Via da Fukushima: l’alternativa c’è
Ma e’ stata proprio l’incoscienza di un paese estremamente ambizioso ad aver creato distruzione. L’obiettivo era quello di diventare una potenza mondiale utilizzando l’energia nucleare come fonte primaria di uno sviluppo esponenziale, dimenticandosi di abitare su una terra flagellata dai terremoti e di aver introdotto la parola Tsunami (ben 195 registrati ad oggi in Giappone) nei nostri vocabolari.
Dietro la facciata di un popolo apparentemente perfetto, si nasconde un lato oscuro, buio come i quartieri poveri di Tokyo e Osaka. Li, dove vivono i lavoratori delle centrali nucleari, le mille luci delle citta’ sono solo un bagliore lontano. Poveri e ignoranti accettano di entrare nel corpo di quei mostri, ignari della pericolosita’ dell’esposizione alle radiazioni. Un lavoro di poche ore, sufficienti a compromettere le loro vite. I dispositivi di protezione non sono contemplati. Dai datori di lavoro non verra’ dato nulla piu’ di una superficiale preparazione di base, ne’ giungera’ alcuna informazione sulle conseguenze future.
Un documentario del 1995, girato da un fotografo giapponese per conto della UK Channel 4, descrive magistralmente il dramma delle famiglie di quanti, durante il corso degli anni, alle centrali nucleari del Sol Levante hanno sacrificato le loro vite. Le testimonianze raccolte sono toccanti, i toni malinconici, identiche le storie. (http://www.japannewstoday.com/?p=3093)
Tutto questo accadeva in condizioni normali, con le centrali in sicurezza, piu’ di 15 anni fa.
La TEPCO, quarta compagnia elettrica al mondo, e’ la principale responsabile di questo gioco sporco. Il suo passato e’ segnato da un’interminabile catena di incidenti e tentativi d’insabbiamento: con lo tsunami dell’11 marzo, tutto e’ venuto a galla. Documenti falsificati, controlli di sicurezza mai effettuati, scandali e conseguenti dimissioni, come quelle date dall’intero management della societa’ nel 2002, per poi tornare in gioco come se nulla fosse. Sempre lei, la TEPCO, nel mezzo di un’emergenza come Fukushima, aspetta una giornata intera prima di tentare invano di raffreddare i reattori, nell’inconfessabile preoccupazione di salvare i suoi mostri dalla nociva acqua di mare. Per non smentirsi poi, a dieci giorni dal disastro, chiede una concessione per poter costruire 2 nuovi reattori di fianco a quelli ancora fumanti.
La responsabilita’ dei governi che si sono alternati al potere in Giappone negli ultimi 40 anni e’ incontestabile. Per restare in tempi recenti, gia’ nel 2008 il primo ministro Hatoyama era stato avvisato: in caso di un terremoto di grandi dimensioni, le centrali nucleari ormai datate sarebbero andate incontro a “seri problemi”. Come meravigliarsi, allora, se il sistema di sicurezza di Fukushima e’ stato aggiornato solo 3 volte in 35 anni, nonostante la centrale fosse stata dichiarata a rischio gia’ nel 1985? Nessuno ha parlato. Nessuno si e’ intromesso.
La comunita’ internazionale e’ colpevole tanto quanto il governo nipponico: nonostante in questi anni si siano registrati ufficialmente in Giappone addirittura 17 incidenti, e chissa’ quanti siano stati tenuti nascosti, l’Occidente ha permesso, e soprattutto sponsorizzato con accordi commerciali, la crescita del nucleare in un paese ad altissimo rischio sismico. A maggior ragione, la AIEA dovrebbe essere condannata a scomparire.
Le informazioni viaggiano alla velocita’ di un clic. Eppure, a 15 giorni dal terremoto, la parola Fukushima e’ sparita poco alla volta da tutte le principali testate giornalistiche. Per avere degli aggiornamenti sulla situazione bisogna ricorrere ai pochi media stranieri che hanno l’onesta’ di parlarne ancora. Sulle prime pagine, purtroppo, fanno notizia invece i fiori di ciliegio che sbocciano a Tokyo. In Italia, l’emergenza nucleare e’ stata immediatamente trasformata in un dibattito politico, per distogliere l’attenzione e far credere che il discorso sul nucleare sia ancora aperto, opzionabile magari in un futuro neanche tanto lontano.
Fukushima va diluita nell’oblio. Quando poi proprio non se ne puo’ fare a meno, e l’informazione non puo’ essere “trattenuta” dalle autorita’ competenti, gli aggettivi che si utilizzano negli articoli alterano il giusto senso di cio’ che realmente sta accadendo: quante volte, ad esempio, i portavoce della TEPCO hanno sostenuto innanzi alle telecamere che non vi era alcun pericolo “immediato” per la salute?
Alexey Yablokov, membro dell’Accademia delle Scienze Russe e consigliere di Gorbachev ai tempi di Chernobyl, durante un’intervista ha dichiarato, riferendosi al rischio di contaminazione nucleare: ”quando sentite dire ‘non c’e’ pericolo immediato’, allora dovreste andarvene correndo il piu’ lontano e velocemente possibile.”
Per andare veramente via da Fukushima, non serve correre. In Italia, purtroppo, non si parla d’altro che della moratoria e delle tattiche per tornare al nucleare, quando tutti qui saranno meno emotivi. Energie sprecate quelle dedicate a un concetto ormai defunto: il nucleare ha gia’ distrutto abbastanza.
La tutela della Vita su questo pianeta, e fa quasi disperare doverlo ripetere, e’ un concetto assoluto, inviolabile ed imparziale: ne’ di destra, ne’ di sinistra.
Il 28 e 29 marzo scorso, a Buenos Aires, si e’ tenuto il “Clean Energy Congress” organizzato dalla CADER, Camara Argentina de Energias Renovables. I biocombustibili sono il futuro. Il vento e il sole non sono le uniche risorse naturali che possiamo sfruttare. La capacita’ di produrre energia deriva dagli olii vegetali, gas naturali, dai rifiuti solidi e non solo. Esperti sulle energie rinnovabili e piu’ di 300 congressisti hanno condiviso e scambiato le loro idee, esprimendo concetti che potrebbero, dovrebbero costruire una strada diversa: quella che allontanera’ il mondo da Fukushima.
Qualcuno ha gia’ agito, parole che si sono trasformate in fatti. A Comodoro Rivadavia, provincia di Chubut, Patagonia settentrionale, e’ stato recentemente inaugurato (il 27 aprile) un impianto di riciclaggio di rifiuti solidi. Le enormi e polverose distese di terra del Cono Sur ospitano questo progetto ecologico di alta tecnologia. Nell’atmosfera calma di un paesaggio lunare nasce una struttura di oltre 40 ettari, la sua forma richiama il Pentagono americano.
700 tonnellate di rifiuti solidi vengono processate quotidianamente, l’80% delle quali si trasforma in energia. Il biogas nasce grazie ai microrganismi senza ossigeno che decompongono la materia organica. Testimonial del successo degli impianti di riciclaggio e’ la citta’ di Monterrey, Messico. Dal 27 giugno del 2006, la metropolitana ha iniziato a funzionare con l’energia elettrica ricavata dalla decomposizione dei rifiuti (fino all’82% del consumo totale). Ogni giorno 180.000 cittadini utilizzano le due linee della metro, senza inquinamento.
Il Parco delle Tecnologie Ambientali di Rivadavia, inoltre, ha gia’ dato il suo primo contributo sociale: un centinaio di operai precari che lavoravano in una vecchia discarica sono stati assunti a tempo indeterminato. Erano abituati a smistare plastica e cartone, ora potranno sentirsi parte integrante di un progetto importantissimo.
La cancelliera tedesca Angela Merkel, nel frattempo, ha preparato un nuovo piano per uscire dal nucleare in tempi record: l’ultima centrale, forse, si spegnera’ tra 10 anni. A conferma della ritirata, e per rafforzare la sua scelta, il 2 maggio ha inaugurato la prima centrale eolica offshore.
In Italia, al contrario, di spegnere i due reattori sperimentali di Casaccia, nonostante le contaminazioni avvenute nel corso del 2007, neanche se ne parla. Le domeniche ecologiche, le macchine euro5 e la raccolta differenziata sono solo una presa in giro. Scuse per multare i cittadini e di certo non misure per preservare il pianeta. E’ il momento di cambiare. I dibattiti politici utilizzati per dimostrare chi ha ragione sul numero delle morti effettive di Chernobyl hanno stancato.
Il governo, assieme all’opposizione, agisca, vada verso la stessa direzione: quella di un futuro basato sulle energie rinnovabili e non piu’ messo a repentaglio da “bombe” nucleari dislocate nel mondo.
In collaborazione con VALENTINA ROMITI
Fonte: http://www.agoramagazine.it
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