IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

mercoledì 18 settembre 2013

Italia In caduta libera, l’obiettivo della “elite” finanziaria

Economist-torre


di Luciano Lago
Procede rapidamente, come una  frana che precipiti da una  alta montagna, la caduta libera dell’Italia verso il precipizio del massacro sociale, del sottosviluppo economico e della servitù verso i modelli culturali e politici imposti dalle centrali di potere.
Sembra che non ci sia niente in grado di fermare questa corsa verso il baratro: manca una percezione netta di quanto sta accadendo, ci si illude che qualcuno poi “arrivi a salvarci” , come nella vecchia tradizione storica italiana ci si affida allo straniero che possa “accorrere a liberarci” dal giogo dei poteri che ci stanno soffocando.
Soltanto quelli che hanno capito chiaramente a proprie spese che in questo paese è compromessa qualsiasi prospettiva di futuro, si fanno i bagagli ed emigrano. Si tratta  prevalentemente di giovani ,quelli più acculturati o più capaci, spinti dalla necessità o dall’orgoglio di volersi costruire un proprio percorso di lavoro, alcuni anche per formarsi poi una famiglia ed avere dei figli, cosa estremamente difficile in Italia.
Tutti gli altri, quelli che non possono muoversi o che non sono più giovani,  rimangono ed assistono inebetiti  ad un processo inesorabile di desertificazione industriale con migliaia imprese che chiudono, altre che de localizzano e trasferiscono gli stabilimenti oltre confine ,non soltanto nei paesi emergenti , ma anche  anche  in Svizzera, in Austria ed in Slovenia dove viene fatta molta pubblicità per gli imprenditori italiani alle condizioni favorevoli agli investimenti , ai servizi offerti ed alle infrastrutture, alla burocrazia semplice ed efficiente, ai costi ridotti del 40/50% dell’energia elettrica, alle imposte che sono meno della metà di quelle richieste in Italia.
Un fenomeno di enorme peso visto che il totale delle  imprese italiane trasferitesi  all’estero negli ultimi 10 anni ammonta a circa 27.000 imprese che hanno creato qualche cosa come un milione e 500.000 posti di lavoro nei paesi dove operano. Una perdita secca enorme per il sistema economico italiano, per l’occupazione e per la domanda interna e per lo stesso fisco, esoso e rapace con le piccole e medie imprese, che è stato uno dei fattori determinanti nella decisione di  migrazione delle imprese.
Nel contempo assistiamo al fenomeno, molto poco “spontaneo” e molto coordinato da una attenta regia, che consiste nell’arrivo in Italia di masse di emigranti su vecchi barconi dall’Africa o su navi più confortevoli dal Medio Oriente con “trasbordo” poi assicurato, vicino alle coste, sui barconi per assumere l’aspetto credibile dei “profughi” che vengono da zone di guerra, dalla Siria in particolare, per ottenere poi quello “status” ambito che permette alloggio, vitto ed indennità a carico dello Stato italiano. Uno Stato che utilizza risorse pubbliche e si assume oneri che altri Stati in Europa rifiutano (vedi espulsioni di clandestini dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Gran Bretagna) ma che i governanti italiani, per inavvedutezza o demagogia, dopo aver imbarcato al governo personaggi mondialisti come la ministra Keynge (che disconosce la cultura italiana e parla di necessità di diventare un paese “meticcio”) oppure la Boldrini alla presidenza della Camera, che proviene da un organismo che come l’ONU che di disastri ne ha già prodotti tanti.
Lo stesso Stato che si dimostra avaro nei confronti dei propri cittadini spinti al margine della società perché privi di lavoro, di pensione ed a volte anche sfrattati e privi di alloggio, adducendo la motivazione della “mancanza di risorse” per provvedere a fornire un minimo di assistenza a persone o famiglie che si trovino nell’indigenza.
Tutto questo non è casuale ma è parte dello stesso processo di trasformazione, anche se pochi se ne rendono conto: si descrive come impoverimento programmato, imposizione di una moneta estera, acquisizione delle risorse del  paese (aziende pubbliche, banche, aziende private di pregio, risparmio privato, ecc.), controllo totale del sistema economico e bancario, immigrazione di massa e conseguente “africanizzazione” dell’Italia, imposizione di un modello multiculturale e multirazziale voluto, perdita dell’identità culturale propria e della sovranità nazionale. Uno schema abbastanza classico nelle operazioni neo coloniali ma inaspettato per un paese europeo. Per questo l’Italia fa da “testa di ponte”, paese sperimentale dove si vengono attuando tutte le nuove teorie che le centrali finanziarie sovranazionali vogliono attuare in vista della realizzazione di quel nuovo ordine mondiale che rimane l’obiettivo finale della elite finanziaria che orienta le decisioni al di sopra dei governi nazionali e si riunisce in circoli riservati (Club di Bilderberg, Trilateral Commision, Aspen Institute, ecc..).
In Italia non c’è bisogno di una guerra per imporre questo modello di società, come è stato necessario invece in altri paesi ad altre latitudini e con caratteristiche diverse, è stato così infatti in Libia, è accaduto in Irak e era accaduto in paesi dell’America Latina (dal Guatemala alla Colombia)  dove erano  intervenuti i “marines” USA,  il braccio armato della grande finanza, oppure milizie opportunamente armate ed addestrate dalla CIA, seguiti poi a breve distanza dallo sbarco in quei paesi del FMI, della Banca Mondiale e dalle varie “ ONG per lo “sviluppo ed i diritti umani”.
In Italia non è stato necessario poiché i “marines” sono sbarcati già nel 1943 e da allora non se ne sono più andati, non per nulla contiamo 113 basi USA sul nostro  territorio e se ne prevedono sempre di nuove (come il Muos a Niscemi).
In Italia c’è stato invece bisogno di appropriarsi di tutti i principali media informativi, dalle TV ai grandi giornali, di sovvenzionarli in buona parte attraverso “aiuti di stato” e controllarne totalmente il contenuto dell’informazione, approfittando di una classe di giornalisti ed opinionisti quasi tutti prezzolati e lesti nello schierarsi dalla parte del “politicamente corretto”, del vero potere, quello che conta, quello delle banche e dell’oligarchia europea, non certo  quello di cartapesta e ridicolizzato del cav. Berlusconi.
Tanto è presente questo totale controllo dei media che, la manipolazione delle notizie e le falsità dell’informazione diventano talmente evidenti che ormai, per seguire certi avvenimenti, bisogna ricorrere esclusivamente alle fonti di contro informazione presenti sul web o a testate estere dove ancora si trova qualche giornalista indipendente. Così si possono apprendere i retroscena di avvenimenti politici nazionali, di chi li muove dietro le quinte e quali siano le vere cause delle vicende politiche nazionali, soltanto leggendo le corrispondenze di giornalisti indipendenti  come ad es. Ambrose E. Pitchard, sul “The Telegraph”, che ci spiega quali furono le vere cause delle dimissioni di Berlusconi nel 2011, il ricatto della Merkel e dell’eurocrazia di Bruxelles per aver osato parlare di un possibile piano di uscita dall’euro.
 Se  ad esempio si vogliono leggere notizie veritiere sul fronte estero,  sulla guerra in Siria e sulle sue cause e non notizie false e manipolate dalla propaganda, meglio ricorrere a “Russia Today” o ad agenzie libanesi, argentine o iraniane, visto che i nostri media sono tutti strettamente allineati alle tesi di Obama e riescono a falsificare anche dichiarazioni ufficiali (di Putin o del governo siriano) non gradite.
Ma d’altra parte viviamo nell’epoca della “menzogna globale” e ci vogliono spacciare per “democrazia” un sistema di potere mascherato che tutto può rappresentare meno che la volontà espressa dai cittadini. Le trasformazioni sono in atto e la maggior parte dell’opinione pubblica, stordita dai media, non risulta ancora consapevole di queste trasformazioni. Sono pochi quelli che si sono accorti del fatto che in Italia siamo entrati già da parecchio tempo in una Repubblica Presidenziale di fatto, dove il vero capo del governo appare il capo dello Stato, Napolitano,  che assolve alla funzione di garante di poteri esterni, provvedendo alla nomina dei “fiduciari” graditi all’elite di potere sovranazionale e dove il governo (come dichiarato di recente dallo stesso Letta) opera come “cinghia di trasmissione” rispetto alle centrali di Bruxelles e di Francoforte, se c’è ( un governo) bene ma se non ci fosse, niente paura, il programma lo scrivono direttamente a Bruxelles.
I cittadini vanno a votare ma il loro voto non conta nulla: i governi vengono nominati dall’alto ed il Presidente rimane lo stesso a vita per evitare rischi di cambiamento. Ci vorrebbero convincere che si tratti di una soluzione nell’”interesse del paese”, confondendo l’interesse delle banche e dei mercati finanziari con gli interessi reali di milioni di cittadini che lavorano (o aspirerebbero a lavorare) senza essere strangolati da tasse esose e da un costo della vita ormai insostenibile per buona parte delle classi sociali che non vivono di rendita finanziaria o di mega stipendi pubblici.  Una democrazia questa o una dittatura? Sicuramente quelli chiamati dittatori, come Chavez in Venezuela o Assad in Siria, hanno ottenuto elezione popolare e consenso politico molti maggiori dei politici nostrani che vorrebbero anche impartire “lezioni di democrazia” agli altri.
Da notare che la costituzione italiana è stata disinvoltamente  cambiata e stravolta per consentire  l’introduzione dei trattati europei  come Mastricht e Lisbona   che tolgono ogni residua sovranità al paese nell’assordante silenzio dei commentatori politici.
Che la costituzione sia divenuta come una carta gommata che si tira da tutte le parti non importa molto. I costituzionalisti allineati tacciono o comunque giustificano tutto e poche voci si levano in dissenso.
La verità è che ci troviamo in una guerra non dichiarata dove l’obiettivo è la conquista di ogni risorsa che ancora possieda questo paese, dal risparmio delle famiglie alle aziende di Stato ed al patrimonio pubblico che dovrà passare ancora una volta in una fase di “privatizzazione” di beni e servizi perché così ci viene chiesto da Bruxelles per fare fronte ad un debito pubblico che ormai, grazie all’effetto dell’euro ed alle politiche di Monti e soci,  secondo tutti gli analisti seri, oltre ad essere moralmente “illegittimo” risulta ormai impagabile.
L’impoverimento generale è sicuro ed i dati che vengono descritti dagli enti come l’ISTAT sono dati da guerra: PIL a meno 4,6%, disoccupazione alle stelle con due milioni di disoccupati in più negli ultimi 3 anni, fuga di imprese e povertà diffusa.
I politici incapaci vorrebbero illuderci che si stia uscendo dalla crisi? Se tutto andasse  bene, occorrerebbero almeno sette/otto anni. Eccoli i veri conti del paese: rispetto al 2007 meno 9% di ricchezza prodotta. Meno 7,6% di consumi. Meno 27% di investimenti. Meno 25% della  produzione industriale. Meno sette per cento abbondante l’occupazione (al netto dei cassa integrati). Pressione fiscale ufficiale al 44,5%, pressione fiscale per chi le tasse le paga davvero al 53,5%. (al 65% quella reale sulle imprese, secondo la CGIA di Mestre). Debito pubblico che continua a crescere, al 131,7% del Pil.
Questo dimostra che la deindustrializzazione e quindi la trasformazione del sistema economico italiano ha toccato un punto di non ritorno e diventa irreversibile con tutto il suo carico di conseguenze su quanti sono rimasti fuori dal sistema produttivo e quant’altri sono in attesa di essere espulsi per le altre prossime chiusure di attività che si preannunciano dall’ILVA alla Fincantieri, dall’Alcatel all’Indesit, dall’Alstom all’Ansaldo Breda, alla Keller, all’Italcementi, e via con un elenco interminabile che comprende (solo per la grandi aziende) circa 150 tavoli di crisi al ministero dello “Sviluppo Economico”.
Auguri al  popolo italiano per quando si risveglierà dal letargo ma sarà sempre troppo tardi per rimediare.


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