di Luciano Lago
Procede rapidamente, come una frana che precipiti da una alta
montagna, la caduta libera dell’Italia verso il precipizio del massacro
sociale, del sottosviluppo economico e della servitù verso i modelli
culturali e politici imposti dalle centrali di potere.
Sembra
che non ci sia niente in grado di fermare questa corsa verso il
baratro: manca una percezione netta di quanto sta accadendo, ci si
illude che qualcuno poi “arrivi a salvarci” , come nella vecchia
tradizione storica italiana ci si affida allo straniero che possa
“accorrere a liberarci” dal giogo dei poteri che ci stanno soffocando.
Soltanto
quelli che hanno capito chiaramente a proprie spese che in questo paese
è compromessa qualsiasi prospettiva di futuro, si fanno i bagagli ed
emigrano. Si tratta prevalentemente
di giovani ,quelli più acculturati o più capaci, spinti dalla necessità
o dall’orgoglio di volersi costruire un proprio percorso di lavoro,
alcuni anche per formarsi poi una famiglia ed avere dei figli, cosa
estremamente difficile in Italia.
Tutti gli altri, quelli che non possono muoversi o che non sono più giovani, rimangono ed assistono inebetiti ad
un processo inesorabile di desertificazione industriale con migliaia
imprese che chiudono, altre che de localizzano e trasferiscono gli
stabilimenti oltre confine ,non soltanto nei paesi emergenti , ma anche anche in
Svizzera, in Austria ed in Slovenia dove viene fatta molta pubblicità
per gli imprenditori italiani alle condizioni favorevoli agli
investimenti , ai servizi offerti ed alle infrastrutture, alla
burocrazia semplice ed efficiente, ai costi ridotti del 40/50%
dell’energia elettrica, alle imposte che sono meno della metà di quelle
richieste in Italia.
Un fenomeno di enorme peso visto che il totale delle imprese italiane trasferitesi all’estero
negli ultimi 10 anni ammonta a circa 27.000 imprese che hanno creato
qualche cosa come un milione e 500.000 posti di lavoro nei paesi dove
operano. Una perdita secca enorme per il sistema economico italiano, per
l’occupazione e per la domanda interna e per lo stesso fisco, esoso e
rapace con le piccole e medie imprese, che è stato uno dei fattori
determinanti nella decisione di migrazione delle imprese.
Nel
contempo assistiamo al fenomeno, molto poco “spontaneo” e molto
coordinato da una attenta regia, che consiste nell’arrivo in Italia di
masse di emigranti su vecchi barconi dall’Africa o su navi più
confortevoli dal Medio Oriente con “trasbordo” poi assicurato, vicino
alle coste, sui barconi per assumere l’aspetto credibile dei “profughi”
che vengono da zone di guerra, dalla Siria in particolare, per ottenere
poi quello “status” ambito che permette alloggio, vitto ed indennità a
carico dello Stato italiano. Uno Stato che utilizza risorse pubbliche e
si assume oneri che altri Stati in Europa rifiutano (vedi espulsioni di
clandestini dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Gran Bretagna) ma che i
governanti italiani, per inavvedutezza o demagogia, dopo aver imbarcato
al governo personaggi mondialisti come la ministra Keynge (che
disconosce la cultura italiana e parla di necessità di diventare un
paese “meticcio”) oppure la Boldrini alla presidenza della Camera, che
proviene da un organismo che come l’ONU che di disastri ne ha già
prodotti tanti.
Lo
stesso Stato che si dimostra avaro nei confronti dei propri cittadini
spinti al margine della società perché privi di lavoro, di pensione ed a
volte anche sfrattati e privi di alloggio, adducendo la motivazione
della “mancanza di risorse” per provvedere a fornire un minimo di
assistenza a persone o famiglie che si trovino nell’indigenza.
Tutto
questo non è casuale ma è parte dello stesso processo di
trasformazione, anche se pochi se ne rendono conto: si descrive come
impoverimento programmato, imposizione di una moneta estera,
acquisizione delle risorse del paese
(aziende pubbliche, banche, aziende private di pregio, risparmio
privato, ecc.), controllo totale del sistema economico e bancario,
immigrazione di massa e conseguente “africanizzazione” dell’Italia,
imposizione di un modello multiculturale e multirazziale voluto, perdita
dell’identità culturale propria e della sovranità nazionale. Uno schema
abbastanza classico nelle operazioni neo coloniali ma inaspettato per
un paese europeo. Per questo l’Italia fa da “testa di ponte”, paese
sperimentale dove si vengono attuando tutte le nuove teorie che le
centrali finanziarie sovranazionali vogliono attuare in vista della
realizzazione di quel nuovo ordine mondiale che rimane l’obiettivo
finale della elite finanziaria che orienta le decisioni al di sopra dei
governi nazionali e si riunisce in circoli riservati (Club di
Bilderberg, Trilateral Commision, Aspen Institute, ecc..).
In
Italia non c’è bisogno di una guerra per imporre questo modello di
società, come è stato necessario invece in altri paesi ad altre
latitudini e con caratteristiche diverse, è stato così infatti in Libia,
è accaduto in Irak e era accaduto in paesi dell’America Latina (dal
Guatemala alla Colombia) dove erano intervenuti i “marines” USA, il
braccio armato della grande finanza, oppure milizie opportunamente
armate ed addestrate dalla CIA, seguiti poi a breve distanza dallo
sbarco in quei paesi del FMI, della Banca Mondiale e dalle varie “ ONG
per lo “sviluppo ed i diritti umani”.
In
Italia non è stato necessario poiché i “marines” sono sbarcati già nel
1943 e da allora non se ne sono più andati, non per nulla contiamo 113
basi USA sul nostro territorio e se ne prevedono sempre di nuove (come il Muos a Niscemi).
In
Italia c’è stato invece bisogno di appropriarsi di tutti i principali
media informativi, dalle TV ai grandi giornali, di sovvenzionarli in
buona parte attraverso “aiuti di stato” e controllarne totalmente il
contenuto dell’informazione, approfittando di una classe di giornalisti
ed opinionisti quasi tutti prezzolati e lesti nello schierarsi dalla
parte del “politicamente corretto”, del vero potere, quello che conta,
quello delle banche e dell’oligarchia europea, non certo quello di cartapesta e ridicolizzato del cav. Berlusconi.
Tanto
è presente questo totale controllo dei media che, la manipolazione
delle notizie e le falsità dell’informazione diventano talmente evidenti
che ormai, per seguire certi avvenimenti, bisogna ricorrere
esclusivamente alle fonti di contro informazione presenti sul web o a
testate estere dove ancora si trova qualche giornalista indipendente.
Così si possono apprendere i retroscena di avvenimenti politici
nazionali, di chi li muove dietro le quinte e quali siano le vere cause
delle vicende politiche nazionali, soltanto leggendo le corrispondenze
di giornalisti indipendenti come
ad es. Ambrose E. Pitchard, sul “The Telegraph”, che ci spiega quali
furono le vere cause delle dimissioni di Berlusconi nel 2011, il ricatto
della Merkel e dell’eurocrazia di Bruxelles per aver osato parlare di
un possibile piano di uscita dall’euro.
Se ad esempio si vogliono leggere notizie veritiere sul fronte estero, sulla
guerra in Siria e sulle sue cause e non notizie false e manipolate
dalla propaganda, meglio ricorrere a “Russia Today” o ad agenzie
libanesi, argentine o iraniane, visto che i nostri media sono tutti
strettamente allineati alle tesi di Obama e riescono a falsificare anche
dichiarazioni ufficiali (di Putin o del governo siriano) non gradite.
Ma
d’altra parte viviamo nell’epoca della “menzogna globale” e ci vogliono
spacciare per “democrazia” un sistema di potere mascherato che tutto
può rappresentare meno che la volontà espressa dai cittadini. Le
trasformazioni sono in atto e la maggior parte dell’opinione pubblica,
stordita dai media, non risulta ancora consapevole di queste
trasformazioni. Sono pochi quelli che si sono accorti del fatto che in
Italia siamo entrati già da parecchio tempo in una Repubblica
Presidenziale di fatto, dove il vero capo del governo appare il capo
dello Stato, Napolitano, che
assolve alla funzione di garante di poteri esterni, provvedendo alla
nomina dei “fiduciari” graditi all’elite di potere sovranazionale e dove
il governo (come dichiarato di recente dallo stesso Letta) opera come
“cinghia di trasmissione” rispetto alle centrali di Bruxelles e di
Francoforte, se c’è ( un governo) bene ma se non ci fosse, niente paura,
il programma lo scrivono direttamente a Bruxelles.
I
cittadini vanno a votare ma il loro voto non conta nulla: i governi
vengono nominati dall’alto ed il Presidente rimane lo stesso a vita per
evitare rischi di cambiamento. Ci vorrebbero convincere che si tratti di
una soluzione nell’”interesse del paese”, confondendo l’interesse delle
banche e dei mercati finanziari con gli interessi reali di milioni di
cittadini che lavorano (o aspirerebbero a lavorare) senza essere
strangolati da tasse esose e da un costo della vita ormai insostenibile
per buona parte delle classi sociali che non vivono di rendita
finanziaria o di mega stipendi pubblici. Una
democrazia questa o una dittatura? Sicuramente quelli chiamati
dittatori, come Chavez in Venezuela o Assad in Siria, hanno ottenuto
elezione popolare e consenso politico molti maggiori dei politici
nostrani che vorrebbero anche impartire “lezioni di democrazia” agli
altri.
Da notare che la costituzione italiana è stata disinvoltamente cambiata e stravolta per consentire l’introduzione dei trattati europei come Mastricht e Lisbona che tolgono ogni residua sovranità al paese nell’assordante silenzio dei commentatori politici.
Che
la costituzione sia divenuta come una carta gommata che si tira da
tutte le parti non importa molto. I costituzionalisti allineati tacciono
o comunque giustificano tutto e poche voci si levano in dissenso.
La
verità è che ci troviamo in una guerra non dichiarata dove l’obiettivo è
la conquista di ogni risorsa che ancora possieda questo paese, dal
risparmio delle famiglie alle aziende di Stato ed al patrimonio pubblico
che dovrà passare ancora una volta in una fase di “privatizzazione” di
beni e servizi perché così ci viene chiesto da Bruxelles per fare fronte
ad un debito pubblico che ormai, grazie all’effetto dell’euro ed alle
politiche di Monti e soci, secondo tutti gli analisti seri, oltre ad essere moralmente “illegittimo” risulta ormai impagabile.
L’impoverimento
generale è sicuro ed i dati che vengono descritti dagli enti come
l’ISTAT sono dati da guerra: PIL a meno 4,6%, disoccupazione alle stelle
con due milioni di disoccupati in più negli ultimi 3 anni, fuga di
imprese e povertà diffusa.
I politici incapaci vorrebbero illuderci che si stia uscendo dalla crisi? Se tutto andasse bene,
occorrerebbero almeno sette/otto anni. Eccoli i veri conti del paese:
rispetto al 2007 meno 9% di ricchezza prodotta. Meno 7,6% di consumi.
Meno 27% di investimenti. Meno 25% della produzione
industriale. Meno sette per cento abbondante l’occupazione (al netto
dei cassa integrati). Pressione fiscale ufficiale al 44,5%, pressione
fiscale per chi le tasse le paga davvero al 53,5%. (al 65% quella reale
sulle imprese, secondo la CGIA di Mestre). Debito pubblico che continua a
crescere, al 131,7% del Pil.
Questo
dimostra che la deindustrializzazione e quindi la trasformazione del
sistema economico italiano ha toccato un punto di non ritorno e diventa
irreversibile con tutto il suo carico di conseguenze su quanti sono
rimasti fuori dal sistema produttivo e quant’altri sono in attesa di
essere espulsi per le altre prossime chiusure di attività che si
preannunciano dall’ILVA alla Fincantieri, dall’Alcatel all’Indesit,
dall’Alstom all’Ansaldo Breda, alla Keller, all’Italcementi, e via con
un elenco interminabile che comprende (solo per la grandi aziende) circa
150 tavoli di crisi al ministero dello “Sviluppo Economico”.
Auguri al popolo italiano per quando si risveglierà dal letargo ma sarà sempre troppo tardi per rimediare.
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