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giovedì 17 gennaio 2019

TRIBUNALE ROMA, ARRESTATI 2 MAGISTRATI: “MASSONERIA E SERVIZI DEVIATI”/ Le minacce di morte del giudice






 

Secondo il Fatto Quotidiano, dietro all’inchiesta sui due pm arrestati vi sarebbe una “macchinazione” alquanto più intrigante e sconvolgente che parte dalla massoneria e arriva fino ai servizi segreti deviati.

Risultati immagini per massoneria e giudici


Nelle confessioni rese da Flavio D’Introno, l’imprenditore indagato, si ricostruirebbero diversi “canali” di corruzione all’interno del Tribunale di Trani, ma anche molto di più. Secondo l’interrogato D’Introno – come risulta al Fatto, il giudice Nardi non avrebbero esitato a “minacciare di morte” l’imprenditore se avesse raccontato del loro rapporto. «Disse che se io parlo allora mi doveva far ammazzare da questi dei servizi segreti, tanto lui a Lecce era molto potente, conosceva gip, capo procura, conosceva tutti, disse: ‘Tu sei un morto che cammina se parli», spiega D’Introno nei verbali dell’interrogatorio riportati dal Fatto Quotidiano. Volevano pilotare i processi e in alcuni casi ci riuscirono, anche se per il momento resta tutto un enorme impianto accusatorio che andrà verificato punto su punto dagli inquirenti che da tempo indagano contro i pm ora arrestati. «Dopo dieci anni, il pozzo si è prosciugato e non potevo più pagare il magistrato, che era arrivato a chiedermi – oltre a orologi, diamanti e vari benefit per centinaia di migliaia di euro – anche due milioni di euro per corrompere altri giudici». Un’organizzazione che appunto “prende” stralci di massoneria e servizi deviati, o almeno così avrebbero detto i magistrati indagati per “convincere” gli imprenditori a pagare. (agg. di Niccolò Magnani)

ECCO COME È NATA L’INCHIESTA

Ha suscitato grande scalpore l’arresto di due magistrati del tribunale di Roma, i giudici Antonio Savasta e Michele Nardi, accusati di aggiustare le sentenze dei processi in cui erano coinvolti facoltosi imprenditori in cambio di “regali” di vario tipo, dai Rolex ai diamanti, dalle tangenti alla ristrutturazione di una casa. Ma come ha avuto origine l’inchiesta che ha portato all’incarcerazione dei due? Come riportato da Il Fatto Quotidiano, tutto è partito da una serie di attentati dinamitardi avvenuti nel 2015 a Canosa di Puglia ai danni di un discount finito nel mirino del clan Piarulli-Ferraro di Cerignola. Le indagini hanno consentito di far venire alla luce un “programma criminoso indeterminato nel tempo che, attraverso il costante ricorso alla corruzione di pubblici ufficiali, assicurava favori nei confronti di facoltosi imprenditori”. I due magistrati, secondo l’accusa, “avrebbero garantito positivi esiti processuali” nelle vicende giudiziarie in cui erano coinvolti gli imprenditori, “in cambio di ingenti somme di denaro e in alcuni casi di altre utilità tra cui anche gioielli e pietre preziose”. (agg. di Dario D’Angelo)

SOLDI, DIAMANTI E ROLEX

Sono pesantissime le accuse ai danni di Antonio Savasta e Michele Nardi, i magistrati chiamati a rispondere di corruzione in atti giudiziari, associazione a delinquere e falso. Secondo l’inchiesta coordinata dai pm Leonardo Leone de Castris e Roberta Licci – che conta in totale 18 indagati – i due giudici avrebbero aggiustato i processi a carico di facoltosi imprenditori baresi e toscani in cambio di benefici di diversa natura, quali soldi diamanti, Rolex, viaggi a Dubai, auto e pure la ristrutturazione di una casa. Lo riporta Il Fatto Quotidiano, sottolineando come Savasta avrebbe intascato quasi mezzo milione di euro, Nardi un qualcosa come 1.300.000 euro. I fatti contestati ai due magistrati, ora in carcere, vanno dal 2014 al 2018, ma per i pm ce ne sono altri documentati fino a dieci anni fa, ormai prescritti. (agg. di Dario D’Angelo)

CORRUZIONE IN PUGLIA, ARRESTATI DUE MAGISTRATI

Due magistrati e un poliziotto sono stati arrestati in Puglia perché “aggiustavano” processi e indagini in cambio di denaro. Tra le inchieste “sistemate” c’è pure quella a carico di Luigi D’Agostino, imprenditore che per un periodo è stato vicino al padre di Matteo Renzi. In carcere Antonio Savasta e Michele Nardi, che all’epoca dei fatti erano rispettivamente pm e gip alla Procura di Trani ma che attualmente lavorano a Roma, il primo come giudice e il secondo come sostituto procuratore. In carcere anche Vincenzo Di Chiaro, un ispettore di polizia in servizio al commissariato di Corato. Invece per gli avvocati Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola è stata disposta l’interdizione dall’esercizio della professione per un anno, mentre all’imprenditore barlettano D’Agostino è stato notificato un divieto di esercizio dell’attività imprenditoriale e degli uffici direttivi delle imprese per un anno. Stando a quanto riportato da La Repubblica, la Procura di Lecce ha quantificato mazzette che ammontano a diversi milioni di euro.

TANGENTI IN PUGLIA, SOLDI E DIAMANTI PER “AGGIUSTARE” SENTENZE

Le tangenti non venivano versate solo con consegne di denaro ma anche con regali, come orologi e pietre preziose. Le mazzette svelano dunque l’esistenza di un sistema di corruzione nel quale i magistrati piegavano l’uso della giustizia ai loro fini personali e chiedevano una corsia preferenziale per avvicinarsi a Palazzo Chigi e al Csm. Nardi, Savasta, Di Chiaro e Cuomo sono accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. Invece l’avvocato Sfrecola e l’imprenditore D’Agostino sono accusati di concorso in corruzione; altri indagati rispondono di millantato credito e calunnia. L’ispettore di polizia arrestato si sarebbe messo «al servizio dell’imprenditore coratino Flavio D’Introno», finito tra gli indagati, come «collegamento con il magistrato Savasta per il complessivo inquinamento dell’attività investigativa e processuale da quest’ultimo posta in essere». La Procura di Lecce, che ha coordinato l’inchiesta condotta dai carabinieri, ha chiesto e ottenuto il sequestro di beni e conti corrente per un valore di 489mila euro per Savasta, 672mila per Nardi, a cui sono stati sequestrati anche diamanti e un Daytona d’oro, 436mila per Di Chiario e la stessa cifra per Cuomo, mentre 53mila per D’Agostino e Sfrecola.

Silvana Palazzo

Fonte

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