31 ott 2013 - Secondo
quanto riportato dalla Reuters, il Ministro Saccomanni avrebbe espresso
la volontà da parte dell’esecutivo di ridurre ulteriormente i limiti di
utilizzo del contante.Nell’agenzia si legge:Il
governo intende ridurre la soglia massima di pagamento in contanti,
attualmente posta a 1.000 euro.”Questo è un punto su cui l’Italia resta
indietro ed è un punto su cui vogliamo intervenire”, ha detto il
ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, durante un’audizione in
Parlamento sulla legge di Stabilità.
Di seguito vi propongo alcune riflessioni, in parte già ospitate su numerosi articoli presenti sul blog.
Nella
vita comune, l’utilizzo del denaro contante è una delle cose più
normali che esista. La possibilità di utilizzare denaro contante per
compensare transazioni commerciali, costituisce elemento di libertà di
ogni essere umano, oltre che motore di sviluppo alla crescita economica
e al benessere collettivo.
Quotidianamente,
avvengono milioni e milioni di transazioni che hanno come contropartita
l’utilizzo del denaro contante, senza il quale, con ogni probabilità,
parte di queste non avverrebbero mai, o avverrebbero in maniera
sensibilmente ridotta.
L’utilizzo del denaro contante è semplice, è pratico, è efficace, è veloce e non è costoso.
Questo, unito
alla possibilità di utilizzare anche altre forme di pagamento che il
progresso tecnologico ha reso disponibili, contribuisce ad elevare il
grado di efficienza della società e delle pratiche commerciali le quali,
a seconda dei casi, richiedono strumenti di pagamento più o meno
consoni a talune tipologie di spese.
Ridurre o
eliminare del tutto l’utilizzo del denaro contante nelle pratiche
commerciali, implicherebbe che chi ha uno stipendio, ad esempio, dovrà
riceverlo obbligatoriamente in banca. Così come ogni sostanza contante
di cui si dispone, dovrà essere depositata in banca, e da lì spesa
attraverso la moneta elettronica.
Di colpo,
grazie ad un atto normativo, il cittadino verrebbe privato oltre che di
questa forma di libertà (cioè quella di utilizzare il contante), anche
dell’unica forma di dissenso a sua disposizione nei confronti del
sistema bancario. Per contro, le banche verrebbero graziate in quello
che per loro costituisce il vero e proprio incubo: la corsa agli
sportelli.
A quel punto,
essendo il denaro smaterializzato e sostituito con un algoritmo astratto
e intangibile, ne deriva che se non esiste moneta contante da scambiare
e da prelevare, viene meno anche il pericolo che la popolazione possa
chiedere la restituzione di ciò che non esiste. E’ evidente, e le banche
festeggiano. Nel corso dei secoli, la necessità degli stati e quindi
della politica, di contare sempre più sull’appoggio del sistema bancario
per il finanziamento degli abusi di spesa della macchina statale e dei
privilegi di politici (spesso corrotti ed incapaci), ha favorito
l’instaurarsi di una connivenza simbiotica tra la politica e il sistema
bancario. Ciò per reciproca convenienza: quella della politica di
poter contare sui favori dei banchieri; e quella di quest’ultimi, di
poter godere di un quadro normativo di favore per incrementare i
propri affari e, in caso di dissesti, contare sull’interventismo
statale.
Il denaro, per
il sistema bancario, è elemento sul quale fonda i propri affari: in
buona sostanza è la merce da vendere. Avere il controllo e la gestione
di tutto il denaro, per la banca, è un moltiplicatore del proprio
business e quindi di redditività.
In un sistema
basato sulla riserva frazionaria quale è il nostro, accade che i 1000,00
euro che vengono depositati in banca, possono diventare (per il
sistema bancario) fino a 100.000, ossia cento volte tanto. E ciò è
possibile per l’effetto moltiplicativo dei depositi. Siccome sulle somme
depositate la banca è tenuta ad accantonare solo l’1% del deposito (nel
nostro caso 10 euro, l’1% di 1000) per far fronte ad eventuali esigenze
di cassa e richieste di rimborso delle sostanze depositate, ne consegue
che le altre 990 possono essere immesse nuovamente nel sistema,
mediante la concessione di prestiti. A questo punto i 990 euro concessi
in prestito, vengono nuovamente depositati sul sistema bancario e la
banca, dopo aver provveduto ad accantonare un altro 1% (9.90 euro in
questa seconda fase) della somma depositata, avrà nuovamente a
disposizione 980.10 da poter concedere di nuovo in prestito, e così via
fino a che non si sarà esaurito l’effetto moltiplicatore sul deposito
iniziale. Ossia fino a quando non si sarà prodotta moneta virtuale per
100.000 euro a fronte dei 1000 euro di deposito reale iniziale. In
sostanza, per ogni mille euro di deposito, la banca potrà moltiplicare
fino a 100.000 euro la materia oggetto dei propri affari: il denaro.
Sulla massa di
prestiti concessi, in questo caso 99.000 euro, la banca trae un enorme
profitto applicando un tasso di interesse che chi ha usufruito del
prestito dovrà rimborsare a determinate scadenze, unitamente al capitale
preso in prestito. Alla luce del ragionamento appena esposto, risulta
del tutto agevole comprendere l’interesse da parte del sistema bancario
affinché si giunga alla completa eliminazione della denaro contante.
Tanto meno sarà il contante in circolazione, tanto più elevata sarà la
possibilità riservata alle banche di incrementare il proprio giro
d’affari e aumentare a la redditività prodotta, che si traduce in bonus
milionari pagati ai super manager.
Il sistema
bancario così deterrebbe in deposito la maggior parte della ricchezza
del paese. Deterrebbe in custodia i vostri investimenti in titoli,
azioni, obbligazioni, i preziosi custoditi in cassette di sicurezza, e
ora anche il denaro che, obbligatoriamente, deve essere depositato sul
conto corrente.
Siccome le
pretese impositive dello Stato si fondano su imponibili di cui lo Stato
stesso ne dovrebbe conoscere le dimensioni e la collocazione, se ne
deriva che lo Stato non potrebbe tassare ciò che non conosce, come ad
esempio il denaro contante che voi custodite a casa. Almeno fino a
questo momento.
Il pericolo è
proprio quello di essere obbligati, tramite un provvedimento di legge, a
privarsi dell’utilizzo del contante, per rendere la macchina coercitiva
del fisco ancora più efficiente, funzionale, perfetta e micidiale.
Tra qualche
giorno, le banche italiane dovranno trasmettere all’anagrafe tributaria
tutte le movimentazioni dei nostri conti correnti.
Lo stato, con
un semplice click, potrà conoscere in tempo reale ogni vostra ricchezza:
sia la sua collocazione, che la sua dimensione complessiva. Ricchezza
incrementata, ovviamente, dai depositi di denaro contante che, oltre a
far aumentare la base imponibile da colpire con un’eventuale imposizione
patrimoniale, offre allo Stato la garanzia del buon esito della sua
pretesa tributaria.
Quindi, in
questo caso, avrebbe a sua completa disposizione ogni forma di
ricchezza, e potrebbe tassare, confiscare ed espropriare, ogni importo a
suo piacimento, desiderio e necessità, sia per salvare chi tale
ricchezza la detiene in deposito (le banche), sia per salvare se stesso e
i privilegi del manipolo di gerarchi da un’eventuale bancarotta.
Anzi, questo
pericolo è quanto mai reale e percepibile al punto che buona parte della
nomenclatura politica del paese non nasconde affatto il desiderio di
applicare un’imposta patrimoniale.
Volete un
esempio su cosa potrebbe fare lo stato con il vostro patrimonio? Bene,
basta prendere ad esempio Cipro. La cosa più semplice da fare è proprio
quella di aggredire il deposito sui conti correnti. Sono sostanze
disponibili e quindi per definizione idonee ad essere immediatamente
trasferite, dal conto corrente alle casse dello stato. E poi se lo Stato
è fortunato e a voi vi dice male, sul conto corrente potrebbe anche
trovare un saldo particolarmente elevato derivante dal mutuo che la
vostra banca, magari, vi ha accreditato qualche giorno prima per
comprare la vostra casa o finanziare la vostra attività. Quindi un
“extragettito” per lo Stato, una maggiore rapina per voi, su dei
patrimoni a debito che dovrete rimborsare alla banca.
La cosa vi
sorprende? Nel 1992, con la patrimoniale di Amato, è accaduto proprio
questo. Aziende e famiglie di sono viste confiscare ricchezza su delle
somme derivanti da un finanziamento concesso dalla banca e
temporaneamente depositato sul conto corrente bancario. Vi sembra
giusto?
Volete un altro
esempio? Eccovi serviti. Parte della politica, ad esempio, come
dicevamo, non nasconde affatto l’idea che sarebbe favorevole ad
un’imposta patrimoniale sui grandi patrimoni. A parte il fatto che non
si forniscono chiarimenti su cosa debba intendersi per patrimonio, ossia
se si dovranno considerare beni immobili, mobili, investimenti, aziende
ecc., il sospetto è che, quando si accorgeranno che il gettito
derivante da un’imposizione patrimoniale sarà molto ridotto,
probabilmente, abbasseranno di molto il livello di patrimonio dal quale
far scattare l’imposizione al fine di aumentare la base imponibile.
Solo per citare
un esempio, qualora dovesse essere tassato il patrimonio immobiliare,
non è detto che il contribuente abbia disponibili gli importi per
adempiere all’obbligazione tributaria. Ecco quindi che il fisco potrebbe
aggredire il conto corrente dove si detengono, per obbligo normativo,
anche le risorse indispensabili per il sostentamento dei propri
congiunti, lasciando a pancia vuota tutta la famiglia.
Ma la
carrellata di casi e gli aspetti inquietanti di una simile coercizione
della libertà individuale è ancora lunga, fitta, se non interminabile.
Si potrebbe andare avanti per ore, ma non cambierebbe affatto il
risultato.
La banca,
concludendo, diverrebbe una gigantesca camera di compensazione, ossia
soggetto giuridico al servizio (più di quanto lo sia oggi) dello Stato
per espropriare ricchezza: ossia il presente e il futuro di liberi ed
onesti cittadini. Il perché è chiaro: per rendere solvibile il debitore
non c’è via più semplice che quella di compensare debiti del debitore
con i crediti del creditore. E il gioco è fatto
Paolo Cardenà
Fonte: www.vincitorievinti.com
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