostenere un colloquio di lavoro. Il bus non arriva anche questa volta.
Incazzatissimo, richiamo la SITA, che mi riattacca la comunicazione. Perchè vedete, questi vigliacchi, quando mandano i loro controllori sul bus, se hai dimenticato l'abbonamento a casa ti fanno la multa, non vogliono sentire ragioni, ma quando sono in torto loro si defilano come conigli. Ritono dai Carabinieri con la fotografia  l'orario dalla SITA esposto fotografato con il mio telefono.


 I Carabinieri, sempre la signorina di prima, chiama il numero verde, dove non risponde nessuno e allora mi viene chiesto il numero dell'autostazione che io fornisco, e solo dopo altre ore viene chiarito che i bus che ci dovevano essere, non ci sono perchè non sono sospesi sino al 25 Agosto ma bensì sino al 1 Settembre e che l'orario esposto è sbagliato.

 La SITA, mi fa sapere il Carabiniere che si è adoperato per aiutarmi, mi fa le sue scuse. 'STI CAZZI DELLE SCUSE! Che se io se mi dimentico l'abbonamento e faccio le mie scuse ai controllori loro la multa non me la fanno?  MA CAZZO, SE NON AGGIORNATE GLI ORARI COME FA UN UTENTE A ORGANIZZARSI ?
Questo è il modo di lavorare della SITA, cari signori, arroganza, ignoranza, strafottenza, non gliene frega niente degli utenti, a loro è sufficiente incassare, non a fornire un reale servizio. I loro mezzi, spesso viaggiano con le gomme liscie, alcuni autisti guidano stando al telefono, alcune vetture sembrano arrivare da zone di guerra, saltano le corse senza dare spiegazioni, non aggiornano gli orari alle fermate, cosa successa già in passato, insomma una compagnia allo sbando. Ma questa volta una vertenza tramite la FEDERCONSUMATORI se la beccano proprio tutta questi pezzi di merda!  Morale della favola, fra ritardi vari, esposto ai Carbinieri e via dicendo sono arrivato a casa alle 18.20 per colpa delle teste di cazzo! Meditate gente, meditate!

Oliviero Mannucci

venerdì 23 agosto 2019

E mentre i nostri politici stanno "lavorando" alacremente per le loro poltrone...A 3 anni dal sisma. Senza case (e senza speranza), Amatrice resta nella polvere

Da Arquata a Pescara del Tronto fino ai più piccoli Sommati e Retrosi, strade e paesi sono semideserti. La disperazione dei sindaci: «Non sappiamo più come andare avanti» 


Un istrice. Due. Attraversano tranquilli, i fari non li spaventano. Poco prima l’aveva fatto, di corsa, una volpe. Loro, padroni. Buio pesante, silenzio, stelle. Sterpaglia, erba, rami fin sulla stradina, presidiata e interdetta dai militari, fin quasi a coprirla per metà, fin su ad Accumoli, alle sue macerie. Spettrale, c’è anche poca luna stasera. Tragedia pietrificata. Cristallizzatasi. Non fa paura stare qui, fa male. Una casa, al piano terra, barattoli di sott’oli riposti ordinatamente, in fila, nel mobile, le antine rimaste aperte.
Bottiglie. Qui nella piazzetta all’ingresso dell’ex paesino, sulla destra, c’era una farmacia, un bar, c’era un arco, poco più avanti c’era il palazzo antico del Comune, c’erano i bambini, gli anziani, quelli che se n’erano andati e tornavano felici per passare almeno l’estate. C’era. C’erano. Adesso si sente frinire. Si sente, spettrale, questo sì, il rumore dei propri passi dentro un deserto di rovine, cupo, immobile, senza neanche vento. In una nicchia del muro, che intorno aveva un negozio d’alimentari, negli anni passati si vedevano bottiglie d’acqua minerale, accantonate ancora incellofanate, stanotte s’intravedono appena, la vegetazione le ha coperte. Nascoste. Ingoiate.

(Lapresse)
(Lapresse)
Profondi rossi. Tre anni dopo, nulla è troppo diverso. Neanche la notte ad Amatrice, neanche a Pescara del Tronto o ad Arquata. E sono ancora troppi i profondi rossi. Come le zone, i centri storici spesso, che furono devastate e che stanno lì, tutte, come millenovantacinque giorni fa. Come gli occhi dei vecchi, che non si riaccendono. In Umbria, uno striscione scritto con lo spray è firmato dallo "Spi Valnerina", che ha scritto «I terremotati pensionati vogliono ricostruire prima di morire».
Macerie. Sommati, Retrosi e via via le altre frazioni di Amatrice sono vuote e abbandonate. Da qualche parte, qui e là, un po’ di macerie sono state portate via, ma nei 138 Comuni del cratere creato dalle tre grandi “botte” che sbranarono il Centro Italia (il 24 agosto e il 30 ottobre 2016 e il 18 gennaio 2017) il trenta, trentacinque per cento rimane dov’era. S’incontrano panni stesi alle finestre, stanze squarciate, letti e tavoli di cucina, docce affacciate sul vuoto, lampadari che sul vuoto oscillano, scarpe, tovaglie, coperte. Chilometri e poi chilometri, tornanti, tratti di Salaria, Lazio, Umbria e Marche, fino a Visso, Norcia, Camerino, passando per altre frazioni come Campi e Preci, fra casette (le "<+CORSIVO50>Soluzioni abitative di emergenza<+TONDO50>") arrivate dopo due anni e che hanno già dato un bel po’ di problemi, verde di colline, cantieri, pochissimi, qui e là, cimiteri sempre sfasciati, animali, cavalli e mucche tornati a pascolare, avvilimento, tristezze, sensazione fra la gente d’esser stata lasciata sola e neppure più troppa rabbia. «Abbiamo avuto tre governi e tre commissari, ma non sappiamo ancora chi sono i nostri interlocutori», dice Aleandro Petrucci, sindaco di Arquata. «Non sappiamo come andare avanti». Il sindaco di Amatrice, Antonio Fontanella: «Non ci sono nemmeno più le macerie, solo qualche edificio. Non abbiamo più la memoria storica, solo una radura». Scoraggiato anche un altro sindaco, Mauro Falcucci, sindaco di Castelsantangelo sul Nera: «Nessuno rimuove gli ostacoli burocratici. Dopo tre anni abbiamo la sensazione di essere stati dimenticati».

«È la fine». Altri striscioni sparsi fra le tre regioni. Come «2016-2019 terremotati dimenticati» o «Il tempo passa, la ricostruzione è ferma e il paese muore», da «Vergogna, no ricostruire, no ospedale, no bus, è la fine» a «La morte dei paesi abbandonati da tutti». Da quella prima scossa, tre anni fa, sono circa 73mila gli edifici dichiarati inagibili. I cantieri avviati qualche centinaio, le domande per il contributo alla ricostruzione sono 10mila, poco più del tredici per cento. Addirittura la stessa rimozione delle macerie va avanti appunto col contagocce. Anzi, per esempio, è rimasta ferma otto mesi in Umbria e la Regione Marche, a luglio, ha denunciato il rischio di sospenderla per la scarsità di fondi governativi.
Passerelle finite. Le istituzioni sembrano navigare a vista e con rotta ormai consolidata, più il paesino o la frazione sono piccoli, più non ci si è messa mano. «Valiamo pochi voti», ripete molta gente. Aggiungendo che «qui, dopo le passerelle del primo anno, politici non se ne vedono più». Vero. Com’è pure vero che da queste parti, specie in quegli stessi piccolissimi centri, gran parte delle case sono “seconde” e che i proprietari latitano. Un po’ per la grande paura fra 2016 e 2017, un po’ perché poco convinti che valga la pena metter mano al portafogli.
Toccata e fuga. È a sera che si capisce molto e molto meglio. Siamo ad agosto, adesso anche a ridosso dell’anniversario, i turisti ci sono, sono tanti, spesso venuti qui per voglia di dare una piccola mano. I ristoranti amatriciani, per esempio, sono strapieni e senza aver prenotato è difficile riuscire a mangiare. Ma sono gite, visite da toccata e fuga, poche ore e via.
La sera tutto diventa altro. Mostra un volto più vero, meno scanzonato e reattivo, meno estivo. Diverso. Solo. Senza luci nei centri commerciali e di aggregazione, a parte qualche spettacolino musicale per pochi, senza più persone, che nemmeno saprebbero dove passeggiare. Qualcuno, pochi, è seduto fuori dalle casette, nell’aria che sa di fresco. Qualcun altro, ancora meno, gli anziani, siede e fissa il cielo.
Lo spettro. Tre anni dopo, lo spettro è un rischio che sta facendosi realtà. Amatrice contava 1.200 residenze, ora sono sotto le 1.000 oppure ad Accumoli i residenti sono scesi a 400 ed erano 600. Lo dicono i sindaci: «Più tempo ci vorrà per ricostruire, meno saremo». Tante famiglie e tanti giovani se ne sono andati. Gli altri restano. Quelli che si perdono fissando il cielo. Feriti. Avviliti. Fieri. E che resteranno.

 

Figlio di Salvini su moto d’acqua, la procura di Ravenna apre un fascicolo

L’episodio il 30 luglio: il ragazzo usò un mezzo della Polizia di Stato. Si muove il pm


La Procura di Ravenna ha aperto un fascicolo contro ignoti sull’episodio del 30 luglio a Milano Marittima: il figlio 16enne di Matteo Salvini fece un breve giro in mare su una moto d’acqua della Polizia di Stato guidata da un agente in servizio. È quanto si deduce dalla richiesta pervenuta nei giorni scorsi al Viminale su delega della magistratura in merito all’identificazione dei due appartenenti alle forze dell’ordine che cercarono di impedire a un giornalista di Repubblica di filmare la scena.

 
 

giovedì 8 agosto 2019

I “tassisti-squali” di Ciampino: vero incubo del turista medio

Se siete turisti e atterrate a Ciampino trovate gli squali. Avete alte possibilità di essere raggirati da un gruppo di tassisti che presidiano l’aeroporto.

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  Racconta un tassista onesto che conosce bene il problema e che come tanti suoi colleghi preferisce non andare mai al posteggio dell’aeroporto low cost: «Finché ci sono i controlli, bene o male, la situazione tiene; ma di sera o quando quelli della “squadra vetture” dei vigili hanno un cambio turno succede di tutto». Gli squali di Ciampino spesso rifiutano i passeggeri romani troppo informati sulla reale tariffa fissa (dall’aeroporto verso le Mura Aureliane 30 euro). E al turista meno smaliziato chiedono 30 euro a persona, che in alcuni casi, se il tassista usa un mini-van, viene indebitamente moltiplicato per 8, vale a dire per il numero di passeggeri. In passato alcuni degli squali sono stati sanzionati, ma le 2.000 euro di multa sono una goccia rispetto ad incassi gonfiati grazie ai raggiri. Soluzione? «Secondo me - spiega il tassista onesto - bisognerebbe rivedere la tariffa fissa, ma anche introdurre nuovi sistemi, consentendo ad esempio corse con più clienti, magari raggruppando passeggeri con destinazioni differenti, sempre in centro. Bisogna togliere il terreno sotto i piedi agli squali di Ciampino».

Fonte

Commento di Oliviero Mannucci: i tassisti, sono sempre sul piede di guerra quando si tratta di far rispettare i loro diritti, ma qui a Firenze, dove sono io, sono i peggiori frequentatori della strada che si possano trovare. Questa mattina stavo camminando su UN MARCIAPIEDE in una via stretta di Firenze, e sapete cosa è successo? Da dietro a me è sopraggiunto un taxi che senza troppi problemi e salito sul marciapiede proprio davanti a me ostruendomi il passaggio perché a suo dire doveva far passare un altra auto ( che era un altro taxi) e quindi io non dovevo protestare come ho fatto. Caro tassista del mio cazzo, prima si rispetta chi sta camminando sul marciapiede, poi eventualmente, una volta passato il pedone, se non arriva nessun altro a piedi si può salire un attimo su marciapiede, far passare l'auto che è dietro e poi si ritorna in strada e non si rimane a stazionare su marciapiede impedendo di fatto il passaggio ad altri pedoni che stanno arrivando. Io vi avviso, ho nel mio zaino, un bel martelletto, la prossima volta se provate a fare i prepotenti, dovrete ricorrere a CAR GLASS, non ci sono giustificazioni a questo comportamento da coglioni, CHIARO!!!! .
Ci siamo capiti imbecilli patentati non si sa da chi? Inoltre molti di voi fregano i turisti, siete proprio una razza scellerata, VIVA UBER!

giovedì 1 agosto 2019

Caso moto d'acqua, Salvini insulta il videomaker di Repubblica Lo Muzio: "Vada a riprendere i bambini in spiaggia, visto che le piace tanto"

Il vicepremier contro il giornalista autore del filmato pubblicato due giorni fa. In conferenza stampa a Milano Marittima interrompe le sue domande: "Andiamo insieme in pedalò, visto che sei maggiorenne ti posso invitare". Poi l'attacco a Repubblica: "Se voglio ridere leggo il vostro giornale"

 Caso moto d'acqua, Salvini insulta il videomaker di Repubblica Lo Muzio: "Vada a riprendere i bambini in spiaggia, visto che le piace tanto" 

Il video di Salvini junior sulla moto d'acqua della polizia, a Milano Marittima, proprio non va giù al ministro dell'Interno. Matteo Salvini oggi in conferenza stampa ha insultato il giornalista Valerio Lo Muzio, che ha ripreso le immagini pubblicate in esclusiva sul sito di Repubblica. Il vicepremier ha interrotto più volte il videomaker che provava a fare domande: "Lei che è specializzato - ha detto - vada a riprendere i bambini, visto che le piace tanto". "Mi sta dando del pedofilo?", è stata la replica del giornalista."I figli devono essere tenuti fuori dalla polemica politica, attaccate me, lasciate stare mio figlio", ha detto ancora Salvini. E poi con voce alterata: "Mi vergogno a nome di chi coinvolge i bambini nella polemica politica. Non parlo di figli e di bambini. Non ho altro da aggiungere".

"Sto facendo una domanda al ministro dell'Interno, voglio sapere chi mi ha minacciato. Non ritiene che vada chiarito?", ha detto Lo Muzio parlando degli uomini della sicurezza che l'hanno allontanato due giorni fa mentre riprendeva con la telecamera.

Ma Salvini ha continuato a non rispondere. E ha concluso:  "Andiamo insieme in pedalò, visto che sei maggiorenne ti posso invitare".


La questura di Ravenna ha avviato accertamenti sugli agenti coinvolti. Due gli aspetti da valutare: la legittimità della "passeggiata" di Salvini junior a bordo della moto d'acqua della polizia e il comportamento degli agenti nei confronti del giornalista: "O l'abbassi o te la levamo", la frase rivolta al videomaker a proposito della telecamera. "Adesso sappiamo dove abiti", un'altra frase detta dagli uomini della sicurezza a Lo Muzio due giorni fa.

Ma Salvini oggi in conferenza stampa non ha voluto neppure rispondere al giornalista di Repubblica Carmelo Lopapa che gli poneva domande su Gianluca Savoini e sul caso Moscopoli. Ed ha attaccato il giornale: "Repubblica è un giornale che mi diverte un sacco. Se voglio ridere leggo il vostro giornale".


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Commento di Oliviero Mannucci: Ministro Salvini, ma non sarebbe stato meglio chiedere scusa a tutto il popolo italiano?! Non avrebbe fatto più bella figura?! Questi sono i fatti che mi dicono che faccio bene a non votare più per nessuno, perché voi politici avete perso il senso della misura. Quando avete quella poltrona sotto il sedere credete di essere onnipotenti e dimenticate il rispetto per i vostri datori di lavoro e sovrani, il popolo italiano. Se io mi fossi trovato su quella spiaggia con una telecamera avrei fatto la stessa cosa del giornalista che l'ha filmata, e sa perché? Se io non pago...che dire, l'assicurazione della mia automobile, perché in difficoltà economiche, non mi vengono a chiedere : Come mai? Me la sequestrano e basta! Se la legge è uguale per tutti, chi sbaglia paga, ed è giusto che paghi, a maggior ragione chi come lei dovrebbe dare l'esempio e che oltre ad aver sbagliato alla grande, cerca di usare con arroganza il proprio potere per far minacciare chi ha semplicemente compiuto un dovere civico. Bell'esempio che ha dato a suo figlio!

giovedì 4 luglio 2019

L’Enel gli chiede 45 mila euro: vince la causa dopo 10 anni

Dopo la sostituzione del contatore guasto nel 2009, l’ente di gestione del servizio elettrico gli aveva chiesto il pagamento di consumi arretrati. Per questo a Pietro Grippi, l’Enel che oggi prende il nome di Servizio elettrico nazionale, avvio una procedura per il pagamento di 45 mila euro a titolo di risarcimento.
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Dopo 10 anni però sembra essere finito l’incubo dell’uomo che è riuscito a dimostrare l’infondatezza della richiesta, riuscendo ad ottenere la revoca del decreto ingiuntivo. Il gestore è anche stato condannato al pagamento di 4.300 euro.
Il giudice onorario della terza sezione civile del Tribunale, Francesca Taormina, ha accolto le tesi dell’avvocato Giuseppe Geraci secondi cui i consumi sarebbero sì avvenuti quando il panificio di via Amedeo d’Aosta, a Settecannoli, era sotto sequestro per altre vicende e in parte inattivo ma il modo di procedere dell’allora Enel fu discutibile. Il gestore sostituì il contatore guasto, con una percentuale di errore dell’80 per cento sui consumi effettivi, senza dare la possibilità all’utente di difendersi rispetto all’ipotesi avanzata. Il modo di procedere venne  contestato anche dall’amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale.
Determinante per la decisione del giudice è stata anche la perizia del consulente tecnico nominato dallo stesso tribunale. L’Enel, in sostanza, avrebbe dovuto seguire la regolare prassi per accertare la situazione del contatore. “Incombe al gestore dimostrare la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e il dato trascritto nella fattura”, si legge nella sentenza. La valutazione, inoltre, sarebbe dovuta essere dettagliata e doveva essere resa nota al cliente prima di operare la sostituzione del contatore. Cosa che è necessario fare, secondo quanto disposto dall’Authority per l’energia, informando in maniera dettagliata il cliente, perché possa effettuare le sue considerazioni.

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Scandalo a Reggio Emilia, “lavaggi del cervello” per affidamenti illeciti

Tra i 18 arrestati, anche il Sindaco del Pd di Bibbiano Andrea Carletti


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Diciotto persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano Andrea Carletti, politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti di una Onlus di Torino sono stati stati raggiunti da misure cautelari dai carabinieri di Reggio Emilia.

Al centro dell’inchiesta ‘Angeli e Demoni’, coordinata dal sostituto procuratore Valentina Salvi, la rete di servizi sociali della Val D’Enza, accusati di aver redatto false relazioni per allontanare bambini da famiglie e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti. Gli indagati sono decine e quello ricostruito dagli investigatori è un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro. Tra le contestazioni emergono ‘lavaggi del cervello’ ai minori in sedute di psicoterapia, anche con impulsi elettrici per “alterare lo stato della memoria”. Tra i reati contestati frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamento su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso.
( ANSA)


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giovedì 11 aprile 2019

Stefano Cucchi, il testimone imputato parla in aula: “Schiaffi, spinte e calci in faccia. Così i miei colleghi lo picchiarono”

 Il vicebrigadiere dei carabinieri Francesco Tedesco, super teste e imputato per omicidio preterintenzionale, depone in aula e conferma le accuse ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro nel processo-bis sulla morte del geometra romano. 


La ricostruzione minuto per minuto di quanto accaduto - secondo la sua versione - nella notte dell'arresto: "Dissi: 'Basta, che cazzo fate'". E sui giorni seguenti: "Ero solo e terrorizzato. Il maresciallo Mandolini mi minacciò e mi disse di seguire la linea dell'Arma'". Le scuse alla famiglia e agli agenti della penitenziaria: "Nove anni di silenzio sono stati un muro insormontabile". La sorella Ilaria: "Finalmente la verità dopo 10 anni di menzogne e depistaggi". Di Maio: "Deposizione sconvolgente"

 Stefano Cucchi, il testimone imputato parla in aula: “Schiaffi, spinte e calci in faccia. Così i miei colleghi lo picchiarono”

Iniziò tutto al fotosegnalamento perché Stefano Cucchi “si rifiutava di prendere le impronte”. La notte del 15 ottobre 2009, quella del presunto pestaggio del geometra romano, poi deceduto una settimana più tardi all’ospedale Pertini, partì così secondo la versione fornita in aula da Francesco Tedesco, il carabiniere imputato nel processo-bis insieme ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Un “battibecco”, lo chiama nel suo atto d’accusa davanti alla Corte d’Assise di Roma dopo aver chiesto scusa per i nove anni di silenzi alla famiglia Cucchi e agli agenti di polizia penitenziaria finiti sotto accusa nel primo processo. Ma il litigio non finisce lì: “prosegue” fuori dalla stanza e si trasforma in altro. Un vero e proprio pestaggio, secondo la versione del carabiniere brindisino che ha rotto il silenzio: uno schiaffo violento in pieno volto, un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano e ancora una spinta con “con violenza” che provocò “una caduta in terra sul bacino“. Così Cucchi “sbattè anche la testa” e poco dopo “D’Alessandro gli diede un violento calcio all’altezza del volto”. “Una deposizione sconvolgente“, la definisce il vicepremier Luigi Di Maio.
Il racconto in aula dieci anni dopo
A quasi dieci anni dalla morte di Cucchi, Tedesco racconta tutto d’un fiato in aula la sua versione della notte in cui il 31enne venne fermato e portato nella caserma Casilina. “Non era facile denunciare i miei colleghi – ha spiegato il vicebrigadiere – Il primo a cui ho raccontato quanto è successo è stato il mio avvocato. In dieci anni della mia vita non lo avevo ancora raccontato a nessuno”. Anche a causa di un clima che in quei giorni, all’interno delle caserme, lo aveva “terrorizzato”. Perché almeno un suo superiore sapeva, Roberto Mandolini, lo “minacciò esplicitamente” e gli disse “di seguire la linea dell’Arma”. Non un consiglio, ma qualcosa di percepito come una “violenza”, una sorta di ordine che – se non rispettato – avrebbe potuto portare al suo allontanamento dai carabinieri.


“Così lo pestarono, chiedo scusa alla famiglia”

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Stefano Cucchi. Risultato del pestaggio subito dai Carabinieri.


Ha raccontato tutto dopo essersi accomodato in aula e aver chiesto scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria imputati nel primo processo: “Per me questi 9 anni di silenzio sono stati un muro insormontabile”, ha detto aprendo la sua deposizione. Quindi il pestaggio, quasi in presa diretta, tutto d’un fiato: “Al fotosegnalamento Cucchi si rifiutava di prendere le impronte: siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Alessio Di Bernardo è proseguito. Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto”, racconta entrando nei particolari. È l’inizio delle violenze, che proseguono: “Poi lo spinse e D’Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete'”, racconta Tedesco. Ma la sua reazione non ferma i colleghi: “Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii un rumore della testa che batteva. Poi D’Alessandro gli diede un violento calcio all’altezza del volto”.

 “Mandolini sapeva, il verbale era già pronto”
Tedesco – che risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto e calunnia insieme al maresciallo Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia – ha poi puntato il dito proprio contro il maresciallo. Secondo la sua ricostruzione, “Mandolini sapeva fin dall’inizio” quanto accaduto perché era stata la prima persona con la quale il vicebrigadiere e D’Alessandro e Di Bernardo avevano parlato. La sera stessa dell’arresto di Cucchi, dopo il pestaggio, i tre portarono il geometra presso la stazione Appia dove i colleghi sotto accusa parlarono con Mandolini di quanto era successo. “Arrivò anche Vincenzo Nicolardi (imputato anche lui con l’accusa di calunia, ndr) – aggiunge Tedesco – che parlò, solo, con Mandolini”. Quando “arrivammo alla caserma Appia in ufficio il verbale era già pronto e il maresciallo Mandolini mi disse di firmarlo” mentre “Cucchi non volle firmare i verbali”, ha spiegato il carabiniere.

 “Mi disse di seguire la linea e mi minacciò esplicitamente”
“Mentre stavamo in auto per rientrare alla caserma Appia – ha aggiunto – Cucchi era silenzioso, si era messo il cappuccio e non diceva una parola, chiedeva il Rivotril”, farmaco usato per l’epilessia. Il carabiniere brindisino si è addentrato quindi nel clima di quei giorni, al centro dell’inchiesta sul depistaggio appena chiusa e che coinvolge 8 carabinieri, tra cui due ufficiali: “In quel periodo tutto passava da Mandolini per la vicenda Cucchi. Lo fermai un giorno chiedendogli cosa avremmo dovuto fare nel caso ci avessero chiesto qualcosa, ma lui mi rispose ‘Tu non ti preoccupare, devi dire che stava bene. Tu devi seguire la linea dell’arma se vuoi continuare a fare il carabiniere'”. Quelle parole, ha chiarito, venne percepite “come una minaccia abbastanza seria”. Non solo perché, aggiunge Tedesco, “la prima delle due volte che sono stato sentito dal pm, poi, venni accompagnato da Mandolini il quale non mi minacciò esplicitamente, ma mi disse sempre di stare tranquillo e di dire che Cucchi stava bene. Io, però, non mi sentivo affatto tranquillo”.


“Ero terrorizzato, solo contro un muro”
E ha quindi spiegato che in quei giorni “dire che ebbi paura è poco”. Si è definito “letteralmente terrorizzato”: “Ero solo contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono reso conto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, un fatto che avevo denunciato”, ha detto davanti alla Corte. “Ero solo, come se non ci fosse nulla da fare. In quei giorni io assistetti a una serie di chiamate di alcuni superiori, non so chi fossero, che parlavano con Mandolini – ha aggiunto – C’era agitazione. Poi mi trattavano come se non esistessi. Questa cosa l’ho vissuta come una violenza”.

“Quando ha parlato Casamassima non mi sono più sentito solo”
Negli scorsi mesi il pm Giovanni Musarò aveva svelato che Tedesco, nell’estate 2018, era stato ascoltato più volte dopo aver rivelato a nove anni di distanza che il geometra 31enne venne “pestato” da due suoi colleghi. Oggi Tedesco ha confermato in aula quanto ricostruito davanti ai magistrati della procura di Roma nel corso degli interrogatori.  “Io ho avuto paura perché, quando il 29 ottobre 2009 sono stato costretto a non parlare, mi sentivo in una morsa dalla quale non potevo uscire. Ho capito che il muro cominciava a sgretolarsi quando Casamassima (Riccardo, uno dei militari che ha fatto riaprire l’inchiesta) ha cominciato a parlare e non mi sono sentito più solo come prima”, ha detto in aula durante l’interrogatorio rispondendo al pm che gli chiedeva perché non avesse rotto prima il silenzio. “La lettura del capo di imputazione contro di me ha inciso sulla mia decisione di parlare”, ha aggiunto perché il pestaggio descritto “corrispondeva a ciò che avevo visto” e quando “ho letto che il pestaggio e la caduta avevano determinato la morte di Cucchi ho riflettuto e non sono riuscito più a tenere dentro questo peso”.

Ilaria Cucchi: “Finalmente la verità dopo 10 anni di menzogne”
Per Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, con la deposizione di Tedesco “dopo dieci anni di menzogne e depistaggi in quest’aula è entrata la verità raccontata dalla viva voce di chi era presente quel giorno”. Per quanto riguarda le dichiarazioni e le intenzioni espresse dal comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, in una lettera invitata alla famiglia nelle scorse settimane “ci fanno sentire finalmente meno soli, si è schierato ufficialmente dalla parte della verità”. La sorella del geometra romano prosegue: “A differenza di quello che qualcuno dei difensori ogni udienza dà ad intendere, chi rappresenta l’Arma non sono i difensori degli imputati ma è il loro comandante generale, che ora si è schierato ufficialmente dalla parte della verità”, ha aggiunto. “Sentivo il carabiniere Tedesco descrivere come è stato ucciso mio fratello – ha concluso Ilaria – e il mio sguardo cercava quello dei miei genitori che ascoltavano raccontare come è stato ucciso il loro figlio. È stato devastante, ma a questo punto quanto accaduto a Stefano non si potrà mai più negare”.

Di Maio: “Rispetto per la famiglia Cucchi e per il comandante Nistri”
La deposizione di Tedesco”è sconvolgente e restituisce dignità a una famiglia che chiede giustizia da anni”, commenta con un lungo post su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio. Il capo politico del M5s sottolinea la necessità di “rispetto” innanzitutto per la famiglia Cucchi, “per la loro sofferenza, per la loro legittima ricerca della verità“. “E in questo senso – continua Di Maio – mando un abbraccio a Ilaria e ai suoi cari, esprimendo loro la mia vicinanza per tutte le difficoltà trascorse, per le minacce ricevute, per i momenti di dolore e di abbandono che però non li hanno mai fermati“. Il vicepremier parla di “rispetto” anche per “l’Arma dei Carabinieri, per ciò che rappresenta, per il lavoro che svolge ogni giorno a tutela della nostra sicurezza” e loda la lettera scritta dal Comandante Giovanni Nistri che ha ipotizzato di chiedere alla Presidenza del Consiglio l’autorizzazione a costituire l’Arma parte civile nel processo. “Rappresenta a mio avviso una condotta esemplare da parte di un vero uomo delle istituzioni, che non ha mai cercato consensi, né notorietà”, scrive Di Maio. “Chi si macchiò, direttamente e indirettamente, del decesso di Stefano pagherà“, continua il post, ma “non si faccia di tutta l’erba un fascio“. “Siamo tutti dalla stessa parte. Dalla parte della verità!”, conclude il vicepremier.

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Commento di Oliviero Mannucci: Ci possono essere scuse per un comportamento così barbaro e malvagio, io credo di no! Vergogna!!!!!

sabato 6 aprile 2019

MEZZI PUBBLICI, NO MEZZO PRIVATO? AHIAIHAI!

Cari lettori, io durante l'anno mi avvalgo come molti dei mezzi pubblici, ci sono spot alla radio, alla televisione, sui giornali, che invitano ad usare il mezzo pubblico e non quello privato per i propri spostamenti e io lo faccio, ma c'è un piccolo problema.... SPESSO I MEZZI PUBBLICI NON SONO AFFIDABILI!!!!!!!!

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 Questo perché gestiti da persone totalmente irresponsabili e non competenti, che con tutto il rispetto per chi pulisce i cessi, dovrebbero andare a fare questo mestiere invece che i manager. Durante l'anno io utilizzo sia i mezzi ATAF che quelli di BUSITALIA e i treni. I treni, spesso sono sporchi, sovraffolati e in ritardo. L'ATAF idem, e BUSITALIA  fa proprio cagare, più di tutti. Saltano le corse, non rispettano gli orari e sono molto arroganti.

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 Se il bus non passa, o arriva in ritardo, e perdo ore di lavoro e chiedo il giusto rimborso, non solo del biglietto o uno sconto dell'abbonamento successivo per il danno arrecatomi e anche del mancato guadagno, BUSITALIA si eclissa, fa orecchie da mercante, e se parli con un ispettore di questo problema, ti dicono con arroganza - Vuole il rimborso, dovrà mettere un avvocato -  Quindi ti costringono ad adottare il famoso detto della Bibbia - Occhio per occhio, dente per dente -  cioè non pagare più niente, ne biglietti ne abbonamenti, per avere una sorta di rimborso preventivo coatto, perché tanto è sicuro che durante l'anno si verificheranno una serie di disguidi che se viaggi tutti i giorni con i mezzi pubblici, cominciano a pesare sul proprio bilancio per qualche migliaio di euro. Perchè se io non mi presento a lavoro in tempo, mi detraggono ogni ora di lavoro persa, senza contare il cazziatone del dirigente, che se gli spieghi che il ritardo è dovuto ai mezzi pubblici, pensa alla solita scusa per scaricare la responsabilità sugli altri.
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 Ho provato per anni a segnalare gli innumerevoli disguidi alla REGIONE TOSCANA, ma non fanno un cazzo anche loro, fanno finta di farsi carico della cosa, ma poi se ne fregano altamente. Morale della favola, fate come me, affrontate i controllori tranquillamente, fatevi fare la multa, e poi non pagate niente. Così saranno loro a dover mettere l'avvocato! Io oramai faccio così da tempo, e vi garantisco che funziona. Alla fine dell'anno, se non altro pareggio le perdite che avrei dovuto subire, con il risparmio su biglietti e abbonamenti. Questo lo dico, dopo più di trent'anni in cui ho sempre pagato tutto sino all'ultima lira e centesimo. In Italia, purtroppo, se si vuole essere rispettati BISOGNA FARE COSI'. Altrimenti lo prendi sempre nel culo!

P.S. Qualche anno fa, quella che fu la SITA, ora BUSITALIA, truffava i viaggiatori facendo pagare il biglietto Poggibonsi  Via Cassia, lo stesso prezzo del Poggibonsi Via superstrada. Fino a quando un giorno chiamai i Carabinieri. Il dirigente dell'autostazione di Firenze, non voleva sentire ragioni, nonostante che le tariffe stampate da loro, indicavano chiaramente che il biglietto Via Cassia aveva un importo inferiore  da quello loro ingiustamente richiesto e mi disse: Lei non è intelligente, lei non capisce niente. Salvo poi all'arrivo dei Carabinieri ammettere la propria colpa. E io mi tolsi una grande soddisfazione, soprattutto quando i Carabinieri mi ringraziarono dicendomi: Lei è meglio del Gabibbo!

sabato 30 marzo 2019

Ciampino: "Pasquino" se la prende con i parcheggi a pagamento e con i politici "ladri"

CIAMPINO (attualità) - Un cartello affisso su un parcometro di via Mura di Francesi


"Pasquino" in versione ciampinese colpisce - quasi in via del tutto inedita - e s scaglia contro "i politici locali che hanno rubato 48 milioni" di euro e contro l'aumento che delle tariffe per la sosta a pagamento.
Il cartello, affisso proprio su uno dei parcometri di via Mura dei Francesi nei giorni scorsi e pubblicato sul gruppo Facebook "Ciampino e dintorni, informazione e cronaca", si conclude con un perentorio "Vi saluto ladroni".

 pasquino ciampino ilmamilio

















A parte il folklore del cartello scritto a mano su un cartone ed affisso alla macchinetta del parcheggio, è evidente che l'aumento delle tariffe di cui si discute da mesi e che rappresenta un'azione di tentativo di rimpinguare le casse comunali esangui da parte della commissaria prefettizia, turbi il sonno ai cittadini.
Una cosa è certa: "Pasquino" coglie nel segno e l'impressione, a leggere la grafia, è che si tratti di una persona anziana. E particolarmente avvelenata.

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lunedì 11 marzo 2019

Attenzione ad ENEL ENERGIA ne combina di tutti i colori !

ENEL ENERGIA, SIAMO ALLA TRUFFA!

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Enel Energia continua ancora nella sua martellante campagna "porta a porta", tesa a far disdettare agli utenti i contratti di energia elettrica o/e di gas.
Ma la campagna ha sempre i contorni della pratica scorretta e sleale, perchè ai consumatori viene sempre dato ad intendere che si tratta sempre della "vecchia" Enel e perchè si promettono cifre iperboliche di presunti sconti, che poi non si riscontrano sulle bollette.
Ultimamente, però, si sta oltrepassando il limite della decenza: infatti sono decine e decine i reclami giunti presso le nostre sedi, da parte di consumatori che non hanno mai sottoscritto alcun contratto con Enel Energia, ma si sono visti recapitare le fatture. Indagando a fondo e chiedendo la copia di tali contratti, abbiamo scoperto che non erano mai stati firmati dagli utenti, ma probabilmente dagli stessi venditori. Che, è bene ricordarlo, fanno parte di strutture esterne al gruppo Enel e hanno tutto l’interesse a fare quanti più contratti possibili e nei modi più disparati. Senza alcuna preparazione professionale e senza alcuna sensibilità nei confronti dei consumatori!
Occorre tornare a fare un po’ di chiarezza, e l’Autority dell’Energia dovrebbe fare anche la sua parte, controllando e sanzionando questi comportamenti a dir poco illegittimi.
Intanto ripetiamo ai consumatori che Enel Energia non ha nulla a che fare con Enel Servizio Elettrico, perchè l’una fa parte del mercato e l’altra, invece, del settore vincolato. E’ logico, a questo punto, che Enel Energia debba quanto meno cambiare nome, senza indurre così confusione per i consumatori, desiderosi solamente di riuscire a risparmiare sulle tariffe.
Inoltre, a proposito di tariffe, Enel Energia millanta sconti che poi non si ritrovano nelle bollette, tanto che gli utenti fanno subito istanza per rientrare nella vituperata "vecchia" Enel.
Rivolgiamo un accorato appello ad Enel Energia, azienda con la quale le associazioni dei consumatori hanno stretto anche un protocollo d’intesa: BASTA CON QUESTE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE! BASTA CON QUESTE ESTERNALIZZAZIONI DA DILETTANTI! TORNIAMO AI CONTRATTI CORRETTI FATTI SOLO ED ESCLUSIVAMENTE DAL PERSONALE ENEL E DA AZIENDE SPECIALIZZATE!

http://www.polidream.org/lo-sportello-del-consumatore/enel-energia-siamo-alla-truffa/ 

Leggi cosa pensano i già clienti di Enel Energia 

sabato 2 marzo 2019

Formigoni condannato in Cassazione, va in carcere

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La decisione della suprema corte: all'ex governatore 5 anni e 10 mesi per la corruzione nel processo Maugeri-San Raffaele

 

Roberto Formigoni è stato condannato a 5 anni e 10 mesi in via definitiva dalla Corte di Cassazione per il reato di corruzione: era a processo per il crac delle fondazioni Maugeri e San Raffaele.
Non appena verrà trasmesso il dispositivo della sentenza della Cassazione, il sostituto pg Antonio Lamanna, titolare del fascicolo, emetterà l’ordine di esecuzione della pena e quindi per l’ex governatore lombardo si apriranno le porte del carcere.
Il verdetto è arrivato dopo poco più di tre ore di camera di consiglio.
L’accusa aveva chiesto la “massima pena” e cioè la conferma della condanna a 7 anni e 6 mesi, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La Cassazione ha confermato la condanna, ma con uno sconto, dovuto agli effetti della prescrizione.
SENZA SCONTI – Formigoni, 71 anni, andrà in carcere senza godere dei benefici penitenziari, a partire dalla detenzione domiciliare prevista per gli ultrasettantenni, esclusa dalla nuova legge “spazzacorrotti” per i condannati per reati, come la corruzione, contro la pubblica amministrazione.
LE TAPPE – Il processo di primo grado era iniziato nel maggio del 2014 e nel dicembre del 2016 Roberto Formigoni era stato condannato a 6 anni di carcere, con l’interdizione dai pubblici uffici.
In appello, lo scorso settembre, e come richiesto dall’accusa, Formigoni era stato condannato a sette anni e mezzo, un anno e mezzo in più rispetto al primo grado.
LE ACCUSE – Le accuse al “Celeste” vennero rivolte dai pubblici ministeri per l’ipotesi di reato di corruzione in campo sanitario: un accordo col mediatore Pierangelo Daccò, uomo chiave nel passaggio di soldi dalla Regione a strutture private. In cambio a Formigoni venivano dati una serie di “benefit” per un valore di 6,6 milioni. I finanziamenti pubblici arrivati al San Raffaele ammontano a 120 Milioni, e 180 milioni per la clinica Maugeri.

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Acerra, il vescovo tuona contro i cattivi politici: «Bande di ladri»



Gran folla ai funerali dell’ex sindaco di Acerra Immacolata Verone ed il vescovo striglia i cattivi politici. Più di un migliaio persone hanno salutato, stamattina nella cattedrale, per l’ultima volta il primo sindaco donna di Acerra eletto a suffragio diretto 14 anni fa dopo lo scioglimento della civica assise per infiltrazioni camorristiche.

«È stata al servizio del bene comune perché amava veramente Acerra» ha esordito monsignor Antonio Di Donna durante la sua omelia ripercorrendo la storia amministrativa, ma soprattutto di di insegnante e volontaria impegnata nel sociale di “Titina” Verone, morta a 69 anni giovedì sera a seguito di una lunga malattia.

«La politica è appunto un servizio per costruire una città migliore e coloro che non operano così sono solo una banda di ladri» ha tuonato dall’altare don Antonio Di Donna citando Sant’Agostino. In prima fila c'era il sindaco Raffaele Lettieri, il presidente del consiglio Andrea Platto e la presidente dell'Unicef Margherita Dini Ciacci. Accanto a loro i familiari di Verone. «Beati quei politici che non guardano alla prossima elezione, ma alla generazione futura», incalza monsignor Antonio Di Donna per poi scagliarsi contro i vizi capitali della politica: corruzione, arricchimento personale,  favori personali invece di diritti e mancata tutela dell’ambiente. «Ed è per questo che non bisogna disperdere la lezione di Titina e prenderne il testimone di un’esistenza spesa per gli altri», ha esortato Di Donna.

Alla fine della celebrazione tra scroscianti applausi un corteo ha accompagnato il feretro avvolto nella bandiera dell’Unicef fino a piazza Castello, antica sede del Municipio sulle note di «Morning has broken» di Cat Stevens. «Il mese prossimo durante la settimana della musica, l’ultimo suo impegno a favore dei bambini, ricorderemo Titina con una manifestazione», ha annunciato la presidente dell’Unicef Margherita Dini Ciacci.

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lunedì 11 febbraio 2019

“Ci vorrebbe un po’ di scuola Diaz”: il capogruppo della Lega alla Circoscrizione 6 Torino sugli anarchici

Il capogruppo si è subito scusato per il post su Facebook


Ha fatto molto discutere un post scritto da Alessandro Ciro Sciretti, il capogruppo della Lega alla Circoscrizione 6 di Torino, in merito agli scontri che si sono verificati il 9 febbraio 2019 nel capoluogo piemontese tra la polizia e anarchici.

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“Ci vorrebbe un po’ di scuola Diaz”, è stato il cuore del suo commento affidato ai social.
“Ditemi voi se tutto questo è accettabile”, ha scritto Sciretti. “Nessuna pietà, nessuna, per queste persone. Le Forze dell’ordine sono troppo limitate nei loro poteri. Ci vuole un po’ di Scuola Diaz”.
I toni critici sono durati ben poco. In meno di un’ora infatti è stato costretto a fare un passo indietro e a giustificarsi per quanto scritto: “Chiedo scusa a chi non capisce le provocazioni”.
Il post, ha spiegato Ciro Sciretti, era frutto della rabbia contro gli scontri avvenuti a Torino e per i danni arrecati alla città: “Mi richiamo sempre alla legalità. Per questo, il riferimento ai fatti della Diaz non è, e non può essere preso, come una seria riflessione, ma solo ed esclusivamente come una provocazione”.
Le scuse però non sono state abbastanza per Emanuele Fiano, del Pd, che ha chiesto a Matteo Salvini e alla Lega di dissociarsi. “Troppo facile cavarsela con le scuse sui social, Salvini e la Lega prendano immediatamente le distanze dalle dichiarazioni del capogruppo Sciretti. La Diaz è stata una pagina ingiustificabile della nostra storia e che oggi vi sia qualcuno pronto a rievocarla fa davvero rabbrividire”.

Gli scontri a Torino

Oltre 500 anarchici si sono dati appuntamento nel pomeriggio di sabato 9 febbraio in piazza Castello, a Torino, per protestare contro lo sgombero dell’asilo occupato di via Alessandria, avamposto anarchico fin dalla metà degli anni Novanta.
La polizia ha lanciato lacrimogeni contro gli anarchici che hanno cercato di attraversare il ponte sulla Dora di corso Regio Parco. I manifestanti hanno incendiato un cassonetto e gettato bombe carta, con gli agenti che hanno risposto con un fitto lancio di lacrimogeni, attivando anche l’idrante.


G8 Genova, Cestaro: "Ho visto l'orrore dello Stato"

 L'uomo, che all'epoca dei fatti aveva 62 anni, ha riportato danni permanenti a causa del pestaggio subito alla Diaz: "Mi sentirò davvero risarcito quando la tortura diventerà reato"

 Il 21 luglio del 2001, durante il G8 di Genova, Arnaldo Cestaro era il più anziano dei manifestanti presenti all'interno della scuola Diaz a Genova. Durante i pestaggi della polizia riportò la frattura di un braccio, una gamba e dieci costole. Oggi Cestaro ha vinto il ricorso presentato alla Corte di Strasburgo sui pestaggi al G8 di Genova, ma si sentirà davvero risarcito solo quando sarà introdotto il reato di tortura: "I soldi non risarciscono il male che è stato fatto. E' vero, è un primo passo quello di oggi, ma mi sentirò davvero risarcito solo quando lo Stato introdurrà il reato di tortura", afferma Cestaro.

G8 Genova, Cestaro: "Ho visto l'orrore dello Stato"
Arnaldo Cestaro


"Oggi ho 75 anni ma non cancellerò mai l'orrore vissuto. Ho visto il massacro in diretta, ho visto l'orrore del nostro Stato. Dopo quindici anni, le scuse migliori sono le risposte reali, non i soldi. Il reato di tortura è una cosa legale", ha dichiarato l'uomo dopo la sentenza.

Arnaldo Cestaro è nato ad Agugliaro, in provincia di Vicenza, l'11 maggio del 1939. Oggi ha 75 anni e vive a Padova. Fin da giovane aveva aderito al Partito Comunista e, nell'estate del 2001, partì per Genova con i compagni delle sezioni di Rifondazione Comunista di Vicenza e di Montecchio Maggiore. Arrivato nel capoluogo, il 21 luglio partecipò alla manifestazioni pacifiche della mattinata e, verso sera, decise di trascorrere la notte in città ma, non conoscendola, chiese quindi consiglio ad una signora che lo accompagnò alla scuola Diaz.

Cestaro entrò nell'edificio e cercò un posto dove trascorrere la notte. Si sistemò proprio a ridosso della porta d'entrata, sul pavimento in legno della palestra. Uscì a mangiare un boccone e poi rientrò, stanco e provato dalla giornata. Si addormentò quasi subito ma poco prima della mezzanotte sentì un rumore infernale e pochi istanti dopo la porta di ingresso venne sfondata. In un primo momento pensò ad un attacco dei black bloc, ma ben presto si rese conto che si trattava di una irruzione della polizia. Arnaldo cercò di difendersi dai manganelli, gridando di essere una persona anziana e pacifica. E' lui l'uomo con i capelli bianchi citato dal vice questore Michelangelo Fournier nella deposizione davanti ai giudici, durante il processo per i fatti della Diaz. Fournier definì quell'irruzione una "macelleria messicana" e raccontò ai magistrati di aver urlato "basta!" ai poliziotti che stavano picchiando un'uomo anziano. Quell'uomo anziano era proprio Cestaro: quella notte venne portato in ospedale con dieci costole rotte, un braccio e una gamba rotte, la testa piena di ematomi e il corpo pieno di lividi. I colpi gli provocarono plurime fratture. L'uomo fu operato subito all'ospedale di Genova e qualche anno più tardi di nuovo al Careggi di Firenze. Le ferite, riferisce la Corte, gli hanno procurato danni permanenti, con debolezza persistente del braccio e della gamba destri.

Oggi ha ottenuto un risarcimento danni di 45 mila euro dalla Corte di Strasburgo che ha riconosciuto che, al G8, le forze dell'ordine fecero vere e proprie "torture". Come racconta uno dei suoi avvocati, "A Cestaro lo Stato ha già pignorato i 35 mila euro di risarcimento che gli vennero riconosciuti in sede penale. Aveva delle cartelle di Equitalia e lui non fece in tempo nemmeno ad intascare quella cifra. Lo Stato gliela pignorò immediatamente".

Appena ha saputo la notizia del ricorso vinto dai suoi legali, Cestaro ha pensato: "Siamo davanti ad un primo passo. Subito però - ha aggiunto - ho pensato all'orrore vissuto e mi è venuta tanta amarezza perchè la legge sulla tortura avrebbe già dovuto essere introdotta da tempo. Fummo sottoposti a reali torture. Ne porto ancora le conseguenze e penso che, se il Parlamento non agirà, il male che hanno fatto a me lo faranno ad altri". Arnaldo Cestaro ogni anno torna a Genova sui luoghi del G8. Amici da riabbracciare, ma anche ricordi dolorosi. "E ogni volta penso che quello che abbiamo vissuto non deve più succedere", dice con amarezza.

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 Commento di Oliviero Mannucci: La notizia della dichiarazione di Alessandro Ciro Sciretti si commenta da se. E' accettabile la violenza dello stato, quando i cittadini fanno sentire il loro dissenso perché esasperati da chi spesso pensa solo a prendere e mai a dare!?
 





Pastori sardi, cosa sta succedendo? I motivi di una protesta che ora minaccia le elezioni regionali

In Sardegna non si placa la protesta dei pastori per il crollo del prezzo del latte: la minaccia ora è il blocco dei seggi alle elezioni regionali.

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Se in Francia era stato l’aumento del costo del carburante a scatenare la protesta dei gilet gialli, iniziata a novembre e ancora in corso, in Sardegna invece è stato il prezzo del latte ovino e caprino, ritenuto troppo basso dagli allevatori, a mettere sul piede di guerra i pastori.
Negli ultimi giorni si sono susseguite manifestazioni di protesta e blocchi in tutta la Sardegna, con migliaia di litri di latte versato in strada, ma adesso i pastori minacciano di boicottare le elezioni regionali di domenica 24 febbraio se non verrà trovata una soluzione alla vertenza aperta.

I motivi della protesta dei pastori sardi

La chiamano “l’onda bianca” questo movimento di protesta dei pastori sardi che, dopo giorni di manifestazioni e blocchi, continua a tenere banco chiamando in causa direttamente la politica nazionale.



Il tutto è iniziato il 6 febbraio quando nei pressi di Villacidro, località tra Cagliari e Oristano, un camion di un’azienda casearia è stato bloccato da due uomini incappucciati con tanto di bastoni in mano. Dopo aver minacciato l’autista, lo hanno obbligato a versare in strada il latte appena raccolto.
Da quel momento in tutta la Sardegna si sono susseguite manifestazioni di protesta, con migliaia di litri di latte versato in strada, oltre a blocchi stradali che hanno interessato soprattutto la Statale 131 (la principale strada di comunicazione dell’isola) e la zona nelle vicinanze del porto di Porto Torres.
Gesti forti per una situazione che i pastori sardi definiscono al limite dell’esasperazione. Il casus belli è il prezzo che le grande industria casearia paga agli allevatori per il latte ovino e caprino, 60 centesimi al litro, ritenuto troppo basso anche per coprire le spese: la richiesta è quella di almeno 77 centesimi al litro, mentre Confagricoltura stima in 1 euro al litro quello che sarebbe il giusto prezzo.
Una protesta questa che è stata ripresa anche dalla squadra di calcio del Cagliari, che è scesa in campo nel posticipo serale di domenica a San Siro contro il Milan con una maglietta di sostegno ai pastori.
In totale sono 12.000 gli allevamenti nell’isola che ospita circa il 40% di tutte le pecore presenti in Italia, producendo 3 milioni di litri di latte che viene utilizzato principalmente per la realizzazione del pecorino romano.
Da tempo il prezzo del latte sta subendo delle oscillazioni. Nel 2017 era sceso fino a 60 centesimi al litro, per risalire nel 2018 fino a 85 centesimi ma adesso è arrivato il nuovo crollo nonostante il forte aumento del prezzo del formaggio.



Le elezioni regionali

Con le manifestazioni che non si placano, ci sono anche i primi denunciati, l’argomento è diventato di dominio nazionale. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è detto pronto ad arrivare in Sardegna, con la questione che “deve essere risolta in fretta”.
Invece che fare propaganda elettorale sulla pelle dei nostri pastori - ha commentato l’assessore regionale all’Agricoltura Pier Luigi Caria - perché il governo nazionale non mette a disposizione della Sardegna i 25 milioni di euro del fondo ovicaprino bloccati a Roma?”.
Sullo sfondo infatti ci sono le elezioni regionali in Sardegna di domenica 24 febbraio. Senza una soluzione i pastori minacciano un clamoroso blocco del voto: “Non entrerà nessuno a votare: non è che non andiamo a votare, non voterà nessuno, blocchiamo la democrazia, ognuno si assuma le proprie responsabilità”.


Alessandro Cipolla 

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Commento di Oliviero Mannucci: Non c'è peggior violenza che la povertà. Lo stato italiano spesso è violento, le aziende che impongono il prezzo del latte sono violente, poi non lamentatevi se la gente scende in strada per vedere riconosciuti i più elementari diritti. Non bisogna più votare nessuno. Cari elettori sardi, state al fianco dei pastori, siate solidali con loro e alle prossime elezioni regionali disertate le urne per protesta! Fate sentire tutto il vostro sdegno verso chi non rispetta chi lavora per sopravvivere!