IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

venerdì 20 dicembre 2013

Da crisi i danni di una guerra: "Italia ha perso oltre 12% di Pil, in fumo 200 miliardi reddito"

Esercito di disoccupati raddoppiato in sei anni, sono 7,3 milioni. Debito ancora in rialzo nel 2014. Allarme sulla tenuta sociale
 
Rapporto Scenari economici del Centro studi Confindustria. Dal 2007 l'Italia ha perso più del 12% di Pil.
Rapporto Scenari economici del Centro studi Confindustria. Dal 2007 l'Italia ha perso più del 12% di Pil. 

MILANO (WSI) - Numeri da bollettino di guerra, che rispecchiano tutta la disperazione e la situazione di grave difficoltà che gli italiani stanno vivendo sulla loro pelle, ormai da anni.

Mentre il premier Enrico Letta continua a fare l'ottimista, prevedendo addirittura un Pil in crescita del 2% nel 2015, i dati che vengono snocciolati dai vari centri studi e think tank raccontano una realtà completamente diversa, che stride non poco con i toni celebrativi del governo.

La fotografia della crisi arriva stavolta con il rapporto Scenari economici del Centro Studi di Confindustria. Dallo studio emerge che l'Italia ha perso più del 12% di Pil dal 2007, e che da allora sono andati in fumo oltre 200 miliardi di reddito. La speranza è sulle riforme, che devono essere però incisive. Solo con "incisive riforme strutturali si può recuperare il terreno perduto". Una crisi, insomma, che ha provocato "danni di una guerra".

Di fatto, rispetto alle "traiettorie già modeste del decennio 1997-2007 il livello del Pil potenziale è più basso del 12,6%, in altre parole sono andati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito a prezzi 2013, quasi 3.500 euro per abitante".

Il dramma della disoccupazione è evidente. L'esercito di disoccupati - persone a cui manca lavoro, totalmente o parzialmente, è di 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. A partire dal 2014, secondo il Centro Studi, si dovrebbe però arrestare l'emorragia occupazionale.

L'impatto della Legge di Stabilità sulla crescita sarà "molto piccolo", di 0,1 o 0,2 punti sul Pil del 2014, scrive il Centro studio nel rapporto "La difficile ripresa. Cultura motore dello sviluppo". Di fatto, la manovra è una "occasione mancata".

Il Centro Studi di Confindustria rivede al ribasso le stime del Pil per il 2013 diffuse a settembre. Nel nuovo scenario è previsto un calo del Pil dell'1,8% quest'anno contro il -1,6% precedentemente calcolato. Per il 2014 gli economisti di viale dell'Astronomia prevedono un incremento dello 0,7% e nel 2015 dell'1,2%. Riguardo al 2013, la revisione delle stime del Pil "deriva da una variazione congiunturale di un decimo peggiore nel secondo trimestre (-0,3% contro -0,2%) e nel quarto (0,2% contro 0,3%)", si legge.

E per la prima volta viene stilato anche uno scenario alternativo, nel caso in cui le cose dovessero andare peggio. Sulla ripresa economica soffiano "venti contrari. Se il credit crunch proseguirà nel 2015 e la debolezza dell'economia renderà necessaria una manovra di un punto di Pil, nel 2014 il Pil salirà solo dello 0,4% e nel 2015 si avrà una crescita zero. E' questo lo scenario più negativo per l'economia italiana simulato dal Centro Studi di Confindustria negli ultimi Scenari economici.

"Questa simulazione - hanno spiegato gli economisti - tutt'altro che astratta e ben presente a molti analisti di banche d'investimento internazionali, suggerisce che occorre rimuovere ogni causa interna di turbolenza e incertezza e prendere rapidamente decisioni che elevino il Paese su un più alto sentiero di crescita".

L'andamento dell'economia fa centrare l'obiettivo dei conti pubblici fissato per il 2014 con il deficit al 2,7% del Pil, non quello per il 2015 (2,4%).

Il saldo strutturale non continua ad avvicinarsi al pareggio (1% del Pil tra due anni), nonostante l'ampio avanzo primario (4,5% del Pil al netto del ciclo, mezzo punto meno di quanto stimato tre mesi fa). Questo risultato "è stato ottenuto varando manovre per complessivi 109 miliardi (6,9% del Pil) dal 2009 in poi. Di cui 3 punti di maggiori entrate e 3,9 di minori spese".

Il debito pubblico, al netto dei sostegni europei e in rapporto al Pil, sale ancora nel 2014 (al 129,8%) per poi iniziare a flettere nel 2015 (128,2%); "una flessione tutta dovuta a un punto di privatizzazioni e dismissioni omogeneamente distribuite".

Preoccupazioni per il tessuto sociale italiano, caratterizzato sempre di più da continue proteste.

"Il pericolo maggiore (che si presenta nella strada per la ripresa) è il cedimento della tenuta sociale", con il "montare della protesta che si incanala verso rappresentanze che predicano la violazione delle regole e la sovversione delle istituzioni".

"Basta poco perché gli eventi prendano una piega infelice". Il destino dell'Italia "si ripete, con il coagularsi di importanti gruppi politici anti-sistema".

Sulla pressione fiscale, questa scenderà marginalmente al 43,9% nel 2014 dopo aver toccato il record nel 2013 con il 44,3% di Pil. 
 

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