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lunedì 4 marzo 2013

Gli sprechi della politica I consiglieri regionali: la Procura riveli gli indagati

Sui rimborsi il Pd “verifica” sei democratici. Baritussio (La Destra) chiede l’accesso agli atti e Antonaz (Rc): fuori i nomi 




UDINE. La rabbia non viene tanto dall’emergere ogni giorno di una nuova spesa disinvolta. Quello, a sentir loro, suscita piuttosto incredulità. La rabbia viene dall’essere etichettati come “tutti uguali”, tutti coinvolti nell’uso “facile” dei soldi pubblici ai partiti, anche perché pronti a ripetere “io non c’entro”. E allora il “rifugio” diventa il Tribunale di Trieste, palazzo nel quale più di un consigliere regionale ha deciso di andare a vedere se il suo nome compare o no nel registro degli indagati. Le inchieste della Procura di Trieste e della Corte dei conti sui rimborsi ai partiti fanno tremare il palazzo della Regione, distendono ombre sulle liste per le regionali di aprile e gettano dubbi su tutti. Gli indagati al momento sono 19 su 59, un terzo dei consiglieri uscenti, per le ipotesi di peculato e truffa. Il Pd farà la verifica in blocco, per il Pdl decideranno i singoli. Ma potrebbe non bastare.
La procedura
L’articolo è il 335 del codice di procedura penale e consente solo su richiesta dell’interessato, o del suo legale, di sapere se il proprio nome compare sul registro delle notizie di reato e quindi se si è indagati. Per ottenere la risposta dalla Procura è di solito necessaria una decina di giorni. Il 17 marzo scade il termine per depositare le liste.
La richiesta di sei democratici
È stata Debora Serracchiani, candidata a governatore e segretaria Fvg del Pd, a chiedere ai suoi la verifica in Procura, verifica che riguarderà sei democratici. La conferma arriva dal capogruppo in Consiglio Mauro Travanut, uscente e ricandidato come altre cinque colleghi. Che stamani daranno mandato a un legale di accedere al registro degli indagati. La richiesta arriverà da Travanut, Franco Iacop, Enzo Marsilio, Daniele Gerolin, Sergio Lupieri e Franco Codega. «La cosa peggiore e più antipatica – sostiene Travanut – è che i nomi degli indagati non siano ancora emersi. Visto che non è ancora accaduto abbiamo stabilito di affidare a un legale la verifica delle singole posizioni, per sgombrare il campo da dubbi e incertezze. Saremo contenti se la risposta fosse immediata, ma mi pare ci vorrà qualche giorno». Travanut aggiunge che non ci saranno distinguo, che un passo indietro dovrà compierlo sia chi – per ipotesi – ha pagato una cena a un collega sia chi ha comprato le gomme da neve o la carne macinata o il pesce. «La lista del Pd sarà all’insegna della totale trasparenza – aggiunge Travanut – ed è chiaro che chiunque sia inscritto nel registro degli indagati, anche nel caso in cui avesse totalmente ragione perché ha compiuto un gesto di prassi, dovrà fare un passo indietro. Il problema, infatti, non è personale ma del partito».
Vertice del Pdl
Il capogruppo Daniele Galasso ripete: «In settimana faremo una riunione per gli approfondimenti del caso». E sulla possibilità dell’accesso al registro degli indagati ribadisce che ogni pidiellino si comporterà secondo coscienza. Franco Baritussio, ex vice capogruppo pidiellino passato con La Destra, chiederà di sapere se è indagato. «Le spese che stanno emergendo – afferma Baritussio – non mi riguardano. Ho rispetto per le Procure e domattina (oggi) farò richiesta del 335 per capire qual è la mia posizione. Mi auguro che i tempi siano celeri».
Anche Rc vuole i nomi
Roberto Antonaz, esponente di Rc, ripete di non essere coinvolto nelle spese “facili”. «Ma auspico che vengano fuori i nomi perché si sta facendo di ogni erba un fascio. Ho un solo rammarico – dice Antonaz – e faccio autocritca: a volte ci siamo posti il problema di un regolamento troppo vago ma non siamo riusciti a cambiarlo».
“Blocco civico”
La compagine civica udinese che fa riferimento a Marco Belviso chiede a tutti i consiglieri di dimettersi.
Le spese “facili”
Ci sono tre scontrini di un’armeria a Villa Santina per circa 1.750 euro, ma anche acquisti di gomme da neve, scarpe, mobili, lampadari, un seggiolino per bimbi. Con i soldi pubblici sono anche state pagate consumazioni in discoteca, spese dal macellaio e in pescheria, tagliandi delle auto.

 Anna Buttazzoni 

Fonte 

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