Anna Lombroso per il Simplicissimus
Dio sa se io non sia riluttante all’impiego sgangherato del turpiloquio,
ma vi sono costretta quando il sistema di governo è riassumibile con lo
slogan: cazzi vostri
Terremoto? Cazzi vostri. Straripano i fiumi? Cazzi vostri? Frana la
montagna? Cazzi vostri? Aspettate una tac da un anno? Cazzi vostri.
Dovete lasciare il lavoro per accudire un malato? Cazzi vostri? Siete
disoccupati? Cazzi vostri.
La cultura imperante dice che bisogna essere ambiziosi, intraprendenti,
flessibili, dinamici, spregiudicati, egoiste, egocentrici,
finanziariamente fantasiosi, consumisti, globalizzati, cosmopoliti. E al
tempo stesso temperanti, oculati, obbedienti, conformisti, familisti.
Perché sono cazzi nostri. Smantellato l’welfare? Teniamo a casa le
donne. Le scuole pubbliche non hanno attrezzature? E portatele da casa,
compresa la carta igienica. Siete ammalati? Andate in clinica oppure
provate con ingegnose terapie alternative, stamine fai da te, cura Di
Bella oppure, scelta estrema, Lourdes. I vostri figli sono disoccupati?
Ma licenziatevi, perbacco e lasciate il posto a loro.
Perfino l’Imo, l’International Labour Organization nel ‘Rapporto sul
mondo del lavoro 2013′ sembra sconcertato dall’ultima trovata delle
relazioni industriali creative del governo italiano, una simpatica
evoluzione familistica che propone, come soluzione al “problema
giovani”, la staffetta generazionale. All’Italia servono circa 1,7
milioni di “nuovi” posti di lavoro per riportare il tasso di occupazione
ai livelli pre-crisi,ma vanno bene anche quelli usati, di seconda
mano, come i libri di scuola.
L’Italia occupa un’invidiabile collocazione tra i Paesi dove la
disoccupazione continua ad aumentare (era al 6,1% nel 2007) e dove sono
cresciute le disparità di reddito a causa della recessione, segnando
anzi «uno degli aumenti più brutali» dell’Unione europea: la sfida della
ricerca di un posto di lavoro è particolarmente difficile per i giovani
tra 15 e 24 anni. Il tasso di disoccupazione di questa fascia di età è
salito di 15 punti percentuali e ha raggiunto il 35,2% nel quarto
semestre 2012». Il rapporto conferma anche il diffondersi
dell’occupazione precaria: dal 2007 il numero dei lavoratori flessibili
e mobili secondo gli eufemismi di governo, é aumentato di 5,7 punti
percentuali e ha raggiunto il 32% degli occupati nel 2012, percentuale
incrementata dalla cosiddetta riforma Fornero.
Eh si, perfino l’Ilo ritiene sconsiderata l’ipotesi immaginifica del
nuovo ministro, noto per essersi prodotto in una cauta rinuncia a
calcolare le remunerazioni del ceto partitico, ma spericolato nel
proporre soluzioni spericolate per i comuni cittadini. Perfino a un
organismo ben incuneato nel sistema decisionale globale, la trasmissione
in via ereditaria del posto di lavoro, pare, nel migliore dei casi, una
solenne cretinata. e per di più, non nuova, che si sa i ricchi e i
privilegiati lo hanno sempre fatto, ma garantendosi la personale
permanenza in atenei, industrie, cliniche, baronie, feudi, fino a età
avanzata. O meglio trovando forme compensative ancora più remunerative,
pingui consigli di amministrazione, presidenze, elezioni molto promosse e
facilitate, mentre i delfini crescono in terreni di coltura ben
concimati.
Ma non per noi, non per i nostri figli, cui sono stati negati reddito
di cittadinanza, tutoraggio, apprendistato, perpetuando la condanna alla
precarietà, alla mobilità. No, per le famiglie italiane dovrebbe
sembrare desiderabile e auspicabile una nuova declinazione della guerra
sociale, non più solo quella di classe, ma la sua escalation in
conflitto generazionale, già innescato peraltro, se ormai è convinzione
diffusa che pensionati, lavoratori dipendenti, altro non siano che
fastidiosi parassiti, mangiapane a tradimento, sanguisughe ben
rappresentata da partiti corrotti e corruttori, egoiste e malsane da
punire con la miseria, l’indigenza e la riprovazione sociale.
Perfino l’Ilo capisce che siamo di fronte alla forma più estrema e
iniqua di ricatto, oltraggiosa dopo una riforma che ha spostato l’età
pensionabile, infame perché rovescia sugli individui il peso di scelte
poco solidali e che minano la coesione sociale, ingiuriosa in presenza
di una situazione di crisi indotta e incrementata proprio per favorire
l’arbitrarietà e la discrezionalità dell’economia “informale”, tanto che
ormai l’unico bene che si può trasmettere alle generazioni future,
insieme alla miseria è lo sdegno.
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