Federico Dal Cortivo intervista il Prof Attilio Folliero, politologo residente a Caracas.
Prima
 di rispondere alle domande, mi permetto una premessa. Io vivo lontano 
dall’Italia da dieci anni; ovviamente, ho sempre seguito e continuo a 
seguire le vicende italiane attraverso i grandi media: i telegiornali 
“aggiustati”, i programmi come “Porta a Porta”, i grandi quotidiani... 
tutti interessati a mostrare sempre e solo una parte “della storia”. 
Recentemente, per esempio c’è stata a Teheran l’Assemblea dei Paesi non 
allineati, che praticamente in Italia è passata sotto silenzio, con poca
 informazione e quella poca passata era tutto meno che imparziale ed 
obiettiva... “I «non allineati» a Teheran fiera d'odio per l'Occidente”,
 per dirla con il titolo di un noto giornale nazionale italiano; non c’è
 nessun odio verso l’occidente da parte dei Paesi non allineati, ma 
questa è l’informazione che è costretto a leggere l’italiano medio.
Nell’antica
 Roma, quando stava per cadere l’impero, c’erano persone che vivevano 
come se niente stesse passando, continuando a fare banchetti ed orge 
come al tempo del massimo splendore dell’impero... vennero travolti 
senza rendersi conto di quello che gli stava succedendo! La situazione 
italiana (e dell’occidente, dell’Europa e degli Stati Uniti) di oggi è 
praticamente la stessa che si viveva alla caduta dell’impero romano: 
molti continuano a vivere senza rendersi conto di quello che gli sta per
 accadere. I politici nostrani (tutti) litigano fra di loro sul sesso 
degli angeli, però la quasi totalità di loro guarda ancora estasiata 
agli USA ed alla sua politica neoliberista e guerrafondaia, come se gli 
USA fossero ancora la superpotenza uscita vincitrice della seconda 
guerra mondiale; questi politici non si rendono conto che gli USA sono 
sul bordo del tracollo, più o meno imminente, che condurrà alla fine 
dell’Unione. Fino a quando, ad esempio, il governo USA potrà sostenere 
un deficit giornaliero di oltre 4 miliardi di dollari? La Federal 
reserve, il banco centrale USA, recentemente ha deciso di comprare al 
Tesoro titoli di stato per 40 miliardi di dollari al mese, ossia 
stamperà ogni mese 40 miliardi di dollari! Senza questa misura, il 
ministro delle finanze Usa avrebbe dovuto annunciare al mondo che gli 
USA non possono pagare i debiti! Ma per quanto tempo potranno andare 
avanti stampando dollari? Che succederà al dollaro ed agli USA il 
giorno, ormai non tanto lontano, in cui il Ministro delle Finanze USA 
sarà costretto ad annunciare che non può pagare il debito? Queste sono 
le domande a cui dovrebbero rispondere i politici nostrani che guardano 
al mito americano!
Questi stessi politici, che 
litigano tra di loro sul sesso degli angeli, tutti, indifferentemente, 
guardano alla Unione Europea e pensano che la Germania, la Francia, le 
loro banche, il loro modello sia il “non plus ultra” ed ignorano 
totalmente che il debito del Deutsche Bank, ad esempio, secondo i dati 
dell’ultimo bilancio trimestrale pubblicato (30/06/2012) è 1.579 
miliardi di Euro e quello del BNP Paribas è 1.344 miliardi, praticamente
 il debito di cadauna delle principali banche di Germania e Francia 
equivale al PIL italiano! Queste sarebbero le locomotive della Unione 
Europea a cui tendono lo sguardo i politici italiani.
Alla
 parzialità dell’informazione dei media, va aggiunto il provincialismo 
ed il limite linguistico che impedisce ai politici ed in generale 
all’italiano medio di guardare oltre il proprio orizzonte od oltre 
l’orizzonte rappresentato da USA e Regno Unito, ossia CNN e BBC. 
Sicuramente molti italiani parlano l’inglese, guardano e leggono media 
in inglese; il mondo, però sta cambiando: quanti politici e quanti 
italiani guardano, ad esempio i telegiornali della Russia, della Cina, 
dell’Iran o dell’America Latina? L’italiano medio si conforma con quello
 che dicono i grandi media ufficiali italiani e stranieri di USA, Regno 
Unito e Francia; tutto il resto è ignorato e questa “ignoranza del 
mondo” traspare evidente nei commenti dei soliti politici che si 
alternano nei salotti di trasmissioni come “Porta a Porta” e simili. Il 
precedente ministro della Difesa italiana, quando in merito alla mancata
 estradizione del “terrorista” Battisti da parte del Brasile parlò di 
questo paese come di una repubblica delle banane senza rendersi conto 
del ruolo che svolge oggi il Brasile a livello mondiale. I media di 
tutto il mondo hanno ripetutamente passato l’opinione di questo 
ministro, secondo cui in pratica si poteva fare pressione sul Brasile 
rispendendo a casa i giocatori che militano nel campionato italiano, 
come se l’economia del Brasile dipendesse solamente da questi introiti! 
Cotanta saggezza di ministro, con la sua limitata conoscenza della 
realtà geopolitica mondiale riuscì a trasformare lui stesso e l’Italia 
in una barzelletta!
  
Quanti 
italiani si conformano con quello che riportano i media ufficiali, in 
merito agli avvenimenti della Siria, o a quanto successo in Libia lo 
scorso anno? Quanti italiani sono veramente al corrente della situazione
 economica europea, di quello che passa in Grecia, in Spagna, in Italia?
 Quanti italiani (ed europei) sono coscienti del Trattato di Lisbona? 
Molti avranno letto in questi giorni del Meccanismo Europeo di 
Stabilità, con il quale si introduce la possibilità di aiuti agli Stati 
in difficoltà; qual è il vero fine di questo provvedimento? Fino ad 
oggi, però, in base all’articolo 123 del Trattato di Lisbona era 
proibito qualsiasi tipo di aiuto diretto agli Stati. Il BCE presta soldi
 alle banche private al tasso di interesse di riferimento (oggi 0,75%) e
 le banche private prestano soldi agli Stati, comprando titoli di stato,
 per esempio alla Grecia ad un tasso di interesse del 20% ed oltre; 
all’Italia stanno comprando, oggi, titoli ad un tasso di circa il 6%. Un
 meccanismo studiato ad hoc per favorire le banche private, le grandi 
multinazionali del credito. Quanti italiani, quanti europei sono 
coscienti di questo meccanismo che consente di rubare impunemente? Molti
 credono che la Banca d’Italia, o la Banca Centrale Europea, appartenga 
allo stato italiano o alla Unione Europea ed invece sono organismi 
privati, SPA, esattamente come la Fininvest o la FIAT con alcune 
limitazioni e controlli pubblici ex Legge 262 del 28 dicembre 2005
 per dare la parvenza di essere qualcosa di differente! Il BCE 
appartiene alle varie banche centrali s.p.a., per cui è la stessa cosa.
Oggi si è arrivati al Meccanismo Europeo di Stabilità, di cui parleremo in seguito. Questa è l’Europa dei banchieri.
In
 Italia, in Europa si parla della lotta all’evasione fiscale, qualche 
volta si è perfino parlato dei paradisi fiscali e sul tema c’è stato 
anche un vertice del G20, ma quanti sono coscienti che si tratta solo di
 fumo nell’occhio, di un inconcludente bla bla bla? Fra la Francia ed il
 Regno Unito, nel Canale della Manica, nel cuore dell’Europa, esistono 
delle isole inglesi, che in realtà non fanno parte del Regno Unito e 
neppure della Unione Europea (Sic! Come se un pezzo di territorio 
italiano, ad esempio le isole Tremiti, pur facendo parte del territorio 
dello stato, ai fini giuridici non lo fosse, non rientrando neppure 
nella Unione Europea e venisse utilizzato come paradiso fiscale).
Tali
 isole (Jersey, Guernsey) dipendono direttamente dalla corona 
britannica; queste isole sono i principali paradisi fiscali del mondo 
dove i riccaccioni ed i furbi di tutta Europa e di tutto il mondo 
nascondono il loro denaro, licitamente o illicitamente ottenuto, 
sottraendolo alle imposte. Sempre più spesso nei vertici europei si 
sente parlare di lotta all’evasione fiscale, ma i vari Monti non fanno 
altro che prendere in giro gli ignari italiani ed europei. I grandi 
media italiani, la Rai, Mediaset, e tutti gli altri, televisione e 
stampa, siano di destra, di centro o di sinistra, si affannano a parlare
 della lotta all’evasione, ma quante volte hanno fatto il nome di questi
 pezzi di terra nel cuore dell’Europa? Questa è la realtà informativa 
italiana.
Premesso, dunque della realtà 
informativa italiana, parziale e manipolata che è costretta a subire 
l’Italiano medio ed ovviamente europeo, passo a rispondere con molto 
piacere alle domande riguardanti la realtà politica ed economica 
dell’Italia, osservata dal mio punto di vista. Oltre all’analisi della 
realtà italiana, mi permetto di parlare di quelle che dovrebbero essere 
le soluzioni da adottare; credo sia importante non parlare sempre e solo
 dei problemi, ma sia necessario anche offrire soluzioni.
D) Prof
 Folliero, in Italia dal 16 novembre è in carica il governo Monti, 
nominato dal Presidente della Repubblica Napolitano, che ha 
ufficialmente come compito principale la riduzione del cosiddetto debito
 pubblico, favorire la crescita, tagliare gli sprechi. Quale è il suo 
giudizio su Mr Monti, uomo legato alla Goldman Sachs, Iscritto al Gruppo
 Bilderberg e alla Trilaterale, nonché massone?
La
 domanda da lei formulata contiene in se tutti gli elementi necessari a 
dare un giudizio su Monti, però, piuttosto che dare un giudizio su 
Monti, sarebbe più opportuno chiedersi: perchè Monti? Perchè Monti è 
diventato capo del Governo e come è arrivato a ricoprire tale ruolo? 
Come lei ha detto, Monti è legato a Goldman Sachs, al Gruppo Bildenberg,
 alla Trilaterale, ossia alla grande finanza, a chi regge i veri destini
 del mondo ed a chi è interessato ad impadronirsi, ovviamente a prezzi 
stracciati delle ricchezze che possiede l’Italia.
L’Italia
 possiede enormi ricchezze e tantissime imprese pubbliche, vere galline 
dalle uova d’oro, ossia che danno profitti, anche enormi, e quindi molto
 appetibili. Ovviamente, l’obiettivo di questi “sciacalli” è 
impossessarsi di queste ricchezze, di queste imprese sborsando il meno 
possibile. Nella prima metà degli anni novanta ci fu il primo assalto ai
 tesori italiani. Qui non può mancare un ricordo al caro vecchio amato 
Carlo Azeglio Ciampi, che poco dopo essere diventato capo del governo, 
il 30 giugno del 1993 nomina un Comitato di consulenza per le 
privatizzazioni, presieduto da Mario Draghi, altro pezzo pesante di 
Goldman Sachs, non a caso, oggi, arrivato alla presidenza della BCE.
Allora,
 i tesori italiani erano contenuti in uno scrigno chiamato IRI, 
smembrato e svenduto, praticamente regalato, con la scusa che fosse un 
carrozzone che dava solo dolori di testa e perdite ai proprietari, ossia
 allo stato, al popolo italiano, e quindi era meglio disfarsene, 
piazzando i vari pezzi a qualunque costo, anche regalandoli 
praticamente, come avvenuto. La domanda sorge spontanea: un privato compra una impresa che non da utili? Io non credo che qualcuno compri qualcosa che poi non gli renda degli utili e neppure la accetta in regalo!
A
 quell’epoca dell’IRI, di cui uno dei principali rottamatori fu Romano 
Prodi, si diceva tutto ed il contrario di tutto, meno che fosse una 
delle più grandi multinazionali del mondo, quarta o quinta! Le imprese 
dell’IRI davano enormi utili, che assieme alle tasse ed alle altre 
entrate dello stato servivano a finanziare anche gli investimenti 
sociali: sanità, educazione, cultura, pensioni, ecc. Oggi tutti i grandi
 media (cassa di risonanza del pensiero unico neoliberale) sono 
impegnati ad associare la spesa pubblica, gli investimenti nel sociale, 
al termine spreco. Non si tratta di uno spreco, ma di un investimento, 
che nel passato ha dato enormi benefici al paese. Quando si investiva in
 educazione, scuole, università e tutti, i capaci e meritevoli, anche se
 privi di mezzi, avevano il diritto di poter raggiungere i gradi più 
alti degli studi, l’Italia era un paese prosperoso; oggi, quelle parole 
contenute nella Costituzione (art. 34) stanno diventando lettera morta, 
perchè all’università non si accede liberamente, ma tramite prove 
d’accesso ed il numero di posti disponibili è sempre più limitato; si 
sta plasmando una società in cui l’esclusione sarà la norma; i membri 
delle classi ricche, anche se eventualmente bocciati agli esami 
d’accesso delle università pubbliche, possono sempre accedere a quelle 
private, i cui costi sono proibitivi per i membri delle classi più 
povere ed anche per le classi medie.
Nella 
stessa direzione vanno i tagli alla sanità (chiusura degli ospedali), 
alla giustizia (chiusura del tribunali), l’aumento dell’età 
pensionabile, la sostanziale riduzione dei diritti dei lavoratori, 
ecc... tutto questo farà dell’Italia una società sempre più elitesca e 
riservata ai ricchi e potenti.
Allora, perchè 
Monti arriva a ricoprire il ruolo di capo del governo con l’obiettivo 
principale di ridurre il cosiddetto debito pubblico, favorire la 
crescita, tagliare gli sprechi? Monti governa l’Italia da dieci mesi, il
 debito pubblico da segni di riduzione? L’Italia sta iniziando a 
crescere? Ha tagliato gli sprechi, ha condotto una seria lotta 
all’evasione fiscale?
Niente di tutto questo. Se
 analizziamo i dati mensili del debito pubblico dal dicembre 2010 a 
luglio 2012, ultimo dato disponibile (nella tabella seguente, 
appositamente poreparata su dati di fonte Banca d’Italia), ci si rende 
conto facilmente che il debito pubblico con l’avvento del signor Monti è
 continuato a crescere. Non solo cresce in valore assoluto ed in valore 
percentuale sul Pil, ma la cosa più preoccupante è che cresce il debito 
da pagare a breve, ossia con scadenza inferiore ad un anno! Alla fine di
 dicembre del 2010 il debito pubblico ammontava a 1.842 miliardi, 118% 
del PIL. Monti arriva al governo il 16 novembre del 2011; il debito 
pubblico ad ottobre 2011 era di 1.908 miliardi; secondo l’ultimo dato 
pubblicato, come detto luglio 2012, il debito è salito a 1.967 miliardi 
di Euro ed ormai siamo prossimi alla soglia del 130% del PIL; ricordiamo
 che mentre il debito continua a salire, il Pil quest’anno si contrarrà 
di oltre il 2%.
Ciò che più preoccupa della 
gestione Monti è la crescita del debito in scadenza a meno di un anno. 
Alla fine del 2010 l’Italia aveva 457 miliardi di Euro in scadenza nel 
corso del 2011, ossia il 24,81% di tutto il debito;  alla fine di 
ottobre del 2011, quindi alla viglia dell’insediamento di Monti, il 
debito da pagare al massimo entro i successivi 12 mesi era salito a 491 
miliardi, il 25,76% di tutto il debito; a luglio 2012, grazie a Monti 
ovviamente, il debito da pagare entro i successivi 12 mesi è salito a 
524,53 miliardi, che rappresenta il 26,66% (vedasi la tabella seguente).
 Se il signor Monti, quando era alla guida di Goldman Sachs, dopo un 
anno di lavoro, avesse presentato cifre del genere lo avrebbero 
licenziato all’istante ed anche in malo modo!
L’azione
 di Monti non sta riducendo il debito pubblico, come ben indicano i 
numeri e non ha per fine la riduzione del debito pubblico! Prima di 
spiegare il fine del governo Monti, rispondiamo alle altre due domande 
che ci eravamo posti, a cui impicitamente abbiamo già risposto: da 
quando Monti è al governo non c’è segno di ripresa, anzi quest’anno 
andrà molto peggio che l’anno anteriore con Berlusconi! In quanto ai 
tagli di bilancio, questi effettivamente sono in corso, peccato che 
anche per il signor Monti, il termine spreco è sinonimo di investimento 
sociale, ossia sta tagliando ospedali, tribunali, l’impiego pubblico, le
 pensioni, l’educazione... taglia unicamente quegli investimenti che 
danno utili sul lungo termine.
Una volta 
appurato che il signor Monti sta ottenendo risultati esattamente 
contrari e totalmente negativi rispetto a quelli che si era prefisso 
sulla carta, possiamo rispondere alla domanda perchè Monti è diventato 
capo del Governo, ossia qual è il suo vero fine. Monti è stato chiamato al governo col fine di aumentare il debito pubblico!
 Come visto sta assolvendo nel migliore dei modi il suo compito. 
Attenzione, però che il signor Monti non solo ha il compito di aumentare
 il debito, ma deve anche accellerare i tempi! E’ per questa ragione che
 oltre ad aumentare il debito in se, aumenta la quota da pagare a breve 
termine, a meno di un anno.
Che cosa è il debito pubblico?
Il debito pubblico è il miglior modo per trasformare il patrimonio nazionale in capitale privato.
L’Italia,
 come gli altri paesi, ha grandi ricchezze, di cui vogliono 
impossessarsi coloro che stanno dietro i vari Monti. Questi mettono a 
capo dell’amministrazione della cosa pubblica propri uomini di fiducia 
precisamente col compito di accrescere il debito pubblico. Monti è solo 
l’ultimo di una lunga serie, probabilmente l’uomo finale, quello che 
deve dare la stoccata mortale all’Italia.
Per 
decenni i governanti di un paese (che per esempio arrivano al potere 
grazie a campagne elettorali finanziate dai poteri economici interessati
 alle ricchezze del paese) adottano politiche atte a far aumentare il 
debito; magari qualche politico è così incompetente, che agisce 
inconsciamente, sotto consiglio degli “esperti”. Una volta che il debito
 è talmente alto si procede alla liquidazione degli attivi: le ricchezze
 di un paese vengono svendute con la scusa che bisogna ridurre il 
debito.
Qual è la proposta dei vari Monti che governano oggi i paesi indebitati?
Vendere
 gli immobili dello stato; privatizzare imprese e servizi pubblici, 
arrivando perfino a vendere i beni del demanio pubblico; dare in 
garanzia per nuovi prestiti i metalli preziosi, come l’oro e ricordiamo 
che l’Italia, dopo Usa e Germania è il paese con la maggior riserva di 
oro del mondo; ridurre l’impiego pubblico (attraverso i tagli agli 
ospedali, ai tribunali, alle amministrazioni provinciali, 
all’accorpamento dei comuni, al mancato rinnovo di personale che va in 
pensione, come i professori universitari).
Con i
 tagli alle università, appunto attraverso la mancata sostituzione del 
personale che si pensiona (lo scorso anno si sono pensionati 5.000 
docenti universitari, che non sono stati sostituiti con nuovi assunti) 
si procede anche a svalutare l’attività formativa delle università 
pubbliche, alle quali, in ultima istanza, subentrano le private; lo 
stesso sta passando con la RAI. Non solo si svendono le imprese 
produttive dello stato, ma si stanno gettando le basi per il passaggio 
ai privati dei servizi pubblici.
E vediamo quando comincia a crescere il debito pubblico italiano.
Nel
 1970, l’Italia aveva un debito pubblico inferiore a quello degli Stati 
Uniti, essendo il debito italiano pari al 37,11% del Pil e quello 
statunitense del 37,72% del suo PIL. Dal 1971 il debito italiano, e di 
tutti i paesi occidentali, comincia a crescere. Il debito pubblico 
italiano era equivalente a 13,09 miliardi di Euro nel 1970; nel 1980 
supera i 100 miliardi, arrivando a 114, il 56,08% del Pil; nel 1988 
arriva a 524 miliardi, il 90,83% del Pil. Poi arrivano gli anni del 
Britannia, dell’ascesa di mister Draghi, degli Amato (a proposito del 
quale, i giudici di mani pulite mai lo hanno sfiorato nelle loro 
inchieste, pur essendo il braccio destro di Craxi, prima consigliere 
economico, poi sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due 
governi Craxi dal 1983 al 1987, in seguito Ministro del Tesoro, dal 1987
 al 1989, quindi capo del governo), dei Ciampi, i carrozzoni di Prodi, 
le prime svendite, ma il debito continua a crescere incessantemente: 
1992 è a 849 miliardi; 1993 a 959; nel 1994 supera i mille miliardi di 
euro, arrivando a 1.069; anno dopo anno cresce sempre, fino ai 1.908 
miliardi lasciati in eredità da Berlusconi ed i 1.967,4 miliardi di oggi
 (31/07/2012, ultimo dato disponibile) a cui è arrivato col governo 
Monti!
Quindi
 in concreto Monti è stato chiamato a dare il colpo di grazia al paese 
Italia, far crescere ulteriormente il debito, aumentando soprattutto 
quello a breve, ad un anno e dunque procedere alla svendita del 
patrimonio nazionale, che finisce nelle mani dei privati, di quei 
privati che stanno dietro i Mister Monti.
Manca 
solo un passaggio da aggiungere: prima della svendita, ed una volta 
assicurata la crescita e l’impagabilità del debito a breve, ad un anno, 
ci sarà il ricorso al prestito del FMI e quando si ricorre al FMI fanno 
il segno della croce anche gli atei!
D) Il
 prima passo verso il governo tecnico fu la famosa lettera della BCE, 
con FMI e UE a far da spalla, al governo Berlusconi datata agosto 2011. 
L’alta finanza chiese e pretese dall’Italia misure draconiane, ma che 
come si vide in seguito non bastarono agli occhi della speculazione 
internazionale, per sanare una situazione economica che dai “mercati” 
era giudicata insanabile. Wall Street e la City decisero di far pagare 
anche all’Italia il fallimento dell’economia statunitense, poi entrarono
 in gioco le famose Agenzie di Rating. Uno scenario già visto si 
potrebbe dire. Lei che idea si è fatto in merito?
In
 politica la causalità non esiste; tutto ha un fine ed il fine in questo
 caso, come detto è l’appropriazione delle ricchezze di un paese, 
dell’Italia. Tutte le azioni adottate da Berlusconi prima, da Monti dopo
 (ed ovviamente da tutti coloro che si sono alternati al potere in 
Italia dal 1970 in poi), non hanno avuto altro fine che la crescita del 
debito pubblico e come dimostrano le cifre, ci sono riusciti benissimo.
Piuttosto
 che gli avvenimenti recenti, che lei cita, gli ultimi e solo la punta 
dell’iceberg, io credo vadano spiegati gli avvenimenti del 1971 ed i 
limiti stessi del sistema economico capitalistico, che sono alla base 
delle scelte operate appunto nel 1971.
Il 
capitalismo ha due grandi limiti: da un lato il mercato stesso; il 
mercato non è infinito; il mercato è la popolazione che può acquistare 
un bene; il mercato massimo è rappresentato dalla popolazione mondiale, 
ammesso che tutti gli uomini abbiano la capacità di accedervi, ossia 
abbiano sufficienti soldi per comprare un determinato bene. Una volta 
esaurito il mercato, il capitale è costretto ad inventarsi nuovi 
prodotti, o fare in modo che il tempo utile di vita di un prodotto si 
riduca, costringendo i consumatori ad acquistare un nuovo prodotto.
Quanto
 dura una lampadina? Sembra questa una domanda banale, ma non è così; la
 maggioranza delle persone crede che una lampadina possa durare le poche
 migliaia di ore indicate sulla confezione. Effettivamente, una 
lampadina odierna, accessa 24 ore su 24 dura pochi mesi. Invece, le 
lampadine prodotte prima del 1924, prima del cosiddetto cartello di 
Phoebus, in cui le principali case produttrici stabilirono la attuale 
durata delle lampadine, duravano decenni. Attualmente è ancora in vita e
 perfettamente funzionante la famosa lampadina di Livermore,
 accesa la prima volta nel giugno del 1901; ha compiuto 111 anni di 
vita, sempre accesa, salvo due brevi interruzioni per trasportarla in 
una nuova sede!
Invito a prendere coscienza 
dell’immorale fenomeno dell’obsolescenza programmata; quanto petrolio, 
per esempio, è stato consumato per costruire miliardi di lampadine nuove
 della durata di pochi mesi? Se con la tecnologia di oltre un secolo fa 
si riuscivano a produrre lampadine della durata di un secolo ed oltre, 
oggi, l’uomo potrebbe costruire lampade della durata di svariati secoli,
 penso! Invece in nome del dio profitto, per vendere sempre nuovi 
prodotti bisogna distruggere le risorse non rinnovabili come il petrolio
 ed inquinare per poter costruire prodotti pessimi, di durata 
infinitamente inferiore a quella potenziale.
L’altro
 aspetto del mercato limitato è la lotta fratricida fra le imprese che 
competono nel mercato. Per esempio nel settore delle auto, in Italia 
c’erano decine di imprese, la concorrenza ha portato a far emergere come
 unica impresa la FIAT; adesso la FIAT è in competizione con le poche 
altre imprese superstiti a livello europeo, che a loro volta competono, 
in una lotta all’ultimo sangue con le poche altre imprese mondiali. 
Tutto questo proprio perchè il mercato è limitato e non c’è spazio per 
tutti.
L’altro limite è rappresentato dai 
guadagni, ossia dall’accumulazione del capitale. Da dove deriva il 
guadagno? Solamente dallo sfruttamento del lavoratore e non esiste altro
 modo. Il capitale per accrescere i propri profitti, cerca di 
proletarizzare il maggior numero di uomini (quest’anno 2012, l’umanità 
oltre a raggiungere i 7 miliardi di uomini, ha toccato anche un’altra 
cifra tonda, quella dei 2 miliardi di proletari) e ciò significa che il 
capitalismo è in espansione e si sta diffondendo anche nelle ultime zone
 del pianeta con una economía arretrata.
All’inizio
 degli anni settanta, questi limiti sembravano insormontabili; non c’era
 modo di far crescere il mercato, ossia dare un reddito a chi non ne 
aveva e non c’era modo di far crescere il numero dei proletari. Il 
capitale dovette ricorrere ad uno stratagemma, diciamo ad una crescita 
artificiale dell’economia.
Fino al 1971, dunque,
 il numero delle persone che potevano accedere al mercato era abbastanza
 limitato; per permettere alle persone di scarso reddito l’accesso al 
mercato, era necessario dotarli di un reddito. Come dotare di un reddito
 o di maggior reddito le persone prive di reddito o con un reddito molto
 basso? Attraverso la spesa pubblica. La spesa pubblica è praticamente 
una redistribuzione delle ricchezze che arriva più o meno a tutte le 
classi sociali, anche se ovviamente non in maniera uniforme, toccando la
 fetta più grande sempre alle classi dominanti. Ma la spesa pubblica – 
come visto – ha anche l’altra importante funzione di far crescere il 
debito dello stato; quando il debito di uno stato diventa impagabile (ed
 è la situazione odierna), gli stati sono obbligati a procedere alla 
svendita del patrimonio nazionale, che finisce nelle mani dei privati, 
ovviamente quelli potenti.
Però, nel 1971 c’era 
un grosso ostacolo all’incremento della spesa pubblica; per poter 
aumentare la spesa pubblica era necessario aumentare il circolante, ma 
il circolante non poteva essere aumentato dato che era ancorato alla 
quantità di oro posseduto; essendo la quantità di oro esistente molto 
limitata, era impossibile aumentare la quantità di oro posseduto e per 
conseguenza era impossibile aumentare il circolante e la spesa pubblica.
In
 realtà l’unica moneta ancorata all’oro e sempre convertibile in oro era
 il dollaro statunitense, così come stabilito a Bretton Woods, nel 1944.
 Precisamente per il fatto di essere l’unica moneta convertibile in oro,
 il dollaro si trasforma nella moneta di riferimento dei commerci 
mondiali; tutte le altre monete, però, essendo ancorate non all’oro, ma 
al dollaro finivano per subire gli stessi limiti; quindi, tutti gli 
stati erano impossibilitati ad aumentare il circolante in moneta locale e
 per conseguenza non era possibile aumentare la spesa pubblica. Per 
poter aumentare il circolante e quindi la spesa pubblica di qualsiasi 
stato, era necessario svincolare il valore del dollaro dall’oro.
Il
 dollaro convertibile in oro significava che qualsiasi persona che 
avesse dei dollari, poteva recarsi alla Federal Reserve, la banca 
centrale statunitense, e chiedere il controvalore in oro; se tutti 
avessero chiesto di convertire i propri dollari in oro, si sarebbero 
prosciugate le riserve auree degli USA; quindi, approfittando di questa 
evenienza, per svincolare il dollaro dall’oro, hanno trovato l’ottima 
scusa che per evitare il prosciugamento delle riserve auree era 
necessario dichiarare l’inconvertibilità del dollaro in oro. 
Effettivamente, il 15 agosto del 1971 il presidente degli Stati Uniti, 
Richard Nixon con la scusa che stavano crollando le riserve in oro 
dichiara la fine della convertibilità del dollaro.
Che
 si sia trattato di una scusa è provato dal fatto che analizzato i 
bilanci mensili degli USA per lo meno dei tre anni anteriori al 1971, 
non c’è traccia di un crollo delle riserve auree degli USA .
Una
 misura del genere avrebbe dovuto condurre al crollo di valore del 
dollaro; ma ciò non accadde; gli artefici della inconvertibilità del 
dollaro hanno potuto procedere precisamente perchè sapevano che il 
dollaro non avrebbe sofferto grossi scossoni; gli USA utilizzarono gli 
stati petroliferi, loro succubi, che furono obbligati a vendere il 
petrolio unicamente in dollari, salvando così il valore della propria 
moneta: essendo il petrolio venduto in dollari, tutti gli stati furono 
obbligati a continuare ad avere riserve in dollari.
Una
 volta raggiunto l’obiettivo di svincolare il dollaro dall’oro, gli USA e
 tutti gli stati hanno potuto creare denaro inorganico, denaro non 
ancorato ad alcun bene reale, con il quale si è potuto aumentare la 
spesa pubblica e quindi aumentare il debito. Materialmente i dollari 
sono posti in circolazione, stampati dalla Riserva federale, la banca 
centrale degli Stati Uniti, una banca privata, la quale presta soldi al 
Governo del Paese, sotto forma di acquisto di buoni del tesoro, per i 
quali ovviamente riceve in cambio il pagamento di un interesse.
Una
 parte della spesa pubblica viene redistribuita anche tra quelle fasce 
di cittadini fino ad allora privi di grandi capacità di spesa, che si 
trasformano in consumatori. Si crea, in questo modo, una crescita 
fittizia, la più grande e veloce della storia dell’umanità, ancorata 
alla stampa di denaro inorganico e quindi, prima o poi destinata ad 
esplodere.
Il debito di tutti gli stati 
occidentali comincia a crescere con l’aiuto di politici posti a 
governare con questa unica finalità.
Una volta 
indebitato, lo stato è preso di mira, utilizzando tutti gli strumenti a 
disposizone del capitale, quelli da lei citati, come le agenzie di 
rating e la manipolazione dei mercati.
Interessante
 proprio il caso dell’Italia, dove c’era un capo del governo, che 
volente o nolente, godeva di una maggioranza amplissima in Parlamento; 
malgrado tutti gli attacchi, reali o fittizi, ed i pezzi d’appoggio 
persi per strada (Casini, Fini) non avrebbe mai perso la maggioranza 
parlamentare; per obbligarlo a dimettersi, oltre all’attacco ai titoli 
del Paese, che hanno cominciato a vedere incrementare gli interessi, si è
 intervenuti direttamente sul patrimonio personale del premier; le 
azioni delle imprese di Berlusconi nei giorni immediatamente anteriori 
alle sue dimissioni, subivano un forte attacco, ossia venivano 
massicciamente immesse sul mercato dai detentori, provocando il crollo 
del loro valore. In questo modo, Berlusconi, uno dei peggiori governanti
 della storia d’Italia, ma che aveva comunque ricevuto il consenso del 
popolo ed aveva il diritto di continuare a governare, è stato costretto a
 dimettersi.
In Parlamento l’unica maggioranza 
possibile era un governo presieduto da Berlusconi e pertanto l’unica 
cosa da fare per il capo dello stato era sciogliere le camere ed indire 
le elezioni; ma dato che l’obiettivo era imporre Mister Monti al governo
 del paese, si è proceduto al ricatto dei parlamentari: a fronte dello 
scioglimento delle camere e la perdita del posto (dato che la maggior 
parte dei deputati non sarebbe stata ricandidata), tutti i parlamentari 
praticamente hanno scelto di appoggiare il governo Monti; in questo modo
 si è creata la più grande maggioranza mai ricevuta da governo italiano 
nella sua storia. Un vero colpo di stato, in quanto il Presidente della 
Repubblica avrebbe dovuto semplicemente sciogliere le Camere ed indire 
le elezioni.
In
 sostanza le agenzie di rating, la stampa economica e non, l’immissione 
sul mercato di titoli di stato, o di titoli azionari di imprese private,
 da parte dei detentori sono tutti strumenti per incidere nella politica
 di un paese, ormai solo sulla carta sovrano. Non esistono paesi 
sovrani, o per essere più esatti sono pochissimi i paesi veramente 
sovrani ed indipendenti.
In quanto agli USA è 
giusto parlare di fallimento economico. Sulla situazione economica, 
appunto fallimentare degli USA, che condurrà sicuramente alla fine 
dell’Unione, alla fine degli Stati Uniti è bene dedicare un 
approfondimento più avanti.
D) I
 rimedi se così possiamo definirli, applicati dopo il diktat BCE nei 
mesi successivi e fatti propri totalmente da questo governo,  sono poi 
stati quelli distribuiti a piene mani  per anni in America Latina e nei 
Paesi in via di sviluppo: Privatizzazioni, blocco dei salari, riduzione 
significativa della spesa sociale ecc.ecc. Lei dal suo osservatorio Sud 
Americano che analogie  vede con quanto accadeva in passato in America 
Latina e quanto sta accadendo oggi in Italia?
In
 Italia ed in tutta Europa si stanno applicando le stesse misure, gli 
stessi pacchetti, o meglio pacchettazzi economici imposti a partire del 
1973, in Cile ed in seguito in tutti i paesi dell’America Latina. Il 
caso più interessante è sicuramente il Venezuela, la più grande riserva 
petrolífera del pianeta e di innumerevoli altre risorse; per 
cinquant’anni il Venezuela è stato il primo esportatore di petrolio al 
mondo, poi… poi hanno deciso di impadronirsi di tutte le sue risorse. 
Come hanno attuato? Precisamente attraverso l’indebitamento del paese ed
 il ricorso al FMI! Una volta caduto in mano al FMI, il Venezuela è 
stato costretto ad applicare il “pacchettazzo neoliberale”.
Gli
 stateghi del neoliberismo, però non avevano tenuto in conto un 
elemento: il popolo. Il popolo del Venezuela, di fronte alla morte per 
fame, morte nel senso letterale della parola, ha deciso di ribellarsi e 
di rifiutare il pacchettazzo che gli era stato imposto ed il 27 febbraio
 del 1989 esplode. La rivolta popolare passerà alla storia col nome di 
“Caracazo”, ad indicare la città di Caracas, ma in realtà ci furono 
rivolte in tutto il paese.
La reazione fu 
brutale: l’esercito, agli ordini di un ministro della difesa disumano, 
l’italo-venezolano Italo del Valle Alliegri interviene e fa una strage; 
il numero esatto dei morti non si è mai accertato. Nel 1992, migliaia di
 quei militari obbligati dai superiori gerarchi a reprimere il popolo, 
si ribellano contro lo stesso governo: la prima ribellione militare, del
 2 febbraio, è diretta da Hugo Chavez; a questa seguirono altre; nessuna
 ebbe successo ed i militari finirono tutti in carcere. La crisi del 
Venezuela intanto continua ad accentuarsi, fino ad arrivare, nel 1994 
alla bancarotta della metà delle banche del paese.
Nel
 bel mezzo di una crisi economica e política, un candidato presidente, 
Rafael Caldera, uomo della vecchia guardia, ma che per l’occasione si 
svincola da tutti i partiti, presentandosi come indipendente, promette 
di liberare Chavez e gli altri militari se fosse stato eletto. Alle 
elezioni, il popolo corre a votare per questo candidato, che una volta 
eletto mantiene le promesse elettorali e concede l’indulto a Chavez ed 
ai militari ribelli. Chavez intuisce di avere dalla sua parte la gran 
maggioranza del popolo, pertanto una volta fuori dal carcere, fonda un 
movimiento político con il quale si presenta alle elezioni del 1998. 
Vince e la storia del Venezuela cambia totalmente, da repubblica delle 
banane si accinge a diventare potenza mondiale. Esiste una forte 
analogia tra la situazione attuale dell’Italia, dell’Europa e la 
Venezuela degli anni ottanta.
D) L’attacco
 allo Stato sociale del governo liberista di Mr Monti ha come primo 
obiettivo il mondo del lavoro, più precarietà che fa rima con 
flessibilità, più posti di lavoro ci dicono gli gnomi del governo con la
 “pasionaria” Fornero in testa, e questo mentre i dati forniti 
dall’Istat ai primi di giugno evidenzia che la disoccupazione nel primo 
trimestre del 2012 si è attestata al 10,9% con un aumento su base annua 
del 2,3%. Lei che ne pensa?
Spagna
 docet! Per rimanere in ambito europeo, la Spagna ha adottato le misure 
di austerità prima dell’Italia, quindi per rendersi conto di quali 
saranno gli effetti basta guardare appunto alla Spagna, dove oggi più di
 un quarto della popolazione attivià è senza lavoro. Ci potranno essere 
delle differenze nell’intensità del fenomeno, ma inevitabilmente la 
tendenza è la stessa: le misure adottate da Monti non faranno altro che 
accrescere la disoccupazione, la fame e la miseria del popolo italiano.
Perchè?
Se
 aumentano le tasse e le imposte, meno soldi sono destinati al consumo; 
se si riducono pensioni e stipendi, meno soldi sono destinati al 
consumo; se si reduce l’impiego pubblico, oltre ad avere come effetto 
immediato un aumento della disoccupazione, si ottiene l’effetto che meno
 soldi sono destinati al consumo; se si attaccano i diritti dei 
lavoratori, facendo aumentare la precarietà e riducendo il reddito, 
anche qui meno soldi vengono destinati al consumo.
In
 sostanza, come sanno tutti gli economisti, meno a quanto pare i 
bocconiani al governo, meno soldi destinati al consumo significa 
riduzione della domanda e quando si riduce la domanda, le imprese sono 
costrette a ridurre l’offerta, ossia produrre di meno; produrre di meno 
significa licenziare ed in questo caso, se esistesse ancora un minimo 
diritto dei lavoratori, per qualche tempo, il licenziato avrebbe diritto
 – giustamente – alla cassa integrazione, pagata dallo stato, cosa che 
fa accrescere la spesa pubblica ed il debito pubblico.
Aumento
 della disoccupazione e della precarietà significa anche minori introiti
 per lo stato: se diminuisce il reddito delle persone, diminuiscono 
anche le tasse sul reddito da versare allo stato, oltre alle imposte sui
 consumi; anche per le imprese, se si riducono le vendite, il fatturato,
 diminuiscono le tasse da versano allo stato. O non è così? Sembra quasi
 che lo stato si stia dando una zappa sui piedi!
E’ dunque possibile che “economisti” o presunti tali, del calibro di Monti, ignorino le regole dell’economia capitalista?
Come
 abbiamo dimostrato (leggasi la parte 1 di questa intervista), con i 
dati ufficiali, il debito pubblico continua ad aumentare ed il signor 
Monti lo sa bene. A mio modo di vedere non si tratta di persone che 
ignorano le regole del mercato, le regole del capitalismo, ma proprio 
perchè conoscono bene come funziona il mercato, stanno applicando tutto 
quanto in loro potere per far aumentare il debito pubblico. Ancora una 
volta arriviamo alla conclusione che il fine della loro azione è 
trasformare in capitale privato il patrimonio dello stato ed il mezzo 
attraverso cui avviene questa trasformazione è il debito pubblico.
D) Fiscal
 Compact, MES - Meccanismo Europeo di Stabilità, con essi si sono 
stretti i cappi attorno al popolo italiano e a quelli europei, tranne i 
britannici s’intende, un’ulteriore cessione di sovranità a favore delle 
banche, che Monti ha prontamente avvallato, mentre il suo compare a capo
 della BCE Draghi invoca l’Unione di Bilancio, lei che idea si è fatta 
in merito?
L’Unione Europea, così come è
 stata impostata non ha altro fine che favorire il capitale, in 
particolare il capitale bancario. Col Meccanismo Europeo di Stabilità si
 introduce la possibilità di aiutare direttamente gli Stati in 
difficoltà, da parte delle istituzioni europee. Non è altro che un 
ennesimo meccanismo per accrescere il debito pubblico di un paese e 
quindi accelerare i tempi per cedere a prezzi di saldi, per non dire 
regalato, il patrimonio nazionale. Ancora una volta arriviamo al fine: 
trasformare il patrimonio nazionale in capitale privato.
Fino
 ad oggi – ed è bene ripeterlo all’infinito – in base all’articolo 123 
del Trattato di Lisbona era proibito qualsiasi tipo di aiuto diretto 
agli Stati. Il BCE, come abbiamo detto in premessa, presta soldi alle 
banche private al tasso di interesse di riferimento (oggi 0,75%) e le 
banche private prestano soldi agli Stati, comprando titoli di stato al 
tasso di mercato. Per esempio alla Grecia le banche prestano soldi, 
ossia comprano suoi titoli ad un tasso di interesse del 20% ed oltre. 
Tutto il meccanismo è stato studiato ad hoc per favorire le banche 
private, le grandi multinazionali del credito. In questo modo, in dieci 
anni di BCE, gli stati hanno accresciuto enormemente i loro debiti e 
quindi adesso agli stati non rimane altra soluzione che svendere il 
patrimonio nazionale. Però, all’interno degli stati ci sono resistenze a
 svendere, a regalare il patrimonio ed è quindi necessario la stoccata 
finale; un ulteriore indebitamento e questa volta direttamente con la 
istituzione supernazionale. Questo meccanismo non regala soldi agli 
stati in crisi, ma presta, anche se a tassi molto bassi; prestare 
significa comunque aumentare i debiti. Se uno stato non riesce a pagare 
(e non potrà mai farlo con le misure adottate) i debiti fin qui 
accumulati, come mai potrebbe pagare ulteriori debiti, anche se ad un 
tasso di interesse inferiore?
Con questo 
meccanismo, che continua a far aumentare il debito degli stati, si sta 
cercando di vincere le resistenze di quanti sono restii a svendere beni e
 servizi pubblici; non mi riferisco solo alle imprese pubbliche (per 
intenderci le ferrovie, le poste, i cantieri navali), ma anche i beni 
inalienabili del demanio (ad esempio le spiagge), o i servizi pubblici 
che rientrano nei diritti umani (come il diritto all’acqua), o le 
riserve auree. E’ sufficiente pensare al tentativo di Berlusconi di 
privatizzare le spiagge: la resistenza è stata tale da dover fare marcia
 indietro.
Con tale meccanismo verranno a cadere
 anche queste resistenze; sarà come dire: “Abbiamo tentato tutto quello 
che era possibile fare; abbiamo adottato anche misure proibite, come gli
 aiuti diretti agli Stati, ma non si è riusciti a ridurre il debito, 
quindi adesso bisogna vendere tutto quello che si può vendere, incluso i
 servizi pubblici connessi ai diritti umani”.
Qualcuno,
 magari dubita che si possa arrivare a questo! Per chi avesse dei dubbi,
 invito a documentarsi su quello che è successo in America Latina, in 
Bolivia, dove si è arrivati a privatizzare l’acqua; per i più poveri il 
prezzo dell’acqua privatizzata arrivò a tetti impagabili e non potendo 
pagare, per risposta le imprese private li staccavano dall’acquedotto. 
Queste persone erano costrette a camminare chilometri e chilometri a 
piedi per arrivare ad una fonte e potersi approvvigionare dell’acqua 
necessaria alla sopravvivenza.
D) Prof
 Folliero, che futuro prevede per l’Italia se dovesse perdurare questo 
stato di cose, le tasse aumentano sempre più, le imprese chiudono, il 
lavoro manca e il governo prepara l’ennesima svendita di ben immobili e 
settori da privatizzare. In nome dell’ipotetico pareggio di bilancio 
dovremmo morire di fame? Oppure c’è una via di uscita?
Gli
 italiani possono stare tranquilli... il peggio deve ancora arrivare! 
L’Italia e l’Europa non hanno futuro. Per dirla con una frase del 
romanzo “La danza immobile” dello scrittore peruano Manuel Scorza: 
“L’Europa è morta!”.
Secondo
 uno studio sulla situazione economica mondiale al 2050 di Goldman 
Sachs, pubblicato in Global Economics Paper N. 153 del 28/03/2005, la 
Cina, nel 2050 appunto, arriverà ad un PIL di circa 70.000 miliardi di 
dollari, India ed Usa a 40.000 miliardi, Brasile, Russia, Indonesia e 
Messico a circa 10.000; tutti i paesi europei cresceranno pochissimo: 
Germania, Regno Unito e Francia avranno un PIL di 5.000 miliardi e 
l’Italia con un PIL meno che raddoppiato rispetto ad oggi non arriverà 
nemmeno a 3.000 miliardi di dollari, superata oltre che dai paesi già 
citati, anche da Iran, Turchia, Vietnam, Corea, ai quali mi permetto di 
aggiungere il Venezuela, non preso in considerazione dagli stregoni di 
Goldman Sachs. Secondo miei calcoli, il Venezuela, prima che finisca 
questo decenio entrerà nel club dei paesi con PIL superiore a mille 
miliardi e nel 2050 avrà superato sicuramente il PIL italiano. Insomma 
l’Italia, altro che grande potenza del G7, fra qualche decennio sarà un 
anonimo paese di media classifica. Personalmente credo che i dati di 
Goldman Sachs vadano rivisti al ribasso per le attuali potenze 
occidentali e faccio questa affermazione basandomi sul fatto che a 7 
anni di distanza da questo studio, i paesi emergenti crescono a tassi 
superiori a quelli previsti ed i paesi occidentali a tassi inferiori. La
 crisi che sta vivendo l’Italia, l’Europa e gli Stati Uniti, è più 
profnda di quello che poteva (o voleva) immaginare Goldman Sachs nel 
2005.
E’ d’obbligo porsi una domanda, perchè l’Italia e l’Europa non hanno futuro?
La
 principale causa della crisi economica è dovuta alla caduta del tasso 
di profitto; cadono i profitti nei paesi altamente sviluppati ed il 
capitale, al fine di mantenere i tassi raggiunti, va o verso la 
speculazione, o verso altri paesi. In Italia per esempio, per decenni la
 FIAT è stata la più importante industria del paese, che impiegava in 
maniera diretta o indiretta milioni di italiani. Ebbene la FIAT sta 
chiudendo progressivamente tutti i suoi impianti di produzione in 
Italia, perchè in altri paesi, ad esempio in Brasile, produce con tassi 
di profitto più alti. Piaccia o no, la FIAT chiuderà i suoi impianti in 
Italia! E’ la storia del capitalismo che si sviluppa in Europa, nel 
centro-nord e quando i profitti cominciano a diminuire, il capitale va 
verso gli USA; oggi il capitale sta lasciando anche gli USA, per 
posizionarsi in paesi che garantiscono maggiori tassi di profitto. Nel 
1929, ad esempio, quando un capitalista investiva un dollaro in USA, 
dopo un anno oltre al dollaro investito, aveva un guadagno di 70 
centesimi; oggi ad 83 anni di distanza il profitto è sceso di quasi la 
metà, per cui il capitale va ad investire dove gli si garantisce tassi 
di profitto superiori. Per fare un esempio concreto, lo scorso anno sono
 passato da Roma ed ho notato che due dei più importanti negozi della 
McDonalds (Pantheon e Corso Vittorio, dietro Piazza Navona) erano 
chiusi; al contrario passeggiando nel centro di Caracas giorno dopo 
giorno i McDonalds spuntano come funghi, ad ogni angolo della città!
Prima
 della grande crisi del 1873, la principale potenza del mondo era 
l’Inghilterra; la causa della caduta dell’Inghilterra fu precisamente la
 caduta dei tassi di profitto e pertanto il capitale scelse gli USA. 
L’Inghilterra, dopo la caduta dal piedistallo, ha continuato ad essere 
un paese importante, ma ovviamente in decadimento. E’ quanto sta 
succedendo agli USA, all’Europa ed in generale con tutti i paesi 
sviluppati. Il capitale va verso paesi che garantiscono maggiori tassi 
di profitto ed ovviamente i paesi anteriormente avanzati continuano ad 
esistere ed avere un ruolo, ma il loro ruolo va progressivamente 
scemando.
A questo punto, prima di parlare delle
 misure che andrebbero adottate, è necessario soffermarci a capire 
l’Europa dei banchieri, di cui nessuno parla.
Che
 significa Europa dei banchieri?Partiamo dalla Banca Centrale Europea 
(BCE). Chi è il proprietario della BCE? Sono gli stati, i popoli 
europei? Niente affatto! I proprietari della BCE sono le Banche Centrali
 Nazionali (BCN). La BCE è stata istituita il primo giugno del 1998, in 
base al Trattato sull'Unione europea e allo "Statuto del sistema europeo
 di banche centrali e della Banca centrale europea" ed ha iniziato a 
funzionare il primo gennaio del 1999 (vedasi la normativa, direttamente nel sito della BCE).
I
 27 paesi della Unione Europea, o meglio tutte le BCN hanno sottoscritto
 il capitale di partecipazione, sia pure con quote differenti; i paesi 
che non fanno parte dell’Euro, ossia le loro banche centrali, non hanno 
diritto agli utili e non hanno l’obbligo di corrispondere eventuali 
perdite. I principali sottoscrittori, ossia i principali proprietari
 sono la Banca Centrale Tedesca, con il 18,94% del capitale, la Banca 
d’Inghilterra con il 14,52%, la Banca di Francia con il 14.22% e la 
Banca d’Italia con il 12,50%; queste 4 banche controllano il 60,18%; se 
aggiungiamo la Spagna arriviamo a circa il 70%; le altre 22 banche 
centrali si spartiscono il restante 30% circa. Fin qui apparentemente 
niente di strano, salvo il fatto che alla fine in Europa comandano solo e
 sempre tedeschi, inglesi e francesi, con l’aggiunta di italiani e 
spagnoli a fare da spalla. Chi è il propietario, o meglio chi sono i proprietari delle banche centrali nazionali? Per esempio, chi è il proprietario della Banca d’Italia?
 La maggioranza degli italiani ignora chi sono i proprietari della Banca
 d’Italia e molti pensano che sia dello stato, del popolo italiano! La 
Banca d’Italia, cosi come tutte le altre banche centrali nazionali, è 
una impresa privata, una Spa, in cui i proprietari sono altre banche.
La Banca d’Italia, per esempio, è posseduta (vedasi la partecipazione azionaria, direttamente nel sito della Banca d’Italia)
 per oltre il 52% da Intesa San Paolo e Unicredit; l’unica differenza 
rispetto ad una normale Spa, a parte qualche formale meccanismo di 
controllo, sta nel fatto che alla maggioranza del capitale non 
corrisponde la maggioranza dei voti; infatti i due principali azionisti,
 pur detenendo la maggioranza assoluta del capitale, hanno diritto solo 
al 20% circa dei voti. In ogni caso è un problema da poco, visto che in 
realtà i proprietari sono: 5 imprese assicuratrici, 12 Banche Spa, 42 
Casse di Risparmio Spa, 3 Banche cooperative e 2 Enti pubblici (l’INPS e
 l’INAIL, che insieme sommano il 6% circa del capitale e l’8% circa de 
voti). In conclusione la Banca d’Italia è un impresa privata di 
proprietà delle banche e dei banchieri. Lo stesso succede con tutte le 
altre banche centrali dei paesi della Unione Europea, cosi come negli 
USA e nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo. Per conseguenza i
 proprietari della BCE sono le varie imprese bancarie Spa presenti nei 
vari paesi della UE. La domanda dovrebbe sorgere spontanea, ma a quanto 
pare a nessun politico e legislatore è mai venuta in mente: quando una 
Banca centrale nazionale o la BCE deve prendere una decisone di política
 economica importante, pensa agli interessi del popolo, dei popoli o 
agli interessi dei propri azionisti? La risposta è scontata ed è 
facilmente individuabile nei meccanismi creati ad hoc nell’Unione 
Europea per favorire le banche private. Perchè il Trattato di Lisbona ha previsto gli articoli 123 e 124?
 Non credo esista argomento più esplicito di questo per capire il più 
grande “conflitto d’interesse” esistente: in base agli articoli 123 e 
124, è proibito qualsiasi aiuto, qualsiasi facilitazione creditizia e 
qualsiasi acceso privilegiato alle istituzioni finanziarie da parte 
degli organismo pubblici. Gli stati, in caso di bisogno di denaro cosa 
possono fare? Possono emettere titoli di stato ad un tasso d’interesse 
regolato dal mercato. Ma chi compra questi titoli, ossia chi presta I 
soldi agli stati? Chi stabilisce i tassi d’interesse nel mercato?
Le
 banche sono i principali acquirenti dei titoli di stato, che li 
acquistano perchè i tassi di interesse, stabiliti dal mercato, sono 
notevolmente superiori a tassi a loro riservati per prendere soldi in 
prestito dalla BCE; in sostanza la BCE stabilisce i tassi con cui presta
 i soldi alle banche private, proprietari della BCE, ossia le banche 
stabiliscono i tassi con cui prestare a se stessi i soldi ed ovviamente i
 tassi di interesse sono bassissimi (oggi è 0,75%); però le banche 
prestano soldi agli stati, ovvero acquistano titoli di stato con tassi 
di interesse che possono arrivare al 20% ed oltre, come nel caso della 
Grecia, o al 5/6/7% nel caso dell’Italia o della Spagna! Se a tutto 
questo aggiungiamo che chi contribuisce a formare il tasso d’interesse 
nel mercato sono i giudizi negativi preparati dalle agenzie di rating, 
cui pacchetti azionari spesso sono controllati dalle stesse banche e 
assicurazioni. Questa è l’Europa dei banchieri. Altro che conflitto 
d’interesse! Hanno creato un meccanismo perfetto per favorire unicamente
 le banche, a danno dei popoli: la BCE presta denaro alle banche private
 (che sono i veri proprietari della BCE), stabilendo tassi d’interesse 
bassissimi e queste a loro volta, in virtù della proibizione prevista 
per gli stati di accedere al denaro della BCE, prestano i soldi agli 
stati ad un tasso d’ interesse altissimo, stabilito dal mercato; a 
formare i tassi di interesse nel mercato contribuiscono le stesse 
banche, attraverso i giudizi delle agenzie di rating.
Nessuno ne parla e nessun media mostra la realtà però.
Qui la risposta scontata: i proprietari delle banche, o gruppi a questi vicini, sono spesso proprietari anche dei media.
Europeanphoenix.com 
Attilio
 Folliero, italiano, residente a Caracas, laureato in Scienze Politica 
all'università "La Sapienza", due corsi annuali post laurea alla Libera 
Università San Pio V di Roma in operatore della Pubblica Amministrazione
 ed un altro in Job Creation presso Elea SPa, società del gruppo 
Olivetti. Nel 2001 si trasferisce in Venezuela, dove nel 2002, vince un 
concorso presso il Consolato Generale d'Italia di Caracas; dopo due anni
 di lavoro è licenziato, assieme ad oltre 400 funzionari consolari 
sparsi nei differenti consolati italiani del mondo; da allora inizia una
 lunga vertenza giudiziaria con il Ministero degli Esteri, tuttora in 
corso. Dopo l'esperienza consolare riprende l'attività di comunicatore 
sociale; fonda un sito web di grande successo, collabora a programmi 
radiofonici e televisivi nelle piu importanti reti nazionali del 
Venezuela lavora giornalistica; contemporaneamente svolge attività 
d'insegnamento (lingua italiana ed economia), in differenti istituti ed 
università di Caracas. Attualmente è docente contrattato presso 
l'Università Militare di Caracas (UMBV) e la facoltà di "Scienze delle 
comunicazioni" (Escuela de Comunicacion social) dell'Università Centrale
 di Caracas (UCV).
Fonte: European Phoenix 8 Novembre 2012
 
 
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