IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

domenica 3 luglio 2011

No Tav, Val di Susa blindata

Feriti fra agenti e manifestanti. In azione il black block.


Sin da principio ha destato le preoccupazioni del caso l'imponente la manifestazione anti-Tav (guarda le foto) organizzata per il 3 luglio con tre differenti cortei in partenza da Exilles, Giaglione e Chiomonte in direzione del cantiere per l'alta velocità della località Maddalena di Chiomonte.
A preoccupare è stata sia la presenza di frange movimentiste antagoniste sia, come paventato da alcuni organi di stampa, l'eventuale infiltrazione di agitatori; infine l'intenzione segnalata da La Stampa di «andare oltre» i cortei, espressa da parti della popolazione della Val di Susa.
E attorno alle 12.30, si sono verificati infatti i primi scontri, che hanno causato un ferimento fra gli operai del cantiere, ben 30 fra gli agenti di Polizia e due, secondo quanto riportato da Alberto Perino, uno dei leader della protesta, tra i manifestanti.
Con il passare delle ore lo stato d'allarme è anzi cresciuto perché alla pacifica protesta che ha unito ai 23 sindaci di zona con la fascia tricolore delle celebrazioni ufficiali anche un gran numero di famiglie con bambini, per un totale di circa 50 mila persone secondo gli organizzatori, si sono unite anche le violente rappresentanze degli estremisti del black block.
Nel primo pomeriggio del 3 luglio, presso la centrale elettrica di Chiomonte alcuni manifestanti sono riusciti a farsi largo fra le barriere di protezione dell'area recintata del cantiere, entrandovi per sventolare bandiere No Tav.

Salgono a 46 i feriti fra le forze dell'ordine

È di 46 feriti tra forze dell'ordine, il bilancio provvisorio degli scontri in Val di Susa: 37 uomini della polizia, di cui tre trasportati in elisoccorso presso un nosocomio cittadino; sei dell'arma dei carabinieri; tre della Finanza.

I manifestanti oltre le recinzioni

Tutto questo è successo nella stessa zona dove lunedì' scorso 27 giugno la ruspa delle forze dell'ordine era entrata in azione per abbattere le barricate dei manifestanti.
Contemporaneamente altri manifestanti hanno aperto una breccia nella prima delle due recinzioni davanti alla centrale. Pochi metri più in là c'è un'altra recinzione metallica dietro la quale si trova un cordone di Polizia.

In azione il black block

La polizia, presa di mira non solo con pietre, petardi, bombe carta, ma anche con pericolose bottiglie piene di ammoniaca, parla «di impostazione paramilitare da parte dell'ala oltranzista del movimento No Tav».
A dare man forte all'ala più radicale del movimento sono venuti, sempre secondo la Questura, oltre a manifestanti da tutta Italia e anche dall'estero, anche gruppi di black block che hanno dato sfogo alla più inaudita violenza focalizzata contro le forze di Polizia.

Manifestanti all'assalto del cantiere

A Chiomonte migliaia di No Tav hanno assediato il cantiere della Torino-Lione praticamente da ogni lato. Sul piazzale della Maddalena le forze dell'ordine hanno usato i lacrimogeni e idranti per allontanare i manifestanti, che, a gruppi sparsi tentavano di scardinare la recinzione.
I No Tav, è stato precisato dalla Questura, non sono riusciti inizialmente a sfondare la recinzione vera e propria del cantiere, bensì a danneggiare in modo grave la recinzione dell'area archeologica limitrofa.
Meno tesa la situazione a valle, vicino alla centrale elettrica dove l'accesso è stato sbarrato da una doppia recinzione metallica e da filo spinato.
Alcuni organizzatori hanno invitato le famiglie con bambini ad allontanarsi verso l'abitato.

Quattro poliziotti feriti, due ustionati

Negli scontri della tarda mattinata a ridosso della recinzione del cantiere della Tav che è stata sfondata, sono rimasti feriti sei poliziotti.
Fra questi uno è svenuto a seguito dello scoppio di una bomba carta; un secondo ha riportato la frattura del setto nasale; un altro ha riportato ferite lacero-contuse al capo. Infine altri due hanno riportato ustioni. A seguito di questi eventi le forze dell'ordine hanno disposto l'interruzione dei lavori presso il cantiere, di fatto assediato dai No Tav, dopo avere posto gli operai in condizioni di sicurezza.

Un operaio colpito da una pietra: non è grave

Un operaio del cantiere Tav è stato colpito in modo non grave da una pietra lanciata dai manifestanti. È stato subito soccorso dal personale sanitario della Polizia. Sembra essersi ripreso piuttosto rapidamente.
Nel frattempo si è avuta notizia che i manifestanti che hanno raggiunto lo storico presidio No Tav della Val Clarea hanno dato luogo al lancio ripetuto di razzi di segnalazione, finalizzati, come già avvenuto il 27 giugno scorso, a scandire i tempi di coordinamento dei diversi gruppi di manifestanti.
ANTAGONISTI VERSO RAMATS. Intanto un'altra ala radicale del movimento, staccatasi dal corteo centrale partito da Exilles, proprio all'inizio della manifestazione, si è incamminata lungo i sentieri dei boschi in direzione Ramats, al fine di raggiungere il cantiere sito al ridosso dell'area archeologica sottostante.

Lacrimogeni a difesa del cantiere

Almeno quattro lacrimogeni sono stati sparati dalla polizia che presidia l'area del cantiere Tav della Maddalena di Chiomonte.
Si è trattato, come spiegano in Questura, di un'azione di contenimento in quanto i primi manifestanti, passando per i boschi, sono stati notati in prossimità della recinzione.
L'area del cantiere corre sotto il viadotto dell' autostrada del Frejus ed è costituita da una rete metallica sovrastata da filo spinato.
Dietro si è subito creato un imponente cordone di poliziotti in tenuta antisommossa e si sono uditi continuamente tonfi che potrebbero essere appartenuti a dei lacrimogeni.
Il grosso dei manifestanti, 50 mila circa secondo la protesta, è rimasto sulle prime ancora qualche decina di metri più a valle all'altezza della baita.
Sull'autostrada si sono piazzati poliziotti, carabinieri e numerosi veicoli delle forze dell'ordine.

Chiusa la A21, la Polizia scova 14 bombe carta

In concomitanza con l'inizio del corteo anti-Tav le forze dell'ordine hanno dovuto far chiudere, per ragioni di sicurezza, l' Autostrada A21 nel tratto Bardonecchia-Susa, dopo che ignoti hanno lanciato sassi dall'area sovrastante la galleria Cels in direzione delle stesse forze dell'ordine.
Inoltre la Questura ha reso noto che nel corso delle mirate bonifiche nell'area del costituito cantiere Ltf in località La Maddalena di Chiomonte, è stato rinvenuto un contenitore con 14 bombe carta, poste sotto sequestro.
3.000 PERSONE NEL CORTEO DI EXILLES. Secondo la Questura, il corteo partito regolarmente da Exilles è stato composto da circa 3.000 persone raggiunte poi sul posto dalla stazione di Chiomonte dai circa 1.000 manifestanti provenienti da Torino e provincia in treno.
11 PULLMAN PER 600 PERSONE A SUSA. Presso l'autoporto di Susa, invece, sono giunti 11 pullman per la presenza complessiva di circa 600 persone e al campeggio di Venaus risulta abbiano passato la notte fra il 2 e il 3 luglio circa 1.000 persone.
Complessivamente, nei cortei che nelle fasi iniziali sono stati del tutto pacifici, si sono contate 10 mila persone riunite sotto le insegne più varie: Federazione anarchica, Prc, Sinistra Critica, Verdi, Cu, Arci, Movimento 5 Stelle, Fiom. Oltre a un tricolore italiano con la scritta No mafia.

Pronti a «stringere d'assedio» la Maddalena di Chiomonte

Dalle prime ore della mattinata del 3 luglio centinaia di persone sono arrivate in Val di Susa per partecipare alla manifestazione (l'opinione di Sergio Chiamparino sull'alta velocità: leggi).
Uno dei tre punti di concentramento è stato fissato a Giaglione, paese da dove i dimostranti si sono mossi per «stringere d'assedio» (la battaglia del 27 giugno: leggi), come hanno affermato, l'area della Maddalena di Chiomonte: in quella località, infatti, si sta realizzando il primo cantiere della linea ferroviaria ad alta velocità.
Fino a domenica 26 giugno i No Tav vi avevano un presidio con tanto di tendopoli: la struttura però era stata sgomberata dopo una prova di forza della Polizia, che ora mantiene il controllo della zona con migliaia di agenti.

«La Tav non si farà»

Migliaia di persone si sono radunate sotto il forte di Exilles, in Valle di Susa, per partecipare alla marcia di protesta contro la Tav. Con i manifestanti anche i sindaci dei 23 Comuni della valle che hanno aderito alla manifestazione.
«La Tav non si farà mai», ha detto Alberto Perino, leader del movimento No Tav, «perché non ci sono i soldi, perché non hanno le idee chiare e perché ci siamo noi. L'unica cosa che riescono a fare è aprire cantieri per mangiare i soldi pubblici».
«UN'OPERA PRIVA DI CONSENSO». Anche da Exilles il corteo è sceso verso Chiomonte, dove lunedì scorso 27 giugno è stato aperto il cantiere per lo scavo del tunnel esplorativo della Torino-Lione. Lì è confluita anche un'altra marcia in partenza da Giaglione.
«Questa manifestazione», ha commentato Sandro Plano, presidente della Comunità montana, «è il segnale che non esiste tutto questo consenso sbandierato, nella Valle di Susa ci sono migliaia e migliaia di persone contrarie e ci sono i sindaci di 23 Comuni che hanno deliberato la loro contrarietà all'opera».

Le delegazioni in arrivo da tutta Italia e dalla Francia

Fra le presenze anche una delegazione dalla Savoia e un gruppo di consiglieri comunali di Almese, ex leghisti, espulsi negli anni Novanta dal partito per le loro posizioni contro l’alta velocità
I SINDACI PRESENTI CON LA FASCIA TRICOLORE. I tre cortei di Giaglione, Chiomonte ed Exilles sono partiti in ritardo, ma vi hanno preso parte 23 sindaci della Bassa Valsusa con le fasce tricolori tipiche delle celebrazioni ufficiali.
«SI RIAPRA IL DIALOGO ISTITUZIONALE». Così si è espresso fra loro Antonio Ferrentino, sindaco di Sinistra ecologia e libertà di S.Antonino di Susa (Torino): «La mobilitazione contro la Torino-Lione consente agli amministratori di chiedere con forza l'apertura di un tavolo di confronto nazionale per trovare una soluzione tecnico-politica».
Per Ferrentino «è assolutamente necessario che la politica e le istituzioni si ritrovino attorno a un tavolo».
AUTOBUS DAL VENETO. Da Susa si sono spostati autobus concentratisi da tutta Italia, col Veneto in testa. Prima tappa la centrale elettrica sulla strada dell'Avanà, e successivamente Chiomonte per il comizio dei sindaci. A Chiomonte si è svolto anche un comizio di Beppe Grillo.

Beppe Grillo: «Una rivoluzione eroica»

In Valle di Susa «state facendo una rivoluzione straordinaria, siete tutti eroi, le campane suonano per tutta l'Italia che ci sta guardando attraverso la Rete».
Lo ha detto Beppe Grillo parlando a centinaia di manifestanti radunati a Chiomonte per la manifestazione No Tav.
IL FUTURO È NEL REGIONALISMO. «La Torino-Lione e' la piu' grande truffa del secolo - ha affermato Grillo - pensare di fare viaggiare le merci a 300 all'ora e' roba da anni Settanta, il futuro e' fare viaggiare meno le merci, e' il regionalismo».
Grillo ha poi accusato le forze dell'ordine di usare gas lacrimogeni ''che sono proibiti, armi da guerra cancerogene''

La Fiom in appoggio alla protesta

La protesta ha continuato intanto a incassare eccellenti appoggi, fra i più recenti dei quali quello del leader Fiom Giorgio Cremaschi, che giudica quella dell'alta velocità un'opera superflua dai costi eccessivi; di Sinistra ecologia e libertà, della Federazione della sinistra e di Sinistra critica.
«I CITTADINI, STANCHI DELLE CHIACCHIERE». Per Cremaschi, in particolare, «la marcia del 3 luglio dimostra quanto la gente sia stufa dei bla bla, del palazzo politico-sindacale che risponde con sordità totale alla domanda di cambiamento sociale».
Con il presidente dei verdi Bonelli in arrivo anche una rappresentanza dei verdi europei.

Fassino: «Coi troppi no si rischia la regressione culturale»

«Abbandonare le barricate»: «Allo stillicidio di manifestazioni e blocchi sarebbe preferibile un confronto con l'Osservatorio, vigilando sul cantiere e sulla costruzione delle opere per la messa in sicurezza della Valle, insieme con i sindaci».
Questo è l'appello ai No Tav che il sindaco di Torino Piero Fassino ha invece lanciato dalle colonne di La repubblica, aggiungendo: «Nessuno vuole ignorare le loro richieste, ma un conto è chiedere di essere coinvolti per fare, un conto è manifestare per impedire».
«SI MARCIA CONTRO OGNI INFRASTRUTTURA MODERNA». «Una manifestazione democratica va guardata con rispetto e attenzione», ha precisato Fassino, secondo il quale «la marcia in Valle si è però caricata di contenuti che vanno oltre l'essere contro la Torino-Lione. A sfilare ci saranno gruppi che dicono no ad altre opere, dal Dal Molin al ponte sullo stretto di Messina. La macia sta assumendo i connotati di una manifestazione contro qualsiasi infrastruttura moderna, si rischia una regressione culturale»

Domenica, 03 Luglio 2011

Fonte: http://www.lettera43.it

Commento di Oliviero Mannucci: I notiziari in questi giorni ci raccontano quello che vogliono su questa vicenda, anzi probabilmente quello che gli viene detto di dire. I manifestanti vengono definiti dei violenti nel caso dei Black Blocks e come antiprogressisti i manifestanti pacifici. Chi governa il nostro Stato ha però la maggior parte delle responsabilità di quello che sta accadendo perchè anch'esso violento, vuole infatti imporre con la forza la costruzione di un opera che potrebbe portare qualche vantaggio economico all'Italia (?) al prezzo dell'impoverimento di chi vive in quel territorio, in quanto i danni che vengono provocati dalla costruzione dei queste opere sono micidiali per l'ecologia e l'economia locale, un esempio lampante di quanto sto dicendo è quello che è accaduto in Toscana, in Mugello, dove il passaggio dell'alta velocità ha gravemente danneggiato l'economia della zona, provocando anche gravi danni all'ambiente, per questo vi rimando all'articolo sottostante. Chi governa si deve sentire servitore dei cittadini e non il padrone del destino di migliaia di famiglie e del territtorio dove esse vivono. Quindi la cosa più ragioneveole sarebbe ascoltare i cittadini e creare un tavolo di trattative, senza manganelli da una parte e senza bombe carta dall'altro, usando possibilmente il cervello visto che tutti ne hanno uno. Se succederà qualcosa di grave in Val di Susa la responsabilità sarà solo ed unicamente dei nostri governanti che stanno esasperando la situazione.

Alta velocità, danni ambientali al Mugello: 150 milioni di risarcimento e 27 condanne

Le condanne vanno da tre mesi a 5 anni di reclusione e il risarcimento supera i 150 milioni di euro. Tra i condannati ci sono i vertici di Cavet, consorzio che ha avuto in appalto i lavori. Tra i risarciti il ministero dell'Ambiente, la Regione e la Proncia toscane. IÂ ventisette condannati sono colpevoli di illecito smaltimento dei rifiuti. Il reato di furto aggravato di acque pubbliche stralciato alla Corte Costituzionale
di Franca Selvatici
Sit-in dei No Tav alla stazione di Campo di Marte Sit-in dei No Tav alla stazione di Campo di Marte
Ventisette persone condannate per reati ambientali e l’obbligo, per il Cavet, di risarcire le parti civili, versando 50 milioni di euro al ministero dell’Ambiente, 50 alla Regione e 50 alla Provincia. Si è concluso così il processo sulla costruzione della Tav fra Emilia Romagna e Toscana. Il territorio del Mugello è stato duramente sacrificato a una grande opera di ingegneria realizzata con scarsissima attenzione per l’ambiente. E’ la conclusione del processo sulla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità (Tav) fra Emilia Romagna e Toscana: 79 chilometri di cui 73 in galleria. Cominciato oltre quattro anni fa, il 26 novembre 2004, il processo si è chiuso ieri, dopo 100 udienze, con la condanna di 27 persone per reati ambientali, a pene comprese fra 5 anni di reclusione e 3 mesi di arresto.

Tredici dei 27 condannati sono dirigenti, ingegneri e tecnici del Consorzio Cavet, il general contractor dell’opera, il cui capofila è Impregilo. Il giudice Alessandro Nencini ha condannato a 5 anni l’ amministratore delegato di Cavet Alberto Rubegni, gli ex direttori generali Carlo Silva e Giovanni Guagnozzi, i direttori di tronco Franco Zambon e Franco Castellani, accusati di aver disseminato il territorio del Mugello, e non solo, di discariche di materiali di scavo delle gallerie e di fanghi contaminati da idrocarburi e da cemento, e di aver organizzato un traffico illecito di rifiuti. Il Cavet, responsabile civile, dovrà risarcire, insieme con tutti i condannati, le parti civili. A titolo di anticipo dovrà versare 50 milioni di euro al Ministero dell’Ambiente, 50 milioni alla Regione Toscana, 50 alla Provincia di Firenze, più somme minori ad altri enti pubblici. Le accuse formulate dai pm Giulio Monferini e Gianni Tei, che hanno coordinato le indagini dei tecnici dell’Arpat, della polizia municipale e dei carabinieri, erano numerosissime e occupavano oltre 200 pagine. Molti dei reati, però, si sono prescritti durante il processo. L’Italia è, a quanto pare, l’unico paese nel quale i termini di prescrizione continuano a decorrere anche dopo l’avvio dei processi. Fra le accuse prescritte anche quella di truffa ai danni della Regione. Sul reato ritenuto più grave dalla procura, quello di furto aggravato di acque pubbliche, il giudice Nencini ha disposto uno stralcio dal procedimento principale e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.



Secondo le accuse, Cavet ha utilizzato senza autorizzazioni non meno di 5 milioni di acque pubbliche per gli impianti di betonaggio, il lavaggio di mezzi meccanici e altre attività di cantiere. La legge Galli del ’99 ha depenalizzato l’illecito impossessamento di acque pubbliche per usi industriali. Ne deriva che chi ruba una mela rischia una condanna penale, chi preleva illecitamente un bene prezioso come l’acqua per usarla in un cantiere rischia una sanzione amministrativa (così come, prima dell’ intervento della Corte Costituzionale, chi falsificava le firme sulle liste elettorali rischiava meno di chi apponeva una firma falsa su un documento privato). Secondo il giudice Nencini, la norma che depenalizza il furto di acque per usi industriali è viziata da irragionevolezza e grave contraddizione e confligge con il diritto fondamentale a mantenere integro il patrimonio ambientale. Di qui la decisione di rimettere la questione alla Corte Costituzionale. L’inchiesta sui danni causati dai cantieri Tav era divisa in due filoni principali: quello della contaminazione dei terreni e delle acque per effetto dello smaltimento delle terre e dei fanghi delle lavorazioni in galleria, e quello del drammatico prosciugamento delle sorgenti e dei fiumi del Mugello, una delle regioni più ricche di acqua d’Italia.

Secondo le accuse, a causa dei lavori in galleria e della intercettazione «selvaggia » delle acque di falda, si sono seccati 57 km di fiumi, la portata di altri 24 km di corsi d’acqua si è drasticamente ridotta, sono state prosciugate 37 sorgenti e 5 acquedotti. Un disastro ambientale per il quale la procura contestava il danneggiamento aggravato, un reato volontario. Il giudice ha ritenuto invece che questi gravissimi danni siano stati causati da negligenza o imperizia, cioè siano colposi, e il codice penale non prevede il reato di danneggiamento colposo. Da questa accusa, perciò, tutti gli imputati sono stati assolti. Tuttavia le famiglie e le aziende danneggiate potranno chiedere i danni in sede civile.

TAV - imputati tutti assoltiper i danni ambientali

Tutti assolti in appello, gli imputati per i danni ambientali compiuti durante i lavori della Tav tra Firenze e Bologna, nel Mugello.
Lunedì è stato letto nell'aula bunker di Firenze il dispositivo della sentenza con cui la corte d'appello ha assolto il consorzio Cavet e 27 condannati in primo grado. Cancellato anche il maxi-risarcimento da 150 milioni di euro deciso il 3 marzo 2009. Confermate le assoluzioni della prima sentenza. Solo tre imputati dovranno risarcire danni a enti locali e associazioni per cifre assai più modeste.

La sentenza - Il processo riguardava i danni causati all'ambiente dalle imprese del Cavet eseguendo i lavori per la nuova ferrovia della Tav. Tra i principali reati contestati, la gestione abusiva di discariche per i materiali di scavo e lo smaltimento illecito di rifiuti speciali. "La sentenza della corte d'appello conferma la correttezza di Cavet - ha commentato l'avvocato Nino D'Avirro, difensore del consorzio di imprese che ha operato ali lavori dell'alta velocità in Mugello - nella gestione dei lavori alla galleria e del materiale di scavo".

Fonte: http://www.libero-news.it

(ANSA) - FIRENZE, 28 GIU - La procura fiorentina ''medita'' il ricorso in Cassazione dopo la sentenza della corte d'appello di Firenze che ieri ha assolto gli imputati al processo sui danni ambientali provocati in Mugello dai cantieri dell'alta velocita'. Trentanove gli imputati. In primo grado c'erano state 27 condanne fino a 5 anni di reclusione e provvisionali per oltre 150 milioni di euro. Fra i condannati in primo grado e assolti in appello, i vertici del Cavet, il Consorzio che ebbe l'appalto dei lavori, controllato al 75% da Impregilo.(ANSA).

Fonte: ansa.it

Commento di Oliviero Mannucci: Di tanto in tanto mi capita di andare in Mugello per motivi di lavoro, e spesso parlo anche con le persone che vivono li. La realtà è che è stato fatto uno scempio fregandosene di chi vive sul territorio e del territorio stesso. Ci sono contadini che non hanno più acqua a sufficienza perchè alcuni ruscelli sono di fatto prosciugati, vi sono aree che sono state inquinate con i rifiuti dei lavori che per bonificarle ci vorranno anni, in estate alcuni paesi e frazioni sono senza acqua a causa della deviazione di alcun e fonti o addirittura il loro avvelenamento o deviazione. Ora in Val di Susa si vuole fare la stessa cosa, in nome del progresso ( che progresso è questo?). Chi governa il nostro stato è spesso arrogante e dimentica che il suo potere è limitato nel tempo e dovrebbe essere usato per far stare bene i cittadini che con le loro tasse pagano i loro stipendi, le loro auto blu, i loro benefit , etc.etc. Un pò più di umiltà e disponibilità verso il vero sovrano del paese, il popolo, non guasterebbe, (ma non solo in questa occasione), altrimenti così si va allo scontro. La colpa di quanto sta accadendo è comunque solo dello stato. Prima di progettare una qualsiasi opera di questo tipo a così alto impatto ambientale andrebbe fatta una indagine sul territorio per tastare la disponibilità della popolazione ad accoglierla e che tipo di problemi potrebbe creare alle attività produttive della zona, e poi bisognerebbe progettare il tutto per creare un danno ambientale ridotto ai minimi termini. Alcuni comuni rompono i coglioni ai cittadini quando devono ridipengere la facciata imponendogli addirittura il colore che devono usare per dipingere la propria casa e i cittadini non dovrebbero aver il diritto di non essere d'accordo sulla costruzione di un opera che se progettata male può creare danni incalcolabili all'economia del territorio?

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