Quegli intoccabili al governo graziati da scandali e inchieste
Due pesi e due misure nel trattamento
riservato all'esecutivo. Dal giallo della casa del ministro Grilli
all'inchiesta che sfiora Passera, tutti i casi imbarazzanti messi a
tacere
Nei bilanci sul governo Monti passa in
secondo piano una voce pur presente nell'almanacco 2012 dell'esecutivo:
gli scandali. In dodici mesi i membri del governo non se li sono fatti
mancare affatto, cinque indagati, ma soltanto due si sono dimessi: il
sottosegretario Carlo Malinconico, dopo tre mesi (vacanze luxury pagate a
sua insaputa) e l'altro sottosegretario, alla Giustizia, Andrea
Zoppini, indagato per concorso in frode fiscale e dichiarazione
fraudolenta. Gli altri, solo sfiorati dalle polemiche.
Lo status di tecnici appoggiati da una strana maggioranza li ha forse
messi al riparo dal tiro a segno che avrebbe investito ministri
politici. Ma spesso più che tecnici sembrano degli intoccabili. Chiamati
per salvare il Paese, pare quasi sconveniente chiedergli conto di
stranezze che li riguardino. «Vedo che siamo nell'alta politica» ha
risposto ironicamente il premier, in conferenza stampa, alla domanda
sulla casa ai Parioli comprata a metà del valore di mercato e ad un
prezzo più basso del mutuo richiesto dal ministro dell'Economia Vittorio
Grilli (ieri assente). L'ombra di un pagamento in nero per un ministro
dell'Economia, da cui dipende la Guardia di finanza, è un sospetto che
nessun predecessore avrebbe potuto liquidare con un semplice «sono
soltanto pettegolezzi, non si interferisca sulla mia causa di divorzio».
Tranne Grilli, già finito nel mirino per le consulenze a Finmeccanica
della prima moglie. Nemmeno un graffio, intoccabile.
Quando crollò un pezzo di Domus dei gladiatori a Pompei, l'allora
ministro Bondi fu costretto alle dimissioni da un centrosinistra
caricato a molla contro di lui, quasi colpevole materiale del crollo.
Nel 2012, con il professor Ornaghi ministro, si sono staccati pezzi di
intonaco nella Domus della Venere in Conchiglia, poi nel Tempio di
Giove, ed è caduta una trave di quattro metri nella Villa dei Misteri,
sempre all'interno degli scavi archeologici di Pompei. Ma nessuno si è
sognato di accusare Ornaghi, che se l'è cavata con una riflessione
filosofica: «Pompei è la metafora del Paese: basta un niente e viene giù
qualcosa». Niente di più, anche lui intoccabile. In Procura è finita
invece la casa del ministro della Pubblica amministrazione, Filippo
Patroni Griffi. Un altro appartamento vista Colosseo, come quello più
noto di Scajola che però si dimise, comprato a prezzo stracciato (180
mila euro per 109mq), grazie a una sentenza del Consiglio di Stato, di
cui all'epoca il ministro era presidente di sezione. Patroni Griffi, nei
giorni della polemica, confessò di «non dormire più», ma anche di non
aver mai pensato alle dimissioni. In effetti lo scandalo si richiuse
subito, dimenticato in tempi record.
Su Passera, superministro di Monti, è passato lieve come una piuma
l'avviso di inizio indagini partito dalla Procura di Biella («un atto
dovuto») per presunti reati fiscali commessi da amministratore di Banca
Intesa. «Non c'era sentore di nulla, perché se ci fosse stata avrei
preso provvedimenti» è stata invece la difesa del ministro delle
Politiche agricole Mario Catania, quando è esploso lo scandalo nel suo
ministero: 11 arrestati tra funzionari e dirigenti che truccavano gli
appalti per avere in cambio soldi, vacanze, cibo. Anche in quel caso
nessun accanimento sul ministro ignaro di tutto. Un po' di polvere ha
fatto la vicenda di Silvia Deaglio, figlia del ministro Elsa Fornero. La
dottoressa, ricercatrice dell'Hugef finanziato dalla Compagnia di San
Paolo (dove la madre era consigliere di sorveglianza), ha vinto un
concorso per professore associato con una commissione presieduta dal
presidente dello stesso Hugef, che la premiò anche per «l'ottima
capacità di attrarre fondi di finanziamento per la ricerca». Poi è stata
chiamata dall'Università di Torino. Dove sono professori ordinari sia
la madre che il padre. Anche il viceministro Michel Martone (quello dei
giovani «sfigati») è finito sotto tiro per un concorso vinto
all'Università. Ma per poco. Il sottosegretario alla Salute, Adelfio
Elio Cardinale, è finito tra gli indagati della procura di Bari su
presunti concorsi truccati, mentre Roberto Cecchi, sottosegretario ai
Beni culturali, è sotto indagine della Corte dei conti per un presunto
danno erariale. Tutti però al loro posto. Sfiorati, ma intoccabili.
Fonte: http://www.ilgiornale.it
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