L’Italia sta morendo, l’urlo prima sordo, ora disperato e sempre più forte, percorre oramai tutta la penisola.
Il
tradimento della consegna della sovranità del paese in mano di “
soggetti non democratici, non trasparenti, non responsabili, banche
d’affari multinazionali, shadow banks, hedge funds, agenzie di rating,
fondi sovrani, organismi internazionali di regolazione non
governativi…”(Bassanini),continua a sommarsi all’inerzia della politica,
unica responsabile di questa consegna e oramai ulteriormente
responsabile di questa condotta inesorabilmente distruttiva.
Negli ultimi
mesi, parecchi giovani, animati solo da un puro idealismo e molta buona
volontà, in molte regioni d’Italia ed anche fuori da quella che un tempo
era culla ideale e fucina di studio, ossia l’università, oramai
tristemente svuotata anche di contenuti, hanno iniziato ad analizzare e
diffondere i meccanismi di funzionamento della moneta, radunando gruppi
di poche decine di persone, imprenditori, persone comuni, chiunque fosse
interessato. Tutta questa gente, ora, è perfettamente consapevole delle
cause del disastro economico cui si assiste impotenti. Queste persone
sanno che la politica e i suoi protagonisti hanno permesso tutto questo
con dei precisi atti di consegna del paese nelle mani della finanza
privata, ma sono anche consapevoli dell’illegittimità di quegli atti.
Sanno anche, che la soluzione a tutto ciò deve essere politica e ai
politici chiedono disperatamente di intervenire, pretendono risposte,
nella piena consapevolezza di averne il più ampio diritto. Chiedono alla
politica di essere in grado di esprimere persone capaci di scelte
coraggiose, ma giuste, benché fatte in aperto contrasto al delirio
neoliberista dominante, seppur decadente.
Tutte queste
persone, oramai, sanno perfettamente che qualunque promessa in termini
di sviluppo dell’occupazione e di crescita è impossibile e vuota alle
condizioni attuali, senza il recupero della propria moneta.
La ratio più
profonda dell’economia sta nel suo essere funzionale alla vita ed al
benessere di una nazione. Le scelte che attengono la vita di uno Stato
attengono per definizione la “politica” e la “politica” è affare di
Stato, attiene la res publica, non la res privata. In questo contesto la
creazione di moneta, dato il ruolo fondamentale che la stessa riveste
nell’economia, non può né essere priva di controllo alcuno, né,
tantomeno, può essere consegnata in mano di privati, come è attualmente,
per di più con l’ulteriore aggravante di poter diventare la nuova arma
di “aggressione” tra Stati, proprio all’interno di un’area nata, nella
sua proclamazione ideale, proprio per ostracizzare ogni forma di
aggressione.
Il recupero di
una moneta nazionale è un “dovere”, che assume anche una connotazione
di obbligo morale laddove si assiste allo sconcertante fallimento di
questo “esperimento”, a dir poco disastroso, dell’euro.
L’esperienza
della Grecia, e delle condizioni di vita in cui continua ad essere
sprofondata la popolazione, così come il caso della Spagna e del
Portogallo, di Cipro ed oramai anche dell’Italia, è inaccettabile per
delle nazioni che pretendono di definirsi “civili”.
L’euro è un
tragico miraggio, una sgangherata utopia. Essa reca in sè tutte le
tragedie della fede neoliberista, elevata al livello di dottrina di
portata universale, imposta al mondo intero, e considerata, all’alba del
XIX secolo, il pilastro per una nuova epoca d’oro, in cui l’intervento
dello Stato nell’economia diventa il “demone” da neutralizzare ed i
mercati, totalmente liberi e fuori da ogni controllo, con l’eliminazione
di qualsiasi ostacolo ai liberi movimenti di merci, servizi e capitali,
il totem da divinizzare.
Questo folle
progetto è stato spinto oltre misura, passando sopra anche alle più
elementari considerazioni date dall’evidente impossibilità di poter
gestire, senza provocare danni, l’imposizione di un’unica unità di conto
(moneta), forzando un’unificazione tra dei paesi che sono e rimarranno
sempre distinti. Ed a sancire questo è la storia, è il principio di
autodeterminazione dei popoli, universalmente riconosciuto, sono gli
inevitabili controbilanciamenti che si creano in un’area vasta, come
quella creata in Europa, che la stessa storia, anche economica, ci
insegna, per cui il vantaggio di alcune parti della stessa deriva e non
può sussistere se non in forza dello svantaggio di altre. Per cui se la
Grecia si trova nella ben nota situazione di disagio, non è, in realtà, a
causa della mala gestio dei suoi governanti, ma dei crescenti ed
inevitabili disavanzi delle partite correnti (eccesso di importazioni
sulle esportazioni) che hanno interessato, oltre la Grecia, anche gli
altri paesi periferici, come l’Italia.
La creazione di
moneta deve essere di competenza dello Stato e dello Stato soltanto.
Lasciando il dettaglio ad altra sede, “con questo sistema non sarebbe
creata altra moneta eccettuata quella della Banca Centrale ed il reddito
da signoraggio, proveniente dalla creazione di moneta da parte della
Banca Centrale, sarebbe restituito allo Stato ed esso stesso
permetterebbe nelle condizioni attuali di abolire la quasi totalità
delle imposte progressive sul reddito” (M.Allais, Premio Nobel
all’Economia).
Questa,
unitamente alla riforma del sistema bancario, con la netta distinzione
tra banche commerciali e banche di investimento, la rinazionalizzazione
della Banca d’Italia ed il suo stretto collegamento con il Tesoro, è la
chiave di volta ed il nuovo punto di partenza per il risanamento e la
ricostruzione del nostro paese. Occorre riprendere il controllo delle
funzioni essenziali dello Stato, ridefinendo, nel contempo, i rapporti
economici con gli altri paesi europei, salvaguardando quegli aspetti
positivi dell’esperienza europea legati al mercato unico (libera
circolazione di merci, persone, capitali). Solo allora si potranno
reimpostare serie politiche di crescita e benessere dei cittadini,
incluso il rinnovato sviluppo della ricerca, dell’arte e della cultura.
Tutto ciò,
ricordando, semplicemente, che la defezione anche di un solo paese, in
Europa, costringerebbe tutti gli altri alla ridefinizione dei reciproci
rapporti. E la certezza di ciò, non può essere inferiore all’arroganza
di chi ha provocato lo scempio cui stiamo assistendo, anche in termini
umani.
L’alternativa
sarebbe una rapida ed imminente spirale del debito sempre più vorticosa,
che rischierebbe, a breve, di gettare il Paese in una guerra civile.
C’è un intero
popolo che grida aiuto! Non può più essere ignorato. La politica abbia
il coraggio di riscattare se stessa davanti ai cittadini e davanti alla
storia. Lo chiede l’Italia, lo chiede la sua storia, lo chiedono i suoi
martiri.Paola Musu
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