IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

lunedì 11 marzo 2013

L’inganno del web: la democrazia 2.0 è una dittatura mascherata.



Che ha detto Catalano? Che ha detto la Sarti? Ivan Catalano e Giulia Sarti, chi sono costoro? Sono deputati del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, di cui i giornalisti elemosinano una dichiarazione, una frase, una parola. Per non parlare del patetico assedio allo stesso Grillo, la cui casa di Sant’Ilario, in Liguria, sembra la Mecca, con tanti, troppi giornalisti pellegrini che pendono dalle labbra del comico che ha vinto le elezioni.
Al di là della figura – davvero poco edificante – che ci fanno i giornalisti, apostrofati dallo stesso Grillo come «servi» e «maiali», questi paradossali episodi ci inducono a riflettere sulla strategia di comunicazione del Movimento 5 stelle, su cui si sono espressi la settimana scorsa sulle colonne di «Repubblica» due personaggi discutibili per le loro idee, ma indubbiamente autorevoli come esperti di comunicazione contemporanea, il semiologo e letterato italiano Umberto Eco e lo studioso di Internet bielorusso, ricercatore nell’università americana di Stanford, Evgeny Morozov.
Entrambi gli interventi meritano attenzione perché mettono in dubbio quello che sentiamo ripetere in questi giorni un po’ dovunque: Grillo avrebbe capito che la televisione e la carta stampata non contano più nulla, ormai c’è solo Internet. È un errore in cui sono caduti anche i sociologi di sinistra Roberto Biorcio e Paolo Natale nel loro pur interessante libro «Politica a 5 stelle», che ho recensito su queste colonne.
Anche loro parlano di superamento della televisione, che Casaleggio e Grillo avrebbero trovato il modo di rendere irrilevante. In realtà non è proprio così. I primi a notarlo sono stati gli eccellenti esperti di comunicazione che gestiscono il blog likebreakfastcereal.it.
Francesca Burichetti e David Mazzerelli sono usciti tempestivamente il 28 febbraio con un articolo dal titolo «Internet? Piazze? Macché, Grillo vince grazie alla TV».
L’articolo spiega tre cose. La prima è che la forza della strategia ideata da Casaleggio non consiste tanto nel mezzo scelto – Internet – quanto nel presentare quelle che sembrano «storie personali» di persone comuni, ma che in realtà sono studiate a tavolino e rispondono a una sapiente strategia.
«Casaleggio sa bene che una comunicazione politica efficace per muovere l’elettorato deve prima muovere emozioni e le emozioni si muovono a partire dai racconti. Meglio se da racconti personali».
Secondo: la strategia di Casaleggio prevede tre fasi. «1° step: usare i new media per ideare e creare l’evento. 2° step: creare l’evento per creare una notizia impossibile da non coprire mediaticamente. 3° step: creare la notizia per richiamare i media tradizionali: TV, radio e stampa in primis». Terzo: una volta che si è seguita questa strategia, il miglior modo di far parlare di sé la televisione è non andare in televisione.
Prima delle elezioni Grillo era il leader politico di cui le televisioni parlavano di più dopo Berlusconi. Ora sta superando anche Berlusconi. Eppure Grillo non va mai in televisione. Ma è la televisione ad andare da lui. Se Grillo, come aveva annunciato, fosse andato a farsi intervistare da Sky avrebbe avuto ben poco minutaggio dalle altre reti televisive, tra l’altro di solito attente a non fare pubblicità alla concorrenza. All’ultimo invece non c’è andato, e il fatto che sia rimasto a casa è diventata una notizia che tutte le reti hanno dato con grande risalto per oltre ventiquattr’ore.
Lo ha ribadito Umberto Eco: «La chiave del successo è non apparire mai in televisione». «Grillo ha capito questo punto fondamentale: la comunicazione non è più diretta ma va come una palla di biliardo, ovvero si parla a nuora perché suocera intenda (e viceversa)», si parla sul blog o su Twitter per essere ripresi dalla televisione. E i contenuti emotivi e brevissimi di Grillo – che comunica a misura di Twitter, e anche sul blog propone spesso post di poche righe – oggi battono i ragionamenti, in un’epoca in cui – per dirla con Stefano Bartezzaghi che intervista Eco – «il pathos ormai predomina sul logos» e l’intrattenimento politico con pochi contenuti, il «politainment», prevale sulla politica ragionata. Dire poco, e lasciar credere di avere molto da dire che però si tace, è una dinamica fondamentale dell’esoterismo caro a Casaleggio. Lo stesso Eco lo aveva mostrato anni fa, paragonando il successo di un certo esoterismo alla seduzione femminile: entrambi hanno capito che, in un’epoca in cui tutti – e tutte – rivelano e si mettono a nudo, velare può avere più successo che svelare.
Nell’intervista a «Repubblica» Eco denuncia questa strategia di Grillo e Casaleggio come falsamente democratica. Quando ci dicono che «uno vale uno», afferma il semiologo, i capi del Movimento 5 stelle si ricollegano almeno implicitamente a Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), che voleva sostituire la democrazia rappresentativa con un’assemblea permanente, un’«agorà» dove tutti i cittadini decidono senza mediazioni. Ma l’agorà di Grillo è falsa, dice Eco, perché non tutti gli italiani sono utenti del Web, e meno ancora sono gli utenti che capiscono completamente come funziona, per cui «le decisioni non sono prese dal popolo sovrano ma da un’aristocrazia di blogghisti». E questa è anche l’obiezione rivolta a Grillo e Casaleggio da Morozov, che è diventato famoso denunciando Google, Facebook, Twitter e Wikipedia come sistemi falsamente democratici che sono in realtà controllati da poche persone le quali, come Casaleggio, ne «conoscono il linguaggio e i trucchi retorici».
Né, insiste Morozov, si tratta solo di trucchi retorici: ci sono aziende americane, da cui la Casaleggio & Associati ha appreso la lezione fino a diventare un loro concorrente a livello internazionale, che sanno utilizzare algoritmi e tecniche molto sofisticate per amplificare certi messaggi su Internet e sui social network e metterne a tacere certi altri.
Sono considerazioni condivisibili, per quanto discutibili siano le idee generali di Eco o di Morozov. Casaleggio, però, potrebbe rispondere che nel suo caso il trucco non è un trucco, perché è stato dichiarato in anticipo.
Nel suo libro «Tu sei rete» il guru del Movimento 5 stelle scriveva: «Fino a qualche anno fa, le relazioni tra persone, oggetti ed eventi erano attribuite al caso. L’unico modo per ipotizzare il funzionamento dei sistemi complessi era attribuirne le ragioni ad avvenimenti casuali. La vita e l’evoluzione delle reti seguono invece leggi precise e la conoscenza di queste regole ci permette di utilizzare le reti a nostro vantaggio». E chi sa utilizzare le reti a suo vantaggio? Un piccolo gruppo di persone, gli «influencer».
«Online il 90 per cento dei contenuti è creato dal 10 per cento degli utenti, queste persone sono gli influencer – scrive Casaleggio –. Quando si accede alla Rete per avere un’informazione, si accede a un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer. Un prodotto, un servizio online è fortemente influenzato dall’opinione dei cosiddetti influencer, molto più per esempio dalla promozione diretta o dalla ricerca che viene creata dalle società con forti investimenti. Se pensiamo per esempio a un prodotto di elettronica, il 60 per cento degli acquisti on line viene orientato dagli influencer, quindi se per esempio il prodotto di elettronica viene osteggiato dall’influencer non viene venduto on line».
La lingua italiana è un po’ contorta, ma il concetto è chiaro. La Rete è nelle mani degli influencer come Casaleggio. Che però, spiega altrove, hanno bisogno di «portavoce» come Grillo per dominare l’opinione pubblica anche fuori della Rete.

Tratto da: fonte

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.